venerdì 28 gennaio 2011

SEGNALAZIONE
Laboratorio MOLTINPOESIA
3 febbraio 2011 ore 18

La casa della Poesia

Milano

stagione 2010-11, ciclo moltinpoesia


giovedì 3 febbraio 2011 ore 18
Palazzina Liberty, Largo Marinai d'Italia 1

laboratorio Moltinpoesia

serata a curadi Ennio Abate 
DA QUALI NEMICI (E FALSI AMICI) SI DEVONO GUARDARE I POETI?
A proposito di  poesia civile, impegno in poesia e rapporti tra poesia e realtà

Partecipa Tito Truglia di FAREPOESIA rivista di poesia e arte sociale
La Casa della Poesia - Milano © 2011

SEGNALAZIONE
FAREPOESIA
Rivista di poesia e arte sociale

 È disponibile il quarto numero della rivista. 142 pagine a colori. 12 euro (comprese spese di spedizione. Richieste a titoxy@libero.it.

CONTRIBUTI
Ennio Abate
Da quali nemici e falsi amici
devono guardarsi i poeti (esodanti) [Prima puntata]


Il Laboratorio MOLTINPOESIA è stato  percorso fin dai suoi inizi da spinte che potrei chiamare endogamiche ( la poesia è autonoma, occupiamoci di poesia e basta, qui si parla di poesia e basta) e da spinte eterogamiche (l’autonomia della poesia è relativa, la poesia non vive d’aria ma si nutre di  quotidianità, storia, vita sociale). Guardandoci attorno i discorsi non sono diversi. Ci sono quelli che ritengono che la poesia possa avere rapporti più o meno intimi ma tra “simili” ( tra saperi simili)  e, quindi,con le altre arti “sorelle” come pittura o oggi arti visive o a massimo con  discipline “consolidate” come filosofia,  teologia, psicanalisi (delle scienze nessuno parla o se ne parla a mezza bocca).  Solo pochi “retrogradi” come me vengono accusati di volerla spingere tra le grinfie della politica o distoglierla da un rapporto  che sembrerebbe monogamico ed obbligato con la bellezza (o Bellezza) e portarla a sporcarsi con le “cose brutte” o con gli orrori del mondo in guerra o in ebollizione.
Allora, evitando “scomuniche” o “etichettature”, e mantenendo il discorso sul piano del confronto tra opinioni  e interpretazioni diverse,  tento qui di approfondire il discorso. E lo farò in tre puntate: la prima per riepilogare e documentare come si è presentato nel Laboratorio MOLTINPOESIA  il contrasto tra poesia  e politica (in particolare); la seconda per analizzare l’articolo di LeonardoTerzo, Ridare funzione politica alla poesia: leggere attentamente le istruzioni per  segnalare i punti d’accordo e quelli di disaccordo; la terza per precisare  la mia posizione favorevole a una poesia che chiamerei (spiegherò perché) «esodante».

  1. Prima puntata: Promemoria:  Siamo seri, qui nessuno vuole ridurre la poesia a politica immediata

mercoledì 26 gennaio 2011

CRITICA
Leonardo Terzo
Ridare funzione politica
alla poesia:
leggere attentamente
le istruzioni.

Da http://marcominghetti.nova100.ilsole24ore.com/2011/01/ridare-funzione-politica-alla-poesia-leggere-attentamente-le-istruzioni.html









La questione di ridare una funzione politica alla poesia e alla letteratura deve affrontare il problema della particolare natura che l’arte ha assunto dal momento in cui, dal Settecento, si è resa una significazione autonoma, dando luogo al campo concettuale dell’estetica.
Il problema sta nel fatto che la produzione della bellezza - fine specifico dell’estetica - utilizza comunque dei materiali che appartengono a tutti gli altri campi della realtà umana, cioè il sapere o i saperi. Tali materiali hanno un loro significato e valore originario, che viene trasformato e trasfigurato, e quindi osservato, fruito e interpretato in un nuovo contesto funzionale, culturale e addirittura “cultuale”, dove acquista un suo senso “altro” e specifico.

martedì 25 gennaio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Ennio Abate
Lettera di lamento di Karl Bis
Da "IMMIGRATORIO" (inedito)












 Alla stazione si erano salutati commossi. Si interrompeva la loro lunga amicizia. Per anni si erano frequentati quasi ogni giorno. Adesso si erano tolti ai reciproci sguardi. Ora il filo residuo con SA erano le lettere di Karl Bis, che cercò di farlo tornare. Ma Vulisse, estraneo tra estranei, s’aggirava  per stazioni, strade e solo in qualche parco per attimi si  riposava, rimuginando quelle parole. Sì, erano moti di gabbia in gabbia i suoi e  sapeva che all’amico ormai giungevano opachi e indecifrabili. Lui dal presepe s’era tolto e accusava l’altro d’esserci rimasto  e di non intendere più quel suo dolore da supermercato, le acrobazie che faceva tra pensioni e strade, il vento di folla ignota che lo sfondava e  portava via la comune, giovanile elegia. La speranza sua stava in quel vento. Ma sentiva di esagerare quando diceva che l’amico era rimasto nello stagno, nella pausa, sotto i cieli calmi o le cupole gloriose da secoli inerti.

Per la comune miseria assieme condivisa
e il duraturo malessere che s’ammucchiò poi
alla rinfusa nei giorni, per la marcita di silenzio
ch’oggi copre quel passato, ripeterò ossessivo
il saluto, l’atto paziente e gentile della parola
dinanzi all’oscura maturazione che ti staccò da noi.
Una volta servì a vigilare - ricordi? -
sul continuo morire della vita circostante.


(Ma cumm’e fatt a te ne ì, a stà senza nuie?
Nun putive sta ccà, sì, miezz’a sta miserie?
Nu vire quanta marvagità s’accocchia juorne
doppe juorne? Cumm’uve abbandonate
a vita nun sona chiù. Ah, si te truvasse e te
putesse chiamà pe nnome! Tenghe pronte
na parole gentile cumm’a chelle ca mettene
tranquille e malate ca tenene paure e murì.[1])

CONTRIBUTI
Donato Salzarulo
«Cartoline dai morti»
di Franco Arminio.
Appunti di lettura













  So che morirò, ma non lo credo
                                                                    J. Madaule

Al termine della lettura dell’ultimo libro di Franco Arminio, «Cartoline dai morti» (Nottetempo, 2010, pagg.137, euro 8,00), mi è tornata in mente una massima di Spinoza. Cito a memoria: l’uomo libero su nessuna cosa riflette meno che sulla morte. La sua sapienza non è meditazione della morte, ma della vita.
In fondo, mi sono detto, i morti non scrivono nulla e chi attribuisce loro delle cartoline è un abile e sperimentato scrittore vivo (io preferirei di più definirlo poeta) che utilizza questa intelligente finzione per parlare d’altro. Della vita, direi. Della vita dei singoli e di tutti che sappiamo tragicamente mortale. Ogni storia deve finire / ogni pigna di glicine sfiorire.
E’ probabile che il filosofo olandese, come Epicuro - ricordate? La morte non ci riguarda, finché viviamo non esiste e, quando sopraggiunge, noi non ci siamo più - , mascherasse dietro quel suo pensiero la disperazione, l’angoscia del dover, comunque, morire. Probabile che volesse convincersi di un pensiero di cui forse non era intimamente convinto; non è escluso che stesse esorcizzando. E’ vero, però, che della morte parlano solo i vivi. In chiusura, è l’autore stesso a confessarlo: «I morti non ti pensano, non ti mandano nessuna cartolina.» (pag. 136)

domenica 23 gennaio 2011

CONTRIBUTI
Enzo Giarmoleo
Una sera al
Centro Sociale “COX 18”
di Milano


















Milano18 dicembre 2010   
“Slam X”  Proposto dalla Casa Editrice “Agenzia X”
Una sera al Centro Sociale “COX 18” di Milano
 
Oggettivamente nessuno avrebbe potuto dire che ad assistere  c'erano solo i familiari o gli amici  dei poeti o solo quelli del centro sociale o solo gli addetti ai lavori. La folla fuoriusciva dallo spazio intorno al palchetto, teatro delle performance musicalpoeticoletterarie, e inondava il cortile dove erano stati allestiti sotto un grande gazebo, banchetti per esporre i libri dell’editoria indipendente. Il flusso umano continuava fino alla Calusca, la Libreria Tempio, dove facilmente si possono trovare - cosa rarissima in Italia - anche libri in lingua originale della City Lights di S. Francisco. Una forza gigantesca, un esempio storico di ripresa della cultura. Mi chiedo quanti giornali abbiano parlato di questo momento magico.

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Alberto Accorsi
Mode












Buongiorno a tutti,
27 Gennaio, giorno della memoria,ecco una mia poesia:
Mode
Nemesi
l’angoscia che ora stringe le gole
dei legnosi insetti neri
 
Ieri
sciamavano a piccoli gruppi per
le strade bancarie di Sondrio
 
Belle
le loro  ragazze in casual vestite
abiti finto-stracci-lusso la elegante
 
Mimesi
di quelli che tra i sacchi  di spazzatura
sonnecchiano ancora.

mercoledì 19 gennaio 2011

SEGNALAZIONE
L'impegno in poesia oggi
giovedì 20 gennaio 2011 ore 21
Palazzina Liberty

 

La casa della Poesia

Milano

stagione 2010-11, ciclo poesia e critica
giovedì 20 gennaio 2011 ore 21

L'impegno in poesia oggi

serata a cura di Tomaso Kemeny e Giancarlo Majorino
Dibattito sulle potenzialità della parola poetica di incidere sul reale e sulle modalità di assunzione della realtà nel verso.
Ennio Abate e Quirino Principe si confronteranno su questi temi, leggendo anche propri versi.

martedì 18 gennaio 2011

CRITICA
Giorgio Linguaglossa
Il minimalismo
romano-milanese.
L'alleanza funesta


Anticipo un paragrafo del libro di Giorgio Linguaglossa "La poesia italiana dal 1945 al 2010" in corso di stampa presso l'editore Edilet di Roma.  Nel parlare di autori affermati come Patrizia Cavalli, Vivian Lamarque, Valentino Zeichen, Valerio Magrelli, Gianni D'Elia, Franco Marcoaldi, Franco Buffoni, il critico romano spezza un conformismo di giudizi favorevoli abbastanza diffuso e pone un serio problema: 
"Siamo così giunti all’ultima soglia del minimalismo, dove il minimalismo sfocia nel qualunquismo, nella crisi della cultura ludico-ironica che è finita nel blog di Raitre, nella cultura che è finita  nel canzonettismo di massa e nel cabaret di massa; dopo di che non resta nulla, c’è una spiaggia bianca e trasparente di conchiglie colorate…  d’ora in avanti si apre una strada tutta in salita: non resta che sperare in un ripensamento generale sullo scadimento e sul discredito cui è pervenuto l’oggetto «poesia»… la poesia diventa un atto di fede nel futuro".
E' un buon motivo per discuterne. [E.A]



Il libro di esordio di Patrizia Cavalli Le mie poesie non cambieranno il mondo (1974) segna, con alcuni anni di anticipo, l’inizio del riflusso della cultura del ’68. La poetessa romana mette la parola fine ad ogni tipo di poesia dell’interventismo: alla poesia politica, ideologica, civile, impegnata, ed apre la strada del disimpegno, dello scetticismo «privato» e del ritorno al «quotidiano». L’andamento colloquiale, i toni da canzonetta, più che da canzoniere, il piglio scanzonato e disimpegnato, un certo malizioso cinismo e scetticismo, l’esibizione spregiudicata del «privato», anzi, dell’abitazione privata (nella quale avviene il processo di teatralizzazione dell’io), l’esibizione del certificato anagrafico, del certificato medico, la preferenza per gli oggetti «umili» del quotidiano, l’ironizzazione dell’io lirico, la deterritorializzazione del «pubblico» sono tutti elementi che diventeranno presto paradigmatici (e sinallagmatici) e saranno presi a modello dalla nuova generazione di poetanti. La poesia diventa sempre più «facile», ironica e spiritosa, di conseguenza cresce a dismisura la frequentazione di massa di un certo tipo di epigonismo. In altre parole, Patrizia Cavalli è per Roma quello che Vivian Lamarque è per Milano. Entrambe sono modelli irraggiungibili. Entrambe aprono la sfrenata corsa in discesa del minimalismo romano-milanese. Un minimalismo acritico, disponibile, replicabile e ricaricabile all’infinito da una smisurata schiera di poetesse e poetanti del nuovo «privato» massificato delle società della post-massa. La poesia diventa un genere commestibile, replicabile, riciclabile in pubblico, nei caffé letterari e nei cabaret. D’ora in poi la poesia tenderà a somigliare sempre di più alle filastrocche dei comici di cabaret. L’amore mio è buonissimo è l’opera di esordio di Vivian Lamarque (1978), seguono Teresino (1981), Il signore d’oro (1986), Poesie dando del Lei (1989), Il signore degli spaventati (1993), Una quieta polvere (1996), e il riassuntivo tutte le Poesie 1972-2002 (2003). È subito un successo di pubblico e di critica. È la tipica poesia femminile degli anni Ottanta: finto-amicale, finto-individuale e finto-sociale; dietro questo impalpabile spartito di zucchero filato e banale puoi scorgere, come in filigrana, la durezza e la rozzezza del decennio del pragmatismo e dell’edonismo di massa, il decennio del craxismo, della ristrutturazione industriale e della ricomposizione in chiave conservatrice dei contrasti di classe del decennio precedente. È una poesia facile, buonista, igienica, ironica, colloquiale, finto-sincera, finto-amicale, finto-problematica, finto-delicata, finto-infantile fatta di un’aria sognante, di piccole gioie e piccole vicende familiari: il «privato» da lettino psicanalitico è squadernato sulla pagina senza alcuna ambascia. Un finto infantilismo (accattivante, disarmante e smaccato che mescola furbescamente il tono da fiaba con lo spartito finto-infantile), è diluito come colla appiccicosa un po’ dappertutto con una grande quantità di zucchero filato e un pizzico di tematica «alta» (la «morte»), così da rendere più appetitoso il menù da servire ai gusti di una società letteraria ormai irrimediabilmente massmediatizzata e standardizzata. Poesia che è, ad un tempo, il frutto tipicamente italiano della eterna arcadia che ritorna, come il ritorno del rimosso, nella cultura italiana che, da questo momento, conoscerà un lungo momento di oscuramento e di obnubilamento.

domenica 16 gennaio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Luisa Colnaghi
Italia














Cara Italia, terra di lotte,
dolore, lutti  per l'amore
di unione, per l'ideale di patria,
una stretta di mano
camicie rosse e corona reale,
il vento soffiava
portava  inni di gloria,
trionfava la bandiera tricolore.

Centocinquanta anni, 
fra odio fratricida
e correnti di guerra,
spira un vento debole 
sulla bandiera repubblicana,
tu sei ancora  piccola.

Una scissione vagheggiata con
gonfalone verde, emblema di gesta
antiche - patria non costituita.
Da secoli:
“..nave senza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma  bordello!” *

Oltre la tempesta  troverai
azzurro il bel cielo italiano.

*(Dante Purg, C. VI)

SEGNALAZIONE
Il sito di poesia
di Paolo Pezzaglia

Cari amici,
sto "indicizzando" il mio blog: parla di poesia e, ovviamente, stenta ad uscir fuori...
VISITATELO... GRAZIE!
/http://www.paolopezzaglia.altervista.org/
vi ho pubblicato l'ultima mia stramberia neotolemaica...
qualcuno potrebbe trovarla interessante
ditemi cosa ne pensate... con un "post"... se avete tempo...vediamo se funziona
GRAZIE
  Paolo Pezzaglia



Vecchia terra stanca e pesante,
con miliardi di umani in inclinata
rotazione nell’etere incorporeo:
quale nome avevi all’inizio del tempo?

Girano nuove primavere, estati,
autunni; poi ci rinchiudono
lunghi, gelidi inverni.
Ad ogni equinozio i fiori
rinnovano la speranza,
e il sole dello splendido giugno
torna a riscaldare la pelle e
il sale della brezza marina
purifica il respiro!

Confido nel mistero del cielo,
confido nel benefico ciclo delle stagioni,
confido nel mare che rigenera la vita.

LETTURA CONSIGLIATA
(da Luciano Roghi)
Rafael Alberti
Si sbagliava la colomba









Diamo l'originale e la versione (crediamo corretta) della poesia di R. Alberti.
Lasciamo in nota la versione precedente del post criticata.
 SE EQUIVOCÓ LA PALOMA
Se equivocó la paloma.
Se equivocaba. Por ir al norte, fue al sur. Creyó que el trigo era agua.
Se equivocaba. Creyó que el mar era el cielo; que la noche, la mañana.
Se equivocaba. Que las estrellas, rocío; que la calor; la nevada.
Se equivocaba. Que tu falda era tu blusa; que tu corazón, su casa.
Se equivocaba. (Ella se durmió en la orilla. Tú, en la cumbre de una rama.)


LA COLOMBA SI SBAGLIO'

La colomba si sbagliò
Si sbagliava. Invece di andare al nord, andò al sud, credeva che il grano fosse l'acqua.
Si sbagliava. Credeva che il mare fosse il cielo, che la notte fosse la montagna.
Si sbagliava. Credeva che le stelle  fossero l'alba, che il calore, la nebbia.
Si sbagliava. Credeva che la tua gonna fosse la tua camicia; che il tuo cuore, fosse casa sua.
Si sbagliava. ( Essa si adormentò a riva. Tu, in punta a un ramo.) 
                                                        

 Nota.

Ma si sbagliò la colomba ma si sbagliava.
Cercava il nord ma era il sud,

pensò che il grano era l'acqua.
Ma si sbagliava.

Pensò che il mare era il cielo
e la notte la mattina.
Ma si sbagliava.
Vedeva stelle e la rugiada,

aveva caldo c' era la neve e si sbagliava
perchè credeva...

giovedì 13 gennaio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Raffaele Ciccarone
Un cane













un cane
di cane il fardello
postumo a svuotamento
non menzionabile
per stomaci o stili
ostili civili, civici fini
lasciato incusto - dito
dito indicante lubidrio
da evitare altrimenti
pronto per essere pestato
non tanto per offesa
a decoro, ma per evitare
insozzamenti o altri impedimenti
sporcare sembrava un gioco
da ridere, ancor più
se la rideva il padrone del cane
che abbaiava, latrava
girando intorno a pali
alberi raspando terreno
forse arrabbiato col padrone

lunedì 10 gennaio 2011

DISCUSSIONE
Ennio Abate @ Leonardo Terzo: Bellezza non censurarmi!



Non sono un patito della Bellezza né in poesia (mi pare di averlo chiarito nella discussione con Tomaso Kemeny) né nella vita.
E perciò che i versi di Cronaca di performer siano  brutti per te o per altri m’importa poco. Di più m’importa che un parere improvvisato o un giudizio convinto da parte tua o di altri lettori di questo blog venga argomentato. E tu non l’hai fatto. Anzi ti surriscaldi fino a dire una falsità: «la bruttezza dei versi [di Ennio] è un’irrisione e un insulto alle drammatiche condizioni che si vorrebbero evidenziare». (Spiega, per favore, dov’è l’irrisione o l’insulto in Cronaca di performer). In più insinui il sospetto che il mio (permetti che ce l’abbia anch’io, vero?) «narcisismo poetico» stia sempre all’erta ed approfitti di ogni pretesto «per mettere in mostra la propria presunta creatività impegnata». Ahimé!

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Lucio Mayoor Tosi
Senza titolo




Berlusconi è morto.  In Alasca gli Aleuti si fanno un bicchierino
filosofando nel bagliore del ghiaccio. 

E' morto mentre le streghe nella piazza sfogliavano libri di cucina medioevale. 
Il cane del mio vicino era triste nel suo cappottino nuovo. Ma lo sai?  

E' morto Berlusconi. Fischiano gli aerei giocattolo nel cielo guerreggiante
le ballerine TV sono alte una spanna e mezzo.  Piove. Tira fuori il crem caramel.

Berlusconi è morto. Mia zia tiene la carne in ghiacciaia, quando fa il brodo 
di solito pensa a certe piazzole d'erba sulle Dolomiti e a quando ci andava 
con lo zio, in camporella. 

domenica 9 gennaio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Ennio Abate
Cronaca di performer













In Tunisia molti in piazza.

«Il capo dello Stato tunisino, Ben Ali,
 è un ex ufficiale di polizia; e a quanto pare
sua moglie, Leila Trabelsi, che gioca
un ruolo importante nell´ombra,
ha un passato di parrucchiera»:  
oggi  Ben Jelloun su «La Repubblica».

E aggiunge: «Tutto funziona secondo
la sua volontà: il commercio estero
è prospero, i turisti affluiscono in massa».

Ma «il 17 dicembre [noi qui preparativi
per natale e capodanno] «un ambulante
ventiseienne si è cosparso di benzina
per immolarsi sulla pubblica piazza
di Sidi Bouzid, una cittadina nella zona
centrale del Paese».

In questo blog qualcuno s’è chiesto:
« Come giudicare l’opera-performance
di Marina Abramovic che si fa colpire
con schiaffi e altro dagli spettatori?».

Aggiungiamo un’altra domanda:
e come la performance dell’ambulante
tunisino o dei «poliziotti [che]
avevano confiscato arbitrariamente
la sua carretta di frutta e verdura»?

In Tunisia molti in piazza:
«quattro i morti: due suicidi
e due manifestanti uccisi 
da colpi di arma da fuoco».

Qui moltinpoesia e moltintelevisione.
Per ora.

sabato 8 gennaio 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Eugenio Grandinetti
Il nemico

   













Il lavoro che avevano trovato
era quello di fare il poliziotto
o il militare:Li armarono
di mitra o manganello e li mandarono
a fonteggiare quelli che chiamarono
 “il nemico”E andarono
in Iraq,in Afganistan,in Yugoslavia
a portare la pace,ma ammazzando,
come in qualsiasi guerra,i loro simili;
oppure li mandarono nelle strade
a fronteggiare altri uomini che come loro
cercavano un lavoro o che chiedevano
di vivere col frutto del lavoro,
o quelli ancora                                                                                                                      
che chiedevano per i loro figli
un futuro migliore. E dissero loro
che quelli erano gente spregevole
che non amava l’ordine,che rifiutava
di ubbidire ai governi ed ai padroni,
legittimi entrambi,ed era giusto
colpirli coi manganelli ed arrestarli.
E non si può dire che non fossero
anche loro figli di quel popolo
che protestava,ma pure
dovevano mantenerlo il posto fisso
e,in caso che morissero,l’onore
di un funerale solenne,alla presenza
delle alte cariche della chiesa e dello stato,
e di esser considerati eroi e non sospetti,
come invece avveniva agli operai,
di essere loro i soli responsabili
dell’incidente in cui erano morti.
                                         

venerdì 7 gennaio 2011

CONTRIBUTI
Ennio Abate
"Memoriré" di Marco Ceriani
Quattro poesie e una nota


Da Memoriré

Ne parleranno alla LIBRERIA POPOLARE DI VIA TADINO 18 lunedì 10 gennaio alle ore  18: Ennio Abate, Paolo Giovannetti, Marina Massenz e Patrizia Valduga. Sarà presente l'autore. 

Pag. 28

Ora occhio al sicariante
che se va menando pacche
sulle spalle in bolgia è avante
di chi viaggia certe lacche
che viaggiammo mercé il drastico
apoftegma della morte
quando stira l’egro elastico
da un conscio asilo a inconsce porte –
Ora occhio in più a quel killer
che ti biffa anche la firma
come un Goethe a neve o Schiller
nei rigiri dello scisma
della manna soprannumeraria all’ilio
s’è dall’ilio in giù la taglia
se da cinta in su va il villo
di un tatuaggio in fé canaglia...

Pag. 30

Prestami il tuo anello divorzile
– l’allodola fa all’allodolessa –
nel campo del fieno minorile
che ha uno zoccolo con un’unghia fessa!
Prestaci il tuo anello per le nozze
– dice la folla strabica dei grilli –
nel campo del granturco che commosse
il vento con il suo dondolo di spilli.

martedì 4 gennaio 2011

ARCHIVIO
di Microfono Aperto 2009
Masque
di Giuseppe Beppe Provenzale

F. Goya, La sepoltura della sardina, ovvero quando finisce il carnevale e comincia la quaresima
                 
                 

 Masque

Sulla panchina dell’anima
sei fermo in                                                               
sguardo diritto e occhi che perdono luce

La maschera morte danza la tua vita e   
t’invita a due

Ma non è il tuo passo.
Senza tempo né tempi           bacia, sussurra, t’accarezza e non dice
sei tu la tua morte.

Spenti i colori reali      
e la luce trionfante                                               ora
accendi le tinte
all'altra metà trasparente al nero.                                             
E’ finito il rosso, l’oro, il presepe e il Natale
il bianco, le tuberose e i veli.
Verde giallo e primavera.
Un grigio
sperato perla e madre,
dipinge rigido
lo stupore fermato bianco.

Andarsene.
Addormentarsi partendo.
Tempie battete, cuore fermati.
Nessuna tromba arpe e flauti
né cori di mille.
Ma
un raggiungibile mi moll maggiore nel cuore
e un silenzio clessidra di pace sopra un campo
di grano
Torri e fichi, grilli, idilli, e profumo del mosto addio

Andarsene
via dalla finta innocenza meridiana, poggiato                                  amato
nel profondo dello scavo
profondo
della terra sotto terra
                                      
Da dietro la finestra dell’anima e
dal rinato grigio,
i pensieri della perdita
aprano ora il tuo passaggio.                                    
Ora
ora sia azzurro e contento il giorno
che l’insospettato dio
ti viene incontro

Prati verdi reggano il tuo passo,
una mano che non tocca se vacilli.
Canzoni e versi                                                    ora 
comprendano con me la tua tristezza
scolpita nel  marmo


domenica 2 gennaio 2011

ARCHIVIO
Ennio Abate
Appunti, commenti rapidi, frecciate.
In occasione del
MICROFONO APERTO
Casa della poesia 8 ottobre 2009


Rovistando tra i testi arrivati mi permetto alcune osservazioni. Sono appunti, commenti telegrafici a volte frecciate. Non faccio esempi né nomi. Ma potrei in altro ambito (ad es. nel Laboraotrio MOLTINPOESIA o a tu per tu) argomentare e approfondire.

Distinguerei i testi letti rispetto alla distanza maggiore o minore dal vissuto  da cui provengono e al lavorio più controllato o meno controllato fatto sul linguaggio, le immagini, il pensiero che trasmettono.