sabato 7 luglio 2012

Giorgio Linguaglossa
Su "BABEL - Oms, feminis
e cantonîrs"
di Lucia Gazzini


Lucia Gazzino BABEL - Oms, feminis e cantonîrLa Vita Felice, Milano, 2012

Dopo l’iperrealismo (con il correlativo speculare di un certo espressionismo in poesia) che è stato in auge in Occidente fino agli anni Novanta, oggi sembra prevalere, anche nella poesia in dialetto, tra le ultime generazioni, il genere intimistico. L’intimismo di Lucia Gazzino infatti predilige l’ingrandimento progressivo delle unità verbali prese ognuna per sé e le collega con elementi asintattici, con congiunzioni o particelle avversative, costruendo una sintassi liquida, come in sospensione, in emulsione. In questo modo gli elementi significanti e sonori del linguaggio, come accade in queste poesie in dialetto friulano di Lucia Gazzino, vengono esaltati ed ampliati. le parole diventano parole-immagini. Procedura già anticipata da un quarantennio da un film come Blow up di Antonioni, dove un fotografo, che ha scattato numerose fotografie in un parco, rientra nel proprio studio, e qui viviseziona le immagini attraverso ingrandimenti successivi e arriva ad identificare, stesa dietro un albero, una forma supina: un uomo ucciso da una mano armata di rivoltella che, in altra parte dell’ingrandimento, appare tra il fogliame di una siepe.
Se l’iperrealismo cerca un ipersignificato nell’ingrandimento dello stesso significato, questa poesia in friulano della Gazzino cerca, invece, il senso liquido e amniotico tra le parole-immagini e il loro suono. Non è un caso che il libro si apra con una citazione delle poesie in friulano di Pasolini:


Jentrà te tô anime
sgarfà tai tiei viers
in stupidi lis lagrimis
su fueis mdi rôl mrose
cjaminà sui trois
dal torment di une storie
di te brusàt sot dal soreli
biel che ti cjarecis
su la stesse tiere.

*

Entrare nella tua anima
frugare fra i tuoi versi
stordire le lacrime
su foglia di quercia rosa
camminare sui sentieri
del tormento di una storia
di te bruciato dal sole
mentre ti accarezzo
e mi accarezzi
sulla stessa terra.

Vorrei attirare l’attenzione del lettore sulla particolare accentuazione-suono di questa  poesia emblematica:

Underground

Sot inte gnot scure
inte gnot nere
sot tiere si sune!
Al è simpri al stes rumôr là sot,
biel che al passe l’ultin treno
prime che al crichi il dì.

Al è simpri il stes odôr:
di cjâr, sudôr, profum e benzine,
di pôre e gjonde, di ligrie e dolôr.
Là sot al è simpri il stes sunâ di centesims
intal cjapiel dal sunadôr
in spiete de sô musiche.


Underground

Sotto nella notte scura
nella notte nera
sottoterra si suona!
C’è sempre lo stesso rumore là sotto,
mentre passa l’ultimo treno
prima dell’alba.

C’è sempre lo stesso odore
di carne, sudore, profumo e benzina,
di paura e gioia, di allegria e dolore.
Là sotto c’è sempre lo stesso suono di centesimi
nel cappello del musicista
in attesa della sua musica.

C’è la nomenclatura degli aloni, della magia, dei suoni delle cose. Il soggetto monocratico officia la liturgia della poesia come scienza ambigua dell’esattezza (o scienza esatta dell’ambiguità); la poesia della Gaddino si appoggia e si aggancia al suono delle cose come ultima tappa di avvicinamento alle cose stesse:

Cidine e ven jù la rosade,
inte gnot di gris e lusignis
e sbrisse vergognose in gotis d’arint
sul cuel, sul pet, sul grim mulisit.

E il cur al spiete, il cur al spere
e i voi, intal scur, e cirin i fùcs:
un fuc par scialdâsi, un fuc par svolà
intun baticù che non si ferme.

Al spere, al spiete: une tiere madure,
une vele di vel pronte bande il destin
e un lincul blanc bagnât de rosade
di un amor lontan.

*

Silenziosa scende la rugiada
nella notte di grilli e lucciole
scivola timorosa in gocce argentee
sul collo, sul seno e sul grembo morbido.

Ed il cuore aspetta, il cuore spera
e gli occhi, al buio, cercano i fuochi:
un fuoco per scaldarsi, un fuoco per volare
e un batticuore che non si ferma.

Aspetta, spera in una terra matura,
una vela di velo pronta verso il destino
e un bianco lenzuolo madido di rugiada
di un amore lontano.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Davvero uno splendido suono accompagna le scene e mi trovo lì con Lucia Gazzini a sentire l'odore, la forza, di una natura che si fa corpo prima di essere sentimento. Mi piace assai assai. Emy

Anonimo ha detto...

Sono distante dai dialetti, ma mi colpisce questa lingua a me incomprensibile: la grafia, i suoni, sembra inventata, un grammelot che potrebbe tranquillamente emergere da distanze siderali come da un passato arcaico. Mi sembra quasi superflua la traduzione, anzi i testi in italiano banalizzano, e non mi colpiscono altrettanto.
Ciao
Flavio

Anonimo ha detto...

Poche le poesie, ma il sapore è buono. L'autore è presenza silenziosa, non per accogliere ciò che è fuori ma per andarci, quasi fosse il viaggio di un evaso... o di un liberato. Questa la sensazione. Non si sente l'odore stantio di tanti salotti dove regna l'intelligenza a scapito della fisicità.
mayoor