lunedì 2 gennaio 2012

Suggerimento di lettura
per commentatori di blog



Un amico mi ha segnalato il sito di minima Et moralia, che conoscevo di sfuggita. Sono andato a visitarlo e con sorpresa  ho trovato questo intervento di Anna Maria Ortese, di cui copio l'inizio. E' una lettura che suggerisco indistintamente a tutti i commentatori che si affacciano su questo blog. [E.A.] 

Non c’è forse, dopo l’Italia, un altro Paese al mondo dove ciascun abitante abbia come massima ambizione lo scrivere, e ce n’è pochi altri dove quel che ciascuno scrive – pura smania di dilettante o regolarissima professione – scivoli, per così dire, sull’ attenzione dell’ altro, come la pioggia su un vetro. Ma scivola è un’ espressione in]dulgente: inquieta, offende, avvilisce, si vorrebbe dire. Ogni abitante-scrittore se ne sta sul suo manoscritto come il bambino, a tavola, col mento nella sua scodella, sogguardando la scodella, cioè il manoscritto, dell’ altro: e se quello è più colmo, sono occhiatacce, lacrime… si sente parlare del tale, del tal altro che ha pubblicato o sta per pubblicare un nuovo libro. Subito, chi ha questa italianissima passione dello scrivere, o dello scrivere ha fatto il suo mestiere, si precipita a vedere di che si tratta, e in che cosa il rivale si mostri inferiore a quel che se ne dice, o si temi.
Se il sospetto, la paura, si rivelano infondati, è un sollievo tinteggiato di nobile comprensione: «Un buon libro… Hai letto l’ultimo libro di T.? Certo potrebbe far meglio… L’ho sfogliato appena – e me ne dispiace – ma non ho mai il tempo di leggere…». Ed è vero: perché se appena alle prime pagine il rivale appare quel che si desidera – un mediocre – cessato l’ allarme, la sua modesta fatica non interessa più. Quando già alle prime pagine, invece, lo scrittore-lettore si rende conto di trovarsi di frontea un’ autentica novità e forza, il colpo che ne riceve è così brusco che, lì per lì, non riesce a fiatare, e se ne sta zitto e disfatto nel suo angolo. Di continuare non se ne parla, prova una specie di nausea. In un secondo momento, però, scoppia la reazione: si tratta di un’ opera indegna, una vera truffa letteraria, «ma dove andiamoa finire di questo passo… vedrai che a quello gli danno un premio…», e così via. E il premio qualche volta arriva, e allora è un dolore, un lutto generale, e si cominciano a scrivere articoli abilissimi dove si parla perfino del primissimo elzeviro dello studente di Caltagirone, o si elevano entusiastiche lodi all’ingegno di V., che, novantenne, ha ristampato l’intera mole delle sue opere, insipide e pesanti come patate: e solo si tace il nome del vero colpevole, l’ultimo arrivato, che nonè stato al gioco d’infilare le parole l’una dopo l’altra, semplicemente, ma ha «adoperato» la parola, l’ha mortificata mettendola al servizio di alcuni interessi.


[L'intervento completo di Anna Maria Ortese si legge QUI]

8 commenti:

Anonimo ha detto...

“…il collega era semplicemente, nella grande lotta contro tutto ciò che opprime l’ uomo, un compagno, la cui opera, a quel fine, era importante quanto la propria”. È in questa frase il nocciolo della questione. La comunione d’intenti rende le persone compatte e non gelose, ma bisogna averla questa unità di scopi. Gli italiani hanno dato il meglio solo in momenti di grande difficoltà perché quando si deve fare un serio sforzo cadono i sentimenti deboli come diffidenza e sospetto. Oggi ci sono tanti dilettanti frustrati, tante nullità che scrivono per piacere a se stessi, avrà pure ragione Anna Maria Ortese, il professionista è il bravo allacciato al potere, ma ci sarà pure qualcuno che scrive veramente per realizzarsi come uomo libero!!! Ci sarà qualche Cechov o Gorki italiano nascosto da qualche parte! L’intelligenza a quei tempi si proponeva qualche fine, e oggi? Possibile che non ci sia più nessuno che abbia un fine superiore al piacere?
Giuseppina

Anonimo ha detto...

Il lettore-poeta cerca contaminazioni provocanti, affinità, cultura. Non legge per il solo gusto di farlo. Oltre al bisogno di comprendere vuole approvare dentro di se' le scelte, lo stile e la ricerca di altri autori. Non è un semplice lettore, nel senso che non è solamente un lettore. E' come un pittore che scelga la pennellata di De Chirico a quella di Dalì, non gli basta guardare al surrealismo, non mette tutto sullo stesso piano per amore dell'arte.

mayoor

Anonimo ha detto...

Giorgio Mannacio:

A PROPOSITO DELLO SCRITTO DI A.M ORTESE E ALTRO

Ringrazio di cuore chi mi ha fatto conoscere lo scritto di A.M Ortese. Da tanto non leggevo, sulla poesia, un testo così forte e vero. Nasce, sono certo, dall’esperienza e cioè dalla riflessione sulla realtà quale noi stessi collaboriamo a creare. Tra l’altro – non so con quanta legittimità – lo associo a quelli che sono alcune delle ragioni di Moltinpoesia e in tal senso intervengo su di esso.
Quando parlo di modalità attraverso le quali si svolge una parte dell’esperimento Moltinpoesia – e lo faccio col mostrarmi perplesso su di esse – non lo faccio per criticare questa interrogazione che E.A ci propone quotidianamente in modo così meritevole e convbincente. Lo faccio semplicemente per esporre , dialetticamente , una, in parte diversa, esperienza e illustrarne i contenuti. I “ modi “ di M. sono schematicamente i seguenti: invio di uno o più testi; commenti più o meno numerosi; a volte repliche: insomma un dibattito comune ( sul quale nulla ho da obiettare ) svolto secondo le regole coerenti al modo di comunicazione utilizzato.
Dico subito che non penso affatto che tale tecnica sia destinata a migliorare se i testi inviati sono anonimi . La proposta fatta da taluno in questo senso mi pare non abbia ragioni solide. Semmai l’indicazione dell’autore servirebbe – quantomeno – ad aprire un dialogo per così dire personalizzato tra autore e lettore interessato a quell’autore. Vi sono sintonie personali che non vanno sottovalutate.
Il punto sul quale sono perplesso ( nel senso che ho precisato ) è invece il seguente. Trovo difficile da prendere in considerazione un giudizio ( valido / non valido ) basato su una sola o pochissime poesie. Di fronte ad una esiguità tale, la nostra reazione è del tutto emotiva ed epidermica e si esprime in frasi esclamativamente elogiative o in stroncature altrettanto perentorie. A mio giudizio non va bene . Anche la più breve composizione – se seria – esprime una vita di riflessioni, le più disparate.
[Continua 1]

Anonimo ha detto...

Giorgio Mannacio[continua]:


Anch’io scrivo poesie e non da oggi ma sono stato sempre restio a mandarne qualcuna isolatamente . La ragione non sta – e spero di essere creduto – nella “ paura “ di un giudizio negativo ( contro tale tipo di giudizi mi illudo di essere corazzato ) . Se c’è paura è di altro tipo.
Poiché credo che il giudizio sul lavoro poetico serio debba essere egualmente serio , mi attengo
ad una estrema prudenza. Temo che giudicando su elementi insufficienti e tenui si commetta inevitabilmente una ingiustizia e non voglio essere vittima di eguale ingiustizia.
Il meccanismo dell’invio di una poesia, del commento parcellizzato, della replica ( più o meno stizzita ) crea, a mio giudizio, un circuito che può essere poco virtuoso. Poco virtuoso, anche se umanamente comprensibile , è ogni tipo di autodifesa. Mi sembra il grido del condannato nelle righe finali de Il Processo. Grido etico, non estetico.
Per ragioni anche anagrafiche non ho goduto molto delle possibilità di pubblicare con continuità su riviste ( tantomeno , ovviamente, informatiche ) ed ho sempre preferito completare ogni singolo periodo della mia ricerca in un testo per così dire completo, sottoponendomi poi – si fa per dire – al giudizio esterno della critica. Positivo o negativo che fosse tale giudizio l’ho ritenuto sempre oggettivamente più attendibile e, dialetticamente, maggiormente falsificabile.
Di conseguenza – e salvo alcune motivabili eccezioni – mi sono astenuto dal dare giudizi su singole poesie e, nella coerenza dei presupposti di tale atteggiamento, mi sono astenuto dal mandare in giro isolati scritti in poesia. Ho preferito, dunque, parlare , non come testimone imparziale, ma come protagonista engagè del mio fare poesia di quello che penso di tale tipo di esperienza, di come essa si svolge ..e via dicendo.
Le mie preferenze vanno – dunque e in uno spirito di adesione a Moltinpoesia - verso una attività di riflessione personale su “ dati impersonali “ ( non ciò che si è scritto ma come si scrive, perché si scrive , se ciò ha un senso etc )
Poiché penso che il tempo ha pensieri tortuosi ( Iliade, II, 205 ) e che todo cambia ( Habemus papam ) le mie conclusioni non sono mai definitive e il modificarle non fa male a nessuno.
Spero, almeno , di collaborare con qualche riflessione generale sul comune lavoro. Buon anno.
Giorgio Mannacio

[Fine]

Moltinpoesia ha detto...

Ennio Abate a Giorgio Mannacio:

Caro Giorgio,
pensa che a giorni stavo per pubblicare qualche poesia che avrei tratto dal tuo "Dalla periferia dell'Impero". Che faccio? Ci rinuncio?
A me pare che il blog possa avere una funzione positiva se riesce a far dialogare tra loro persone che prima non si conoscevano o semplicemente a dare un semplice “assaggio” di cosa scrivono i “moltinpoesia”.
Siamo una folla e ciascuno si muove nella folla ricevendo delle impressioni da qualche dettaglio di quello che percepisce. Di solito c’è il disprezzo o la paura della folla. C’è chi rifiuta di addentrarvisi. Chi vi marcia dentro senza guardare immerso nei suoi pensieri. Chi, invece, guarda o studia volti, corpi, andature, gesti e ha delle emozioni, dei pensieri.
Così all’incirca dovrebbe avvenire per la “folla dei testi” che per un attimo attirano l'attenzione su questo blog e poi vengono archiviati e ripescati solo da qualcuno particolarmente interessato a una questione o a un autore. Non necessariamente si devono fare commenti o valutazioni approfondite. Ma neppure è vietato. Mi posso concentrare su “una passante” (poesia) e vedere cosa ne viene fuori. Poi tornato a casa se ne ho voglia approfondirò e andrò a leggermi la raccolta o l'opera ominia di Tizio o Caia.
Un’altra possibilità del blog è di entrare in sintonia soltanto con alcuni di quelli che vi si affacciano; e magari approfondire il legame amicale, affettivo, intellettuale solo con alcuni/e anche per altre vie.
Comunque, a me va benissimo anche la tua scelta di non commentare singole poesie e d’impegnare il tuo acume critico solo su raccolte più consistenti o temi “generali”.

Anonimo ha detto...

a Giorgio e alla poesia

"Il tempo riserva sentieri tortuosi" ma anche grandi sorprese... Emy

Unknown ha detto...

Giorgio...che limpidezza! sembri sia la Trebbia sia i suoi sassi per l'altro Giorgio. GRAZIE!

Anonimo ha detto...

Quanto suggerisce Giorgio Mannacio in ordine al proporre un maggior numero di testi per ogni autore ed anche di occuparci di temi "generali" mi sembra interessante e condivisibile .
Stante il degrado culturale di quest'ultimo ventennio , ci si potrebbe occupare , per esempio ( e ahinoi ! ) dei cosiddetti intellettuali , laddove dovrebbero restituire complessità ai problemi e abbandonare alternative semplicistiche ( l'imbelle disimpegno impegnato che conosciamo bene ) . Gente che dovrebbe avere come vocazione l'arte di rappresentare , dove le rappresentazioni intellettuali discendano da una consapevolezza scettica , impegnata , indefettibilmente consacrata all'indagine razionale e al giudizio morale .
Un argomento che dovrebbe eludere la retorica delle solite recriminazioni ed aprirsi ad un impegno collettivo , con la nostra scrittura e lo spessore etico civile a testimoniare ovunque , siti blog facebook & Co.

leopoldo attolico -