domenica 12 agosto 2012

Alberto Scarponi
da "parlari di parole.
ottanta ottave d’ottone"



Parlare terzo
Historia docet

6.
«Nel tempo dei gran tempi più grandiosi,
quand’eravamo belli forti e buoni,
senza disturbo di facinorosi
(che c’eravamo tolti dai coglioni),
noi esser potevamo anche ambiziosi
di funzionar da primi e da campioni
in tutto, nella storia, la memoria,
l’oratoria, la gloria, la vittoria.


7.
«Oh no, di qua non passa lo straniero,
lo fermerò col cor e pur magari
fidando nel sublime Santo Vero,
com’altri disse, bravo, or non è guari,
gridava forte col suo volto altero…
parlava dritto, senza intermediari,
gettando nell’agon l’anima bella,
la grande sua passion, l’alta favella.

Parlare quarto
πάντα ρέι

8.
«Ma… il mondo non cambiò! davanti, dietro!
di lato sopra e sotto!... tra le mani!
L’animo nostro ci divenne tetro:
non facevamo che aspettar domani.
Eravamo in sostanza sotto vetro,
apparenti eravamo, embrioni umani
stupidamente in cerca d’un dottore
che ci mettesse dentro un buon motore.

9.
«Così ancor oggi, pensando al futuro,
svapora al vento il desiderio nostro…
Ah, prima! quand’era certo e sicuro
che – fosse in un castello o dentro un chiostro,
nulla di questa razza era più puro.
E ciò sta scritto col più sacro inchiostro
nel testo palinsesto, come dico,
che si presenta molto molto antico».

Parlare quinto
De te fabula narratur

10.
Oggi? Ti guardi intorno e dici a tutti:
stronzi, pirati, ladri, masnadieri,
malfattori, furfanti, farabutti,
impostori, predoni, avventurieri.
Ma quando l’hai a parole ben distrutti,
con atroci aggettivi tutti veri,
t’accorgi che rimani tu da solo
a fare da ortolano con cetriolo.

11.
Grande è l’assurdo in questa plaga amena,
dove regna soltanto fino amore,
la mamma è buona, celeste, serena,
il padre è forte, bello, gran signore,
la bimba e il bimbo fanno un po’ di scena.
Oh landa, tal che qui nessuno muore!
Non c’è nel mondo paese come questo…
chi lo nega è soltanto un disonesto.

Parlare sesto
Consolatio philosophi

12.
Allora mi consolo con la donna
ma è solo corpo, e a me mi pare finto.
Così perfetta nella minigonna,
contro il cervello ha combattuto e vinto,
tanto che vanta d’esser la colonna
della vita, suo sarebbe l’istinto
della specie, e tale è la tracotanza
che la sua, pensa, è un’auto-gravidanza.

13.
Oh ke mitico figo paranoico,
ke te ne sbatti una cifra merdosa.
Oh ke valido grande logorroico,
ke tieni botta alla tizia verbosa.
Non la reggi, ma ti ci fikki stoico,
xché muta, dici, non è barbosa.
L’uomo e la donna sono fatti a cazzo,
sono una matta in lite con un pazzo.

14.
Infatti gran messaggi lei mi manda,
andando sculettante per la strada,
e non dubita che la mia domanda
verrà... Proprio così, il suo “” m’aggrada.
Benché io sappia che è solo propaganda,
un gioco, un cruciverba, una sciarada,
non rinuncio a una tale leccornia
in tempi di carenza e carestia...

15.
(Ma non mi piace mica questo fatto
che prima sei divino e poi scompari.
L’amore è bello solo se c’è il patto
che in tutta la faccenda siamo pari...
Se lei ci mette il trucco, me la batto.
Sì... le racconto di monti e di mari,
poi quando sorge il sole e si fa giorno
prendo il cappello e mi levo di torno.)

Parlare ottavo
beata solitudo

18.
Però che noia! Così mi sono dato
al piacere della scrittura chiusa,
per star con me, coi sogni, col peccato
solingo dell’amore con la musa,
e ho scelto il verso inciso e cesellato,
che adepto mi rende d’una yakusa
crudele, gaia, urtante e un po’ chimera,
che la cosa-discorso ha per bandiera.

19.
La cosa-discorso l’ordine mina,
è un atto sovversivo, rompe il gioco
al borghese e alla bella signorina,
al prete, al furbo, a chi fa il doppio gioco,
a chi mette la coscienza in vetrina
per dire che gli altri valgono poco,
e al ribelle che fa il disubbidiente
per usar come pubblico la gente.

20.
Ma intanto adesso dico il mio parlare
perché parlare è meglio che star zitto.
Certo, il silenzio è d’oro, quando rare
hai le idee e dalle cose sei sconfitto,
ma se le idee ci sono non negare
la loro natura, il loro diritto
di farsi avanti, presentarsi al mondo
e magari menare qualche affondo.


L'E-Book si legge interamente qui

‘La città e le stelle’ ha il piacere di inviare Parlari di parole di Alberto Scarponi. Il testo, pubblicato come ebook sul sito www.cittàelestelle.it, è liberamente leggibile e scaricabile in formato pdf.
Parlari di parole, è un excursus, una divertita ma puntuale passeggiata lungo i tempi che viviamo per dire della figura dell’intellettuale, armato solo di parole in un momento in cui esse sembrano svuotate di senso, mentre sempre più forte è il bisogno di ridar loro un peso, un rapporto con le cose e con le idee.
Scarponi si sofferma e ragiona sulla cosa-discorso che l’ordine mina, è essa che potrebbe contrastare la magniloquenza, forma di ipocrisia conservatrice, e l’assurdo, il negativo che, da ogni parte, circonda e assedia la vita che vuol vivere.
Parlare è necessario, e Scarponi lo fa usando forme chiuse che rendono fisico e immediato il suo discorso. Un gesto contrario all’isolamento: l’intellettuale, l’artista sta dentro la società, con gli occhi aperti per vedere e il cervello pronto per pensare e dire.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Da Rita Simonitto

Questa ‘commedia’ in ottave, quanto alla forma, potrebbe richiamarci ad una scrittura d’antan con pochi o nulli agganci con il tempo presente. In realtà la stessa forma (i dodecasillabi a rima alternata, *la scrittura chiusa*) si fa sostanza, una sostanza legata al presente di cui A.Scarponi parla, un presente costrittivo, dove anche la denuncia lascia il tempo che trova: *Ma quando l’hai a parole ben distrutti,/con atroci aggettivi tutti veri,/t’accorgi che rimani tu da solo/…*.
Non c’è il linguaggio aulico che ci si aspetterebbe come legittimo sposo a questa metrica, ma anche il linguaggio ‘bastardo’ trova qui una sua collocazione che ne contiene, senza tuttavia attutirla, la portata dissacratoria fine a se stessa: * Oh ke valido grande logorroico,/ke tieni botta alla tizia verbosa./Non la reggi, ma ti ci fikki stoico,/xché muta, dici, non è barbosa.*
E’ messa in risalto la parola, il gioco creativo della parola che, se denuncia gli inganni, non si fa ingannare dalla mera denuncia, come avvenne un tempo, *gettando nell’agon l’anima bella,/la grande sua passion, l’alta favella.*
Le puntualizzazioni critiche, i percorsi (o i parlari) che si snodano non sono presentati come una grancassa che fora i timpani, ma come un accompagnamento di ottoni, una ‘banda armonica’ che si presta sia all’andamento con brio che alla mesta riflessione.
Felice la raccomandazione della 20^ ottava: *perchè parlare è meglio che star zitto*.



Anonimo ha detto...

(e.c.)
endecasillabi e qualche dodecasillabo.
Il caldo mi ha fatto dare dei numeri in più. O dei numeri e basta! Pardon.
R.S.

giorgio linguaglossa ha detto...

il caldo forse ha dato alla testa al prof Scarponi