giovedì 31 marzo 2011

CONTRIBUTI
Maria Maddalena Monti
Scrivere al presente 16:
La scacchiera












 Sulla scacchiera giocano
 i potenti a Lampedusa.
Di qua, di là ,di su ,di giù
spostano pedine,
I bianchi, i neri in Toscana,
a Manduria e un po’ sul mare.
 Sulla spiaggia la scacchiera
E ,in alto , là sul confine,
c’è uno, che per primo
è venuto alla guerra,
ma che adesso li ferma
 e non li fa passare.
Ma che fa il re?
Portato in trionfo,
come al solito,
di tutto compra e vende.
Crede forse di giocare
a Monopoli?

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Emilia Banfi
Rotonda è la palla









Rotonda è la palla
come quella di allora
dalle mani del bimbo
in quelle del genitore.
Ma tesse il ragno 
la sua ragnatela
là dove il male
si divora  e si ricrea
giustizia d'infanzia
su di essa cade
come goccia di cera
vacilla il ragno
ma grande è la sua tela.
Rotonda è la palla
come quella di allora
dalle mani del bimbo
in quelle del genitore. 

[*L'immagine è tratta dal 
NARRATORIO GRAFICO 
DI TABEA NINEO]

mercoledì 30 marzo 2011

CRITICA
Leopoldo Attolico
La generazione invisibile
degli anni Settanta



 L'intervento si ricollega allo scritto di Giorgio Linguaglossa pubblicato su questo blog il 18 marzo 2011 [clicca qui ] (E.A)

Prendo spunto dalla riflessione di Giorgio in ordine alla crisi della Ragione (esposta nel libro La nuova poesia modernista italiana 1980-2010 per spezzare una lancia (non lancerei mai un ferro da stiro!) a favore dei poeti della generazione degli anni Settanta.
Mi propongo non come avvocato difensore, ma da semplice osservatore stagionato anzichenò .

SEGNALAZIONE
Quintocortile
30 marzo 2011 ore 18


Quintocortile
Viale Bligny 42 - 20136 Milano
tel.338. 8007617

30 marzo 2011 – ore 18
Adam Vaccaro e Gianmario Lucini
presentano
L’impoetico mafioso
105 poeti per la legalità
Antologia di poesia per la legalità e per la responsabilità sociale
in ricordo di Angelo Vassallo
a cura di Gianmario Lucini – Edizioni CFR – Pianteda (SO)
Rina Accardo – Arezzo, Alberto Accorsi – Bollate (MI), Roberto Agostini – Milano, Domenico Alvino – Roma, Claudia  Ambrosini – Pavia, Giuseppina Amodei – Firenze, Stefano Amorese, – Roma, Anna Antolisei - Torino, Luca  Ariano – Vigevano (PV),

CONTRIBUTI
Fabiano Braccini
Scrivere al presente 15:
Tutti in fila
[Libia 2011]

      

Petti verdi
in fila per tre
mitra in braccio bombe a mano
coltellaccio seghettato
per potare liane e gambe
nervi tesi
energetiche presine.
Col cianuro sottolingua
vanno dentro alla foresta
caricati soldatini.

Petti neri
in fila per sé
un elmetto doppio strato
per pararsi dalle schegge
dinamite nelle tasche
esche inneschi
erbe amare biascicate.
Con borracce di bevande
vanno dritti nelle casbe
a cercare paradisi.

lunedì 28 marzo 2011

CONTRIBUTI
Lucio Mayoor Tosi
Scrivere al presente 14:
C'è chi non lo vuole il petrolio...
[Libia 2011]

 
C'è chi non lo vuole il petrolio, chi va solo a benzina e non fiata.
Chi non farebbe la guerra nemmeno se strapagato. L'importanza 
è importata, il vento è sovraffollato, diamo ragione e ne togliamo
pensiamo pensiamo. 

Gli europei sono così, non rinunciano al frigorifero, prima verrà 
la televisione se non cambia il canone, se non migliorano
le trasmissioni, perché gli europei quando non hanno da mangiare
si danno alla cultura. 

Pensano pensano perché nessuno decide, nessuno sceglie.
Non confondiamo la gente con i potenti, gli affari sono affari ma solo 
per qualcuno, la gente ci mette il sangue malato dai veleni perché 
non trova altro per nutrirsi.

Pensano pensano, gli europei. Non sono intraprendenti, amano
le canzonette dei centri commerciali, scrivono poesie in saudade
guardando all'oceano d'occidente, sono la memoria dentro
la modernità

CONTRIBUTI
Virgulino Fohletos Bahamar Jr.
Scrivere al presente 13:
Per fortuna il petrolio c’è
[Libia 2011]


Sotto le bombe
Libici e rivoltosi
Salvati dai francesi
Che vogliono il petrolio.
Invece i ruwandesi
Non avendo il petrolio
Non hanno avuto in dono
Nessun bombardamento.
E tutti morti sono
Felici e indipendenti.


domenica 27 marzo 2011

CONTRIBUTI
Rita Simonitto
Scrivere al presente 12:
Altro
"Quartetto per il Medio Oriente"

 
                      1 )  Amarezza

Da alte torri non ho
parole
da infiammare gli animi.
Forse uno sguardo più lungo
che da colline e mutevoli orizzonti
vede anzitempo avanzare
la tempesta.
“Ecco l’onda che arriva”, posso dire,
mentre tumultuoso
pulsa il mio sangue nelle vene.

Ma l’eco poi si inceppa su campagne
che l’inesorabile salsedine
di sale umano maledetto
ha bruciato;
o si sfinisce con lentezza
sulla punta dei minareti.
Solo arditi fiorranci sfideranno le pale
dei metallici  Hawks, scafandrose libellule
portatrici di morte (come in Somalia).
Perché comunque la vita continua.

Così che ognuno stringendosi alle sacre
case, e piante e riti
per cui è vissuto e per cui
ha ritenuto giusto vivere,
ognuno nella sua incerta ombra,
circondato da suoi,
ma solitario a se stesso,
potrà richiamare memorie di padri amati,
traditi, vituperati od anche
inesistenti.

Ma finirà lì.
Tristemente lì finirà
sperando un’altra volta ancora
su un salvifico eroe che non c’è.
Così anche se nulla poi sarà come prima
nessuno potrà sentirsi di qualche cosa
responsabile e partecipe:
perché il non voler sapere
è tomba su cui non si possono
piangere lacrime.

(03.03.2011)
 

CONTRIBUTI
Grazia De Benedetti
Scrivere al presente 11:
Silenzio [Libia 2011 etc.]



urge urlare.
Urge.
Urlo
urgente.
Urlo unghiuto ustionante d'uragano.
Urge urlare
per gli uomini uccisi da uomini.
Urge urlare
per gli umani usati e umiliati.
Urge urlare
per urticare l'unto e i bisunti
untuosi e presuntuosi.
Urge urlare
per quest'universo ulcerato.
Urge urlare
per non umiliarsi.
Usciamo e urliamo
per unire gli umani.
Ma chi udrà le urla degli ultimi?
Urge l'urlO.
URL
UR
u
.

CONTRIBUTI
Salvatore Dell'Aquila
Scrivere al presente 10:
Sì che atterriscono [Libia 2011]

Sì che atterriscono
i sorrisi rapidamente spenti ma
può essere una guerra che non sia di conquista?
la rapina il bottino l'appropriazione
delle cose delle vite

Siamo morti? Non penso
vorremmo semmai non morire
impotenti davanti al gradino della morte
ma fermi davanti alla smorfia della guerra

CONTRIBUTI
Emilia Banfi
Scrivere al presente 9:
Libia non morire!












Immagini e immagini
Libia non morire!
E noi siamo qui a guardare
Gli occhi scuri di coraggio
o sorrisi chiari sulle bandiere.
Non morire per il pazzo
non morire per un dio
che odora di petrolio
di fede malandata
la cinepresa oscilla
cade nel tuo sangue
e gli eroi non si vedono.
Chi chiuderà le fosse senza nome?
Chi adotterà i figli della pace?
Libia non morire!
Qualcuno morirà per te.

sabato 26 marzo 2011

CONTRIBUTI
Ennio Abate
Scrivere al presente 8:
Marzo 1821 - Marzo 2011




«Fra un secolo si immaginerà che in questa nostra Assemblea, mentre si discuteva sulla nuova costituzione repubblicana, seduti su questi scranni non siamo stati noi, uomini effimeri, di cui i nomi saranno cancellati e dimenticati, ma sia stato un popolo di morti, di quei morti che noi conosciamo ad uno ad uno, caduti nelle nostre file nelle prigioni e sui patiboli, sui monti e nelle pianure, nelle steppe russe e nelle sabbie africane, nei mari e nei deserti, da Matteotti a Rosselli, da Amendola a Gramsci, fino ai giovanetti partigiani »
(da un discorso di Pietro Calamandrei all’Assemblea Costituente nel 1947)


Cancella, o Marcella
la Libia, stantio pane nostro quotidiano  televisivo.
Le facce belle di uomini e bambine
ridevano per noi (ma anche di noi) 
nell’attimo delle foto di  allora.
Poi nelle notti tremarono, urlarono
disfatte tra le macerie.

[«L'ultimo è il W-80 3, utilizzato,
 a quanto pare, anche come carico
per i moderni bombardieri B-52.
A tutt'oggi, fonti statunitensi militari
e scientifiche, calcolano la sua potenza
di esplosione intorno ai 200 kt.»]
 
«Li lasciamo tutti ammazzare?», chiedesti
ansiosa. «Nulla per loro possiamo più fare»,
ti risposi. Perché  eravamo già tutti morti.

CONTRIBUTI
Marcella Corsi
Scrivere al presente 7:
nessuna risposta, una domanda
[Libia 2011]


*Una doverosa precisazione.

Avete in mente l’immagine della pipa di Magritt con sotto la scrittta «Cecì n’est pas une pipe»? Allo stesso modo sotto (o dopo) questo testo, Marcella Corsi vorrebbe che fosse precisato: «Questa non è una poesia». Ha le sue ragioni: 1. il testo faceva parte di una mail interna alla redazione di POLISCRITTURE,  dove stiamo discutendo degli eventi libici ed era il paragrafo conclusivo di un ragionamento, che concludeva con queste parole « Invece di una risposta in prosa, mi viene più spontanea una risposta in poesia. Forse una brutta poesia, ma… con qualche punta d’invidia per la sicurezza che molti dimostrano»; 2. il sottoscritto ha “rubato” questa “bozza di poesia”, sulla quale, com’è solita fare, lei  avrebbe a lungo lavorato prima di pensare a una qualsiasi pubblicazione, è l’ha inserita a sua insaputa sul blog. Se ho fatto male, mi scuso con lei. Se, invece,  ho soltanto trasferito questo suo “pasticcio” ancora in preparazione in luogo pubblico, sì, ma con la  eloquente insegna “Laboratorio”, il danno non dovrebbe essere tanto grave. Su un blog-laboratorio possono finire subito anche “cosucce” non ben o del tutto cucinate, senza per questo che si debba litigare continuamente tra formalisti e contenutisti e stabilire se siano proprio “poesie” o no. Poi si vedrà…[E.A]

colpiscono facce belle di uomini - e bambine
che nonostante tutto ridono -
uno in piedi su un camioncino deciso
punta al cielo una mitraglia sottile
ma che ci fa con quella contro il bombardiere?

e le bandiere del re: tradizione
per riconoscersi in un passato comune
religione per darsi il coraggio inermi di osare

li lasciamo tutti ammazzare?
in rete erano in tanti, adesso sono in trappola
a Bengasi: gli diamo una mano? e come
lo facciamo? l’ONU le sue risoluzioni:
embarghi confische sanzioni non sembrano
servire, il rais può pagare
e pure la sua rete ha molte maglie

“lasciamoli scannare tra di loro poi con chi vince
ci accorderemo”: sfruttare suolo
natura animali e moltitudini impotenti
è questo il gioco di chi può da che mondo è

no
forse troppo tardi una no fly zone
forse non sarà sufficiente forse anche così
verranno uccisi innocenti…
“tutte le misure necessarie”  aggiunge
la risoluzione: oddio, è troppo, la solita bruttura
per aver spazio di vantaggiosi neri
in concorrenza nel deserto zampillanti affari

ma dovevamo lasciarli tutti ammazzare
loro e la loro idea di libertà “non assoluta”?                    


 (24 marzo 2011)

CONTRIBUTI
Luisa Colnaghi
Scrivere al presente 6:
Pagode e fior di loto











Non  boati in TV
ma fumo bianco e nero
dalle torri di Fukushima.

Tsunami – violenza nera
onde giganti
scagliate sulla vita.

Fiori di pesco
di ciliegio dispersi
dal vento spietato.

La terra trema,
un bimbo piange,
si apre un fior di loto.

Fenomeno nucleare,
irradiazioni su terra e cielo,
contaminazione del pianeta.

Fenomeno antico,
di Pompei e Ercolano i resti,
le sepolture sotto la cenere.

mercoledì 23 marzo 2011

CONTRIBUTI
Anna Maria Moramarco
Scrivere al presente 5:
Tsunami. Giappone 2011










I

BOATI
e nulla.
Violenza bieca
cieca
di una madre impazzita.
Vorace.
Altri
già sono tutt’uno con lei.
Silenzio.
Qualche singhiozzo
strozzato.

II

Aleggia lo spirito vivo
di chi
inghiotte acqua all’ingiù.
La desolazione degli uomini
è consolata dagli angeli.
Dal cielo alla terra
e dalla terra al cielo,
angeli salgono
angeli scendono.

III

Il ciliegio in fiore,
che attraverso al mattino,
mi ricorda i loro occhi gentili.
Piccoli fiori rosati. Che cosa, ancora, è riservato loro?

lunedì 21 marzo 2011

CONTRIBUTI
Ennio Abate, Luisa Colnaghi, Aldo Giannuli, Enzo Giarmoleo
Scrivere al presente 4: guerra

 
 Questo 4° post 
di "Scrivere al presente" 
è un montaggio di testi
in versi e in prosa
 di vari autori.
 
 
 
 

CONTRIBUTI
Ennio Abate
Su punteggiatura, caos e forma
In dialogo con Mayoor e Dedo


Il dialogo va riferito  "Una poesia di Marco Dedo" (qui) e ai commenti presenti in quel post (19 marzo 2011)

@ Mayoor

Concordo che chi scrive , anche quando si rivolge ad un interlocutore reale, come sto facendo io con te ora), si rapporta in parte più o meno con un interlocutore o lettore (nel caso di un libro) immaginario.
Non invece con quest’affermazione:« Il fatto di scrivere versi che non si curano degli a capo non è rubare qualcosa dalla prosa, è una scelta di libertà». Gli ‘a capo’ in prosa ci sono (o ci sono stati) e seguono o trasgrediscono propri codici più o meno (come tutti i codici) accettati.  Oggi non curarsi degli ‘a capo’ mi pare una scelta di libertà davvero trascurabile (lo fanno almeno tutti quelli che hanno assorbito per convinzione o di riflesso alcune trovate a suo tempo “scandalose” delle avanguardie).  A me non meraviglia né sorprende più. Al massimo ritengo che, quando uno è in preda a un’emozione forte o  parole o pensieri gli si “affollino in mente” numerosi e sfuggenti, per non farseli sfuggire e non potendo  frenare l’emozione, fa bene a  usare una punteggiatura  o abbreviazioni persino “private”. Per tutto un periodo  ho accumulato versi sostituendo la punteggiatura “normale” con  barrette (/). E mi capita di ritrovare appunti quasi stenografici o in una grafia  tanto nervosa e spasmodica da risultare a volte indecifrabile persino a me. Ma quanto  in una prima fase viene prodotto in un “raptus creativo” o in bozze viene comunque rivisto se si arriva alla stampa. E allora non mi si dica che la resa tipografica abbia ancora una sua  necessità “interiore”. Al massimo documenta a freddo, a distanza di tempo, come una fotografia, qualcosa che fu in quei determinati esperienza solitaria istanti vivo, veloce, affannoso, convulso.

domenica 20 marzo 2011

CONTRIBUTI
Enzo Giarmoleo
Ancora sull'incontro
del 15 marzo 2011.
Ancora su critici e poeti



E' bene tornare su certi argomenti per contrastare "l'usura da blog", cioè la veloce scomparsa di temi importanti trattati in un post. Ecco allora le "Considerazioni relative all’incontro del 15 marzo 2011 con il Prof. Paolo Giovanetti alla Casa della Poesia di Enzo Giarmoleo da aggiungere e confrontare con il resoconto da me fatto  (Clicca qui) . [E. A.]

Credo che la provocazione iniziale di Giovanetti abbia permesso di chiarire quale sia “lo stato delle cose “ cioè in quale stato versa oggi la condizione dei critici e dei poeti.
Personalmente nutro dubbi sulla neutralità della critica in generale. Ancora oggi si tende a camuffare l’ideologia con complesse teorizzazioni. Certo ideologia è parola obsoleta ma c’è sempre una “concezione del mondo” che crea ostacoli.
Se si escludono quelli che non si fecero contaminare dalle avanguardie e i cui eredi sono li a deputare ancor’oggi cosa è e cosa non è poesia, restano quelli che attuarono la prima vera cesura con la tradizione e gli eredi di questi. Mi sembra che sia i primi che la cosiddetta neoavanguardia forse troppo impegnata, nella costruzione di un potere editoriale accademico e culturale, non siano mai stati, per ragioni opposte, molto teneri con i poeti che non rispettavano certi canoni. 

CONTRIBUTI
Enzo Giarmoleo
La tras-formazione di un articolo di Domenico Quirico
















Ecco la proposta di Enzo Giarmoleo di cui parlava Ennio Abate tre giorni fa:
"Si tratta dell'Incipit di un articolo apparso il 16 marzo appena sotto la testata del quotidiano "La Stampa" di Torino.E' un articolo su un viaggio dei naviganti "clandestini". L'articolista Domenico Quirico è a me sconosciuto.
Mi sono solo permesso di cambiare la disposizioni delle frasi sul "foglio" a mo' di "poesia tradizionale".
Mi chiedo solo se altri credono che tale scritto possa essere considerato poesia e in questo caso sarebbe interessante saperne i motivi. Se invece si crede che siamo lontani dalla poesia sarebbe oltremodo interessante sapere quali sono gli elementi che mancano per potere assumere questo nome."
Testo rielaborato da Enzo Giarmoleo:

sabato 19 marzo 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Una poesia di Marco Dedo

Vi mando questa poesia di Marco Dedonato (Dedo) perché è pertinente con quanto stiamo dicendo in questi giorni sul blog.  
Marco è un poeta estremo per me, entrambi abbiamo rinunciato al verso breve preferendo un formato di scrittura che si adatti a qualsiasi giustezza, ma io almeno metto le maiuscole dopo il punto, lui nemmeno quelle. 
mayoor

L'opera qui a sinistra è di Piermarco Mariani che, come me e  Dedo, fa parte del gruppo di artisti che si ritrovano nell'associazione Yaonde. 




l dai e dai dei tempi bui. la meticolosa scansione delle pappe trite e ritrite. fenomeni da baraccone. buoni nemmeno per i porcili. un marciapiedi di barboni improvviserebbe di meglio. sembra tutto qua. a portata di mano. la felicita... l'-espansione... Pasolini si farebbe un baffo di tanta ipocrisia. l' orizzonte, il futuro, fermo a dopodomani. un lasso di tempo buono neanche per vomitare. come se

DISCUSSIONE
"E questa è prosa o poesia?"
Su TEMPI MIGLIORI
di Luciano Roghi

Nella nostra mailing list Enzo Giarmoleo ha posto un problema: se uno mette in versi  (trascrive più o meno fedelmente) un articolo in prosa, fa poesia? Qui propongo un altro "esperimento": se uno afferra qualcosa di reale dell'altro e ha cognizione del suo dolore e lo scrive "bene", fa della prosa o della poesia?
Proviamo a parlarne a partire da questo pezzo di Luciano Roghi...[E.A.]


Mario  è nato e cresciuto nella stessa casa dove ha abitato sino a due giorni prima della morte.
Settantaquattro anni di  vita all’interno delle stesse mura, prima con  i genitori, e successivamente  con l’unico fratello, con il quale da anni non condivideva quasi nulla più . Troppe rabbie immotivate (rancori che nel tempo si erano trasformati in silenzio),  avevano  diviso  inesorabilmente i due.
Un buco alla gola era l’esito di un intervento che Mario aveva subìto molti anni prima a causa dell’insorgenza di una grave malattia. Come un proiettile che in un lampo gli aveva asportato la massa malata e con essa  le corde vocali, egli si era ritrovato  senza più voce.
Alcune vite, di per sé già silenziose, sembra necessitino per una strana beffa, di un ulteriore mutismo, quasi a  suggerire che il loro racconto oltre a non avere importanza,  non meriti  neppure di  compiersi.

CONTRIBUTI
Samizdat (Ennio Abate)
Scrivere al presente 3













RISORGIMENTO

Ave, Risorgimento!
Io sul tuo 150tenario
non ti mento
e perciò...
RISORGI,
MENTO!
Tondo, prominente bubbone
monumento
e certo documento
della faccia di merda
di questo popolo defunto
che col suo parlamento
si bea d'essere italiano
per andare a servire
l'amerikano
contro il solito Hitler
stavolta africano.

*Samizdat  è maschera incazzata di E.A.

venerdì 18 marzo 2011

CONTRIBUTI
Fabiano Braccini
Scrivere al presente 2


GIOVEDI 17 MARZO 2011: TRA INNI E BANDIERE PENSO

Il droghiere testaquadra ha terminato la mortadella, l’ha finita il tapino!
Io desidero la mortadella ora, subito, la voglio sentire saporosa in bocca,
la voglio masticare con quaranta denti, la voglio deglutire con rumore;
la voglio come una incinta d’improvviso vuole un cioccolatino fondente
rincartato di blu, da succhiare per il bene del bambino che si muove.

Mi guarda l’orologio dell’incrocio Ripamonti-Bligny-Sabotino:
sa che oggi non è giorno giusto con i morti giapponesi, i morti libici,
i morti in autostrada, tutti i morti del mondo di questo momento.
Con l’aggiunta delle ragazzine sparite, uccise (stuprate sì, stuprate no).
Con i pataccari estracomunitari che vendono ombrelli garantiti mezzora.

CRITICA
Giorgio Linguaglossa
Il discorso poetico nel '900.
Con un'introduzione di E.A.





Premessa. I lettori di questo blog non si spaventino né si urtino per la frequenza di termini non comuni in questo scritto del critico Giorgio Linguaglossa. I linguaggi “speciali” hanno una loro necessità, non sono sempre latinorum per tenere alla larga il “popolo” dai saperi che contano. Ai finti tonti, che eventualmente protestassero invitando polemicamente a parlare “semplice”,  come si fa in TV o a scrivere  “chiaro” come fanno (mistificando) i pubblicitari, ribatterei: perché non fiatate di fronte a certi linguaggi  specialistici, dei medici ad es.? Provate a leggere un qualsiasi foglio di’istruzioni per l’uso di  un medicinale. E allora perché tanta presunzione di saperla più lunga di fronte a un testo di critica letteraria?
Linguaglossa   ci dà qui un esempio del suo discorso critico, che ha radici in una visione filosofica  e utilizza un grado di astrazione elevato ma non irraggiungibile. Per chi tra noi di filosofia poco masticasse ho pensato a questa introduzione che semplifica e riassume  il suo pensiero in modo da permettere almeno ai più volenterosi un primo accostamento.

CONTRIBUTI
Lucio Mayoor Tosi
Scrivere al presente


Ho scritto questa poesia ieri pomeriggio, dopo le diciotto, in un bar nei pressi di piazza Piemonte. Pioveva, avevo lasciato il mio quadernetto in macchina, ma era troppo distante per tornare a prenderlo. Così sono entrato in Mondadori e ne ho acquistato uno. Il quadernetto per me è molto importante, lo uso quasi fosse una macchina fotografica ma, di fatto, è molto di più: è un buco nero che attrae su di se' tutto ciò che si trova attorno. 

Senza titolo

dunque eccolo qui un foglio bianco alla finestra ambrato aperitivo scritto 
denominato farfalla delle sei

ma prima oziosamente ho incontrato messaggi persi plastiche allegre 
nella musica da fine corsa, da scalamobile. Forse gli autori sono morti musicisti 
stipendiati pendolari pendolanti del sottofondo cappellini lilla invidiabile 
accomodarsi nella zona no stress. Altri poveri ma ricchi di tempo.
Meno un'ora o tre quarti, mi sembra, al radioattivo. Fare scorte di besciamella 
per lo scatolame l'aringa fumé controllata scadenza almeno un anno e mezzo 

ma prima oziosamente ti ho pensata in ascensore e chissà, ti ho detto, i ricchi 
si salvano sempre.  Aperte le porte nella somma dei profumi francesi 
( l'autore morto pendolante?) le gambe affondate nel budino vaniglia pavimento 
tra i vetri azzerati pensieri per il tutto già pronto automatico denaro e tanti saluti 
elettronici:  carissimo, rientrerò sabato, ti chiamerò saponetta mio ventaglio.
Fai denaro e poi spendilo per te solamente, fatti una moca, una tipa sudafricana 
un pallone da rugby sport duro per fighette indipendenti con le spalle da stradini 
in camicia da trecento euro

giovedì 17 marzo 2011

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Ennio Abate
Moltinpoesia e Fukushima

·  Terremoto in Giappone: video dell' incidente alla centrale di ...

13 mar 2011 ... L' incidente alla centrale nucleare di Fukushima, a seguito del terremoto con conseguente tsunami che ha colpito il Giappone, ...
mondonotizie.info/terremoto-in-giappone-video-dell-incidente-alla-centrale-di-fukushima_post-15219.html - Copia cache


Scuotersi dal  torpore poetico
uscire dall’io
per far che?
Misurarsi col mondo.
E cioè?
Con Gheddafi che prima perde e ora vince.
Col Giappone che muore di tsunami e terremoto.
E di nucleare?
Ma Quello (il Golem buono) 
serve.
Alla candela non ci torna più
l’umanità.
Ma  Quello (il Golem malvagio) 
è incontrollabile
e quando  rugge
né gli apprendisti stregoni
né i veri scienziati
ce la fanno a placarlo.

mercoledì 16 marzo 2011

LABORATORIO MOLTINPOESIA
Critici e poeti: cani e gatti?
Resoconto
serata del 15 marzo 2011


Una volta sì, oggi no, purtroppo.. Questa, direi, la conclusione (provvisoria) dell’incontro tra Paolo Giovannetti, professore di Letteratura italiana alla IULM e i partecipanti al Laboratorio MOLTINPOESIA del 15 marzo alla Palazzina Liberty.
La questione è "vecchia". L’abbiamo affrontata spesso nelle discussioni anche improvvisate del Laboratorio. E fin dalla sua nascita nel 2006. Un’ossessione? O un problema importante anche se senza facili soluzioni?
Paolo Giovannetti, con una bella introduzione, ricca di  dati e di esempi ricavati dalla sua esperienza di accademico, studioso di metrica e storico della letteratura,  ci ha esposto il suo punto di vista  quasi “militante”: il rapporto tra critica e poesia non può essere più posto nei termini di collaborazione  “dialettica”(quindi non priva di tensioni) com'è accaduto nel solco di una lunga tradizione, dove ciascuno aveva chiaro le  regole del suo “mestiere”, perché  con gli inizi degli anni Ottanta siamo entrati  in una nuova epoca, quella postmoderna; quella lunga tradizione s’è interrotta e tanti problemi, compreso questo, non si pongono più come in passato.

martedì 15 marzo 2011

PROMEMORIA
Oggi martedì 15 marzo 2011 ore 18


La casa della Poesia

Milano

stagione 2010-11, ciclo moltinpoesia / martedì 15 marzo 2011 ore 18

 

Laboratorio MOLTINPOESIA.

 CRITICI E POETI: CANI E GATTI?

serata a cura di Ennio Abate
Critica e poesia possono allearsi o sono attività inconciliabili? Sarebbe meglio se il poeta facesse solo poesia e il critico facesse solo il critico? La critica è pericolosa per la poesia e la può “uccidere”? Discutiamone ancora … 
Introduzione di Paolo Giovannetti, professore di Letteratura italana alla Università IULM

DIZIONARIETTO MOLTINPOESIA
Eugenio Grandinetti
Quando la terra furibonda scalpita





  












Quando la terra furibonda scalpita
e s’impennano le acque,alte,e sommergono
uomini e cose  e nel riflusso portano
tutto quello che sporge,alberi e case,
a galleggiare inerti sopra le onde
non quietate,un subito sconforto
ci assale,noi,piccoli esseri
e deboli,spersi
in un universo ostile che  irragionevoli
forze sovrastano e spengono,
come improvviso un vento la precaria
luce di una candela.

lunedì 14 marzo 2011

DISCUSSIONE
Tito Truglia @ Ennio Abate
Sul post "Poesia e vicende libiche"
di domenica 13 marzo 2011



In neretto la parte dei tuoi commenti a cui rispondo in blu. Risposte parziali. E’ praticamente impossibile argomentare su tutto...
Ecco comunque alcune note.

1.
Non credo però che ci sia una “natura della poesia” da rispettare.
Su questo sono d’accordo.
Ma subito dopo  hai bisogno di un archetipo forte su cui fondare la poesia. E lo trovi nel linguaggio poetico.  Seppur interpretato come soggetto a modificazioni storiche.  Infatti...

2.
Esiste senz’altro (anche per i giovani poeti) un linguaggio  poetico da conoscere e da cui (possibilmente) partire, che si è storicamente costituito (che “viene da lontano”), ma esso  ha le sue «incrostazioni storiche» e può essere  sia base d’appoggio  sia ostacolo. E poi si trasforma col tempo  e non ha quella fissità che mi pare Linguaglossa tende ad attribuirgli.
Beh, a questa affermazione si deve rispondere anzitutto richiamando “I Linguaggi” possibili della poesia. Se noi evitiamo il singolare e partiamo dal plurale molte questioni potrebbero risolversi.

domenica 13 marzo 2011

CONTRIBUTI
Ennio Abate
Poesia e vicende libiche.
A partire dalla poesia
di Salvatore Dell'Aquila


Provo a mandare avanti l’esperimento iniziato con la pubblicazione della poesia di Salvatore e ad annodare i fili  dei problemi che colgo nelle varie mail.
Rileggo innanzitutto l’oggetto primo del contendere, la poesia (per me rientra nella categoria!) di Salvatore:

Nei pressi del Giardino degli Aranci
  
Tra intonaci sbiaditi in via di Sant’Alessio
nordafricani e slavi persone dei balcani
sbiadite anch’esse scolorate
giacche troppo sottili per febbraio
o senza giacca avendola scambiata
non per abbecedari ma speranze
di un lavoro avvilente duro
pelli grinzose già sfinite vuote
senza doni da offrire
ai putridi politici italiani
mi sporgo sopra Roma
tento lo sguardo a sud
cerco scirocco
se giunge, dico, la sabbia dei deserti
e piove sull’asfalto
potrò vedere le nuvole d’iprite
inondare la cinta di Bengasi
imparzialmente accendere i polmoni
o le fiamme dei pozzi tanto desiderati
i corpi accartocciarsi come carte al fuoco
vedere e non sentire
sapere e non capire

Mi soffermo qui solo su un elemento, che mi fa giudicare interessante questa poesia: la messa a fuoco onesta e pacata della difficoltà in cui ci troviamo nel rapporto con l’altro da noi. In questi versi dai toni bassi (e quindi inconfondibile con  certi toni gridati di “poesia civile” o “impegnata”) vedo in azione uno sguardo esterno (quello a cui siamo costretti, direi) sui migranti. Esso va da italiani generici ad altrettanto generici «nordafricani e slavi persone dei balcani».
È uno sguardo da cui trapela un accenno di premura, di preoccupazione e di compassione umana, quando si sofferma su un dettaglio: le giacche dei migranti «scolorate» e «troppo sottili» per (il freddo di)  febbraio.
La visione dell’altro da sé resta però invischiata nel proprio mondo (magari memore di povertà passate, quelle degli «intonaci sbiaditi in via di Sant’Alessio» o presenti nella storia di Pinocchio: «o senza giacca avendola scambiata/ non per abbecedari»). Non introduce in quello altrui, dei migranti. Non  si esce dunque dal limite dello sguardo (o di una poesia dello sguardo), potrei dire. Non c’è, non ci può essere forse, dialogo. Anche quando si aggiungono - intuiti - altri  particolari sulla realtà che gli altri vivono: quei migranti fanno « un lavoro avvilente duro» (due aggettivi comunque generici); hanno «pelli grinzose già sfinite vuote».

CONTRIBUTI
Enzo Giarmoleo
Just news.
Sulla presentazione della collana
di poesia "ChapBooks"
edita da Arcipelago Edizioni

Milano 11 marzo 2011
Per fortuna l’intervento di Paolo Giovannetti ha dissolto le nebbie ed è servito a rendere più comprensibile e interessante la materia oggetto dell’incontro di venerdi scorso alla Libreria Popolare di Via Tadino 18 a Milano.
Gli addetti ai lavori erano tutti giovani, molto ferrati nella materia che trattavano, ma si è corso il rischio che ci si perdesse tra sintagmi nominali e verbali.., discontinuità anaforiche, connessi a “proof theory”, “formal grammar” grammatica generativa di chomskiana memoria.

sabato 12 marzo 2011

DISCUSSIONE
Critici e poeti sempre cani e gatti?
Un episodio...

Il post con la poesia di Salvatore Dell'Aquila ha fatto nascere uno scambio e-mail a tre, che con l'approvazione degli interessati  penso sia utile far conoscere. Anche in vista del prossimo incontro del 15 marzo alla Palazzina Liberty (MI) con Paolo Giovannetti



Il 11/03/2011 08:34, Giorgio Linguaglossa ha scritto:

Caro Ennio,

colgo l'occasione della tua provocazione. Dirò che la composizione (dire poesia è troppo) di Salvatore Dell'Aquila è ingenua. E così liquido la questione perché il poeta del Moderno può essere tutto tranne che ingenuo. Tenterò di porre così la questione: il superamento del linguaggio strumentale-naturale non può essere compiuto grazie a un metalinguaggio o un linguaggio «ideale» o un linguaggio genericametne «politico» o genericamente «sociologico» o genericamente «psicologico», «religioso» e così via... all'infinito.