domenica 29 aprile 2012

Indarno da tempo
Nove poesie



"Sotto questo sibillino pseudonimo si nasconde  comunque una persona realmente esistente". Questa l'autopresentazione dettatami dall'autore dei testi qui pubblicati [E.A.]

King Kong

È perplesso, lo scimmione:
Alza il muso dal gabbione,
Vede il pubblico pistola,
Gli esce un grido dalla gola!

Che cos’è quella schifezza?
Le catene a un tratto spezza,
E la gente ora si aspetta
Che di lor farà polpetta!

Veramente non li tocca:
Fa da sé, la folla sciocca,
Calpestandosi con gusto
Nell’orribile trambusto,

martedì 24 aprile 2012

Letizia Lanza
Armonia di voci

Michele Mainoli   La nuvola  1956 – olio su tela cm 50 x 60

Arricchita dalle immagini di Michele Mainoli e dalla sobria quanto incisiva Prefazione di Roberto Carlo Delconte (oltre che da due brevi note critiche, rispettivamente di Bruno Galvani per il pittore, di Giorgio Bárberi Squarotti per il poeta), esce, su iniziativa del Comune di Castelnuovo Scrivia, l’interessante raccolta di Gianfranco Isetta (Quaderni della Biblioteca “P.A. Soldini” 20). Congruamente intitolata Dialoghi, tiene dietro a due fortunate sillogi pubblicate a stampa – Sono versi sparsi (Joker, Novi Ligure 2004) e Stat rosa (Puntoacapo, Novi Ligure 2008) – entrambe impreziosite da interventi del famoso italianista e poeta torinese, e al bel quaderno Caravaggesche,uscito in forma di ebook presso la rivista online “laRecherche”.

lunedì 23 aprile 2012

Czesław Miłosz
Canzone sulla fine del mondo


Il giorno della fine del mondo
L’ape gira sul fiore del nasturzio,
il pescatore ripara la rete luccicante.
Nel mare saltano allegri delfini,
Giovani passeri si appoggiano alle grondaie
E il serpente ha la pelle dorata che ci si aspetta.

Il giorno della fine del mondo
Le donne vanno per i campi sotto l’ombrello,
L’ubriaco si addormenta sul ciglio dell’aiuola,
I fruttivendoli gridano in strada
E la barca dalla vela gialla si accosta all’isola,
Il suono del violino si prolunga nell’aria
E disserra la notte stellata.

domenica 22 aprile 2012

DISCUSSIONE
Il vecchio e il giovane.
Cosa si muove
nella “critica militante"
della poesia italiana?




Pubblico questo “contrappunto” (punctus contra punctum, nota contro nota): brani tratti dal libro Dalla lirica al discorso poetico di Giorgio Linguaglossa e stralci di saggi del suo giovane e antagonista interlocutore, Ivan Pozzoni.* L’emarginazione della poesia, il venir meno della polis («la polis che non c'è», di cui abbiamo parlato qui, qui e qui), il tentativo di reagire al postmoderno con un «inventario accurato di esistenze frammentate», la “catalogazione dell’esistente”: questi i temi sfiorati. Problemi: cosa rivela questo rispondere frammento contro frammento al libro di Linguaglossa, che si vuole «Storia della poesia italiana (1945- 2010)» (ne ho parlato qui)? cosa dice del “presente dei giovani” questo stile comunicativo che a me pare sfuggire il dialogo e l'argomentazione distesa? e la tendenza di Pozzoni a nobilitare l’emarginazione della poesia contemporanea con il ricorso a riferimenti classico-mitici? Parliamone. [E.A.]



Caro Giorgio,

tu scrivi:

1] «Il tardo moderno consiste in questo: oggi il concetto di avanguardia, cioè di coloro che stanno in posizione avanzata e che “guardano avanti”, è intimamente connesso e, in una certa misura, dipendente dal concetto metastorico di Progresso […] Nell’epoca attuale sono in “posizione avanzata” i linguaggi dello spot e i linguaggi della comunicazione mediatica; oggi, una “posizione di punta” non può che svolgersi in una posizione di “apparente retroguardia» (Dalla lirica al discorso poetico, 281/282 con richiamo a Poiesis 13/1997).

venerdì 20 aprile 2012

SEGNALAZIONE
Presentazione a Roma
del n.8 di "Poliscritture"


Il 23 aprile alle 18.00
presso “Il polmone pulsante” al n. 21 della Salita del grillo
si presenta
il numero 8 del semestrale di ricerca e cultura critica
PoliScritture
Come dice il titolo, è una rivista di scritture plurali. Vi trovano ugualmente spazio riflessioni in forma di saggio breve, poesia, prosa, narrativa, critica o dialogo. Ma la ‘S’ in rosso evoca in sottofondo la polis, la città, fonte antica della politica e della democrazia. Si vuole così segnalare ai lettori l’intenzione di ristabilire in nuovi modi quella tensione costruttiva tra scritture e impegno civile che oggi sembra perduta

Pensare in molti criticamente

Sul tema “Revisioni e revisionismi”

interverranno con riflessioni e letture
Francesco Briscuso, Anna Cascella Luciani, Alessandro Cavallo, Fabio Ciriachi, Marcella Corsi, Luigi De Franco, Salvatore Dell’Aquila, Andrea Di Salvo, Giorgio Linguaglossa, Stefania Portaccio, Roberto Renna, Annamaria Robustelli

Sul sito www.poliscritture.it potete scaricare il PDF dei numeri precedenti



mercoledì 18 aprile 2012

Giorgio Tagliafierro
Tre poesie


SERENO

Su frangia di torre
Lambiva ancora tiepida luce arancio rosa
Tra spinte d’echi e stridii di voli
Ospiti padroni sottili
Un respiro veloce celato tra spighe alte
L’antico rifugio
Tardo e chiuso a cedere fermo al piccolo sonno
Bianchi labirinti specchiano in profili d’ombre
Rimbalzi di voci e sorrisi
Sghembi plagi d’infanzia dal muro vinto per breve
Rincorse e silenzi di stagno

Strappammo more dolore e salite più sorde
Tremore nei pollini nuovi
Scomposti nel cerchio che gira di giostra
E muove orizzonti di spalle
Cancelli ad arpa col giunco nel vento
Foglie di sole a campana
Alterne palmate nel corso del viale
Spinto d’affanni nell’aria più fonda


Ancora un giorno
Parole sentite nostre
Infermi testi ignorano vermigli
Pietre serene di storia
Con pause di malta e vele di ragno
Fili recisi da lacrima scesa
Che non ritorna.
  

lunedì 16 aprile 2012

SEGNALAZIONE
Marina Massenz
La ballata delle parole vane


Giovedì 19 aprile

alle ore 18

alla libreria Odradek

via principe Eugenio 28 Milano

si parlerà del libro di poesie di Marina Massenz

“La ballata delle parole vane”

edizioni L’Arcolaio

interverranno con l’autrice

Giulia Niccolai

Donato Salzarulo

Marina Massenz è nata nel 1955 a Milano, dove vive. Psicomotricista, si occupa di terapia e formazione. È autrice in questo ambito di tre libri e numerosi saggi. Ha pubblicato nel 1995 la sua prima raccolta poetica: Nomadi, viandanti, filanti, ed. Amadeus, Cittadella (Padova). Suoi versi e prose poetiche sono state pubblicate su: Accordi, Inverso, Qui-appunti dal presente, Il Monte analogo, Poliscritture, Le voci della luna, La poesia e lo spirito, X Quaderno da fare (di Biagio Cepollaro).



domenica 15 aprile 2012

Rita Simonitto e Giorgio Mannacio
Un tema, due mondi, due stili



 Rita Simonitto e Giorgio Mannacio hanno scovato tra le carte due loro poesie convergenti su un tema quasi classico: l'usignolo. Ne è uscito  per il momento questo duetto di versi che, seguito da una prima riflessione di Rita, sottopongo all'attenzione dei visitatori del blog, nella speranza che altri intervengano. Anche questo è un modo solo in apparenza occasionale e "privato" di interrogarsi sul senso della poesia   che facciamo. Giorgio per il momento aggiunge che il suo usignolo ha a che fare con la predica agli uccelli di San Francesco. [E.A.]

Rita Simonitto
La morte e l’usignolo

Difficile è morire quando l’usignolo canta
e a nota fa seguire nota con selvaggia
maestria strenuamente imbricando
il passato al futuro.

E la notturna selva risponde a quella sfida
offrendo il ventre ombroso a inarcata schiena:
così note diverse intrecceranno altre
analoghe illusioni di continuità del tempo.

Come è difficile sciogliere gli amplessi
che la speranza adombra di continuità:
ed è solo un inchiostro di china
che scarabocchio/segno spazi differenti unisce.
(18.12.2009) 

venerdì 13 aprile 2012

Dante Maffia
Quattordici poesie
da "Papaciòmme"



1. Quìll'i beseòtte

A pasteccerìe sèmpre chjne
addòre du café me revegliàvede,
u làtte no, a sc' cùma jànche
mplacchièt'e quìll'i bescòtte
ca sàpen'i gòve.
Tùtt'i matìn'a stèssa stòrie
mànge figlie
ca se renfòrzed' a memòrie.
Attùrne gènt' allègre
i vùcca bbòn' e nzalùte
grìded' allu bancòne nu babbà
e na guantìre mmesc' cchète.

QUEI BISCOTTI. La pasticceria sempre piena / l'odore del caffè mi risvegliava, / il latte no, la bianca schiuma / appiccicosa e quei biscotti / che sanno d'uova. / Ogni mattina la stessa storia / mangia figlio / ti si rinforza la memoria. / Intorno gente allegra / di buona bocca e in salute / grida al bancone un babà / e un vassoio assortito.
                   

martedì 10 aprile 2012

Rita Simonitto
Senso, religiosità, chiese e poesia.


Riflessioni sul post * IMoltinpoesia (2). La sporca religione dei poeti.Dialoghetti a puntate tra Samizdat e Poeta Invisibile” del 17 marzo 2012 

Quasi a voler chiudere frettolosamente il post del 17 marzo 2012, Ennio dice: “Sapevo che questo secondo dialoghetto sarebbe stato accolto con gelo o irritazione. Ringrazio comunque i pochi commenti finora ricevuti”.
Credo invece che sia il tema ad essere un po’ ostico in quanto si presta a discorsi troppo carichi emotivamente e ideologicamente per cui si passa con facilità dal registro dell’analisi a quello delle opinioni. Ma, pur riconoscendo questi limiti, potenziati anche da quel particolare mezzo di comunicazione che è il Blog, da qualche parte bisognerà pur incominciare.
Un ulteriore limite, di natura diversa e ben più importante, è anche costituito dagli strumenti interpretativi di cui oggi possiamo disporre: purtroppo non è possibile fermarsi ai soli “illuminismo e marxismo come solida base”, come farebbe intuire Samizdat, in quanto ogni strumento interpretativo muta (o dovrebbe mutare!!) conformemente alla realtà che esso interroga.

lunedì 9 aprile 2012

Giorgio Linguaglossa
Su "Fuori di sesto"
di Tiziano Salari



L’EPOCA DELLA STAGNAZIONE SPIRITUALE
Tiziano Salari Fuori di sesto Neos, Rivoli, 2012

Storicamente, l’immediatezza sensibile della lirica dell’epoca classica della filosofia tedesca fa sì che in essa l’oggetto sia immediatamente prensile, sia a disposizione del lettore in quanto riconosciuto. Nell’età classica della lirica («Agli dei di Hölderlin e al cielo stellato di Kant»), in Hölderlin e in Leopardi,  c’è ancora corrispondenza tra soggetto e oggetto, c’è una esperienza che richiede di essere tradotta in poesia, e la forma-poesia assume una configurazione riflessa e conclusa in se stessa tra un soggetto in posizione desiderante e un oggetto in stato desiderato.
Oggi, le cose della lirica nell’età post-lirica, stanno in modo ben diverso. L’epoca della stagnazione spirituale si preannuncia senza squilli di tromba o clangori di ottone: non c’è più una corrispondenza tra il soggetto e l’oggetto, non c’è più una esperienza significativa, non c’è più alcuna riconoscibilità tra il lettore e l’esperienza significativa descritta nella poesia. Il lettore è abbandonato a se stesso tamquam l’autore. In un poeta come Wallace Stevens questo processo è già molto visibile: la poesia si avvia a diventare quel clicchete clacchete di cui parlava il poeta statunitense, la poesia resta senza alcun destinatario. Così, anche nei suoi momenti di maggiore gaiezza, come nella poesia di Stevens, la poesia attecchisce al «lutto» di una perdita. Così è nella poesia di Salari, colpita anch’essa dalla melancholia del «lutto».

domenica 8 aprile 2012

Patrizia Villani
Sette poesie
da "Conversazioni necessarie"

E.Hopper, Morning sun

Incompiuti

Incompiuti moriamo
perché altri nascano calpestando resti

come noi abbiamo calpestato altri,
indifferenti nella cruda gioventù
che pretende vigore fisico e bellezza.

È la vita: s'impara tardi la compassione
quando le oscene infermità si fanno avanti.

È la vita: giudichiamo oggi errori del passato,
allestendo per domani nuovi processi
con mani certe, le nostre.

Incompiuti e soli moriamo,
un ultimo sguardo al panorama eterno

che ci conferma il destino dell' età
nella luce fragile della rivelazione:

è la vita, e noi di più non siamo.

Meeten Nasr
Emmaus


Rembrandt, Cena ad Emmaus

Cleopa pensa:
Via, via, lontani da Jerusalem,
città del peccato universale!
 Non posso non amare quel Maestro
che tutti amava e da tutti era riamato.
Lui dolce, lui vero!
Da lui la nostra vita eterna.

Il viandante dice:
Di Gesù Nazareno tutto ignoro.
Ma a te, Cleopa, e al tuo socio taciturno
mentre andiamo svelerò certe Scritture
che annunciavano l’avvento del Messia.

L’oste racconta:
Già il sole era al tramonto, rosso il cielo
come sangue, come vino in tre bicchieri
quando i viandanti sedettero alla mensa
apparecchiata sotto il portico, all’aperto.
Due erano a me ben noti, invece l’altro
aveva bionda  la barba, azzurri gli occhi e franco
il bel viso arrossato, quasi sfidato avesse il vento.
Portai loro tre piatti, un lume, un pane. E fu silenzio.
Ma quando il giovane afferrò il pane e lo spezzò
dicendo “questo è il mio corpo”
ambedue gli altri si levarono gridando:
“Rabbi! Rabbunì! Nostro Signore!”
E si fece gran luce, in quel portico e nel mondo.
                                                                                                                                       


venerdì 6 aprile 2012

Ennio Abate
Il poeta e la morte.
Omaggio a Armando Tagliavento.

Armando Tagliavento (1930-2012)
E' morto ieri pomeriggio all'Ospedale Sacco di Milano Armando Tagliavento, il "bidello-scrittore", di cui avevo pubblicato su questo blog alcune poesie e una mia riflessione del 2006 sulle sue scritture (qui e qui). Per ricordarlo ancora, pubblico  le poesie uscite sulla rivista Il Monte Analogo n.1 del 2003  e un inedito (credo...), che mi  consegnò negli ultimi anni durante alcune visite nel suo appartamento di Via Chiari 3 a Milano. [E.A.]

DISCUSSIONE
Ennio Abate
E' così facile lo sposalizio
di Poesia e Scienza? (2)

 

Questo post riprende la discussione sviluppatasi nei commenti di quello precedente dallo stesso titolo (qui). [E.A.]

 

SECONDA LETTERA A ROBERTO MAGGIANI.

 

Caro Roberto,

avviatosi il dialogo tra noi, mi permetto ora il tu. Per scrupolo intellettuale, per evitare di spostare l’attenzione sul mio punto di vista, per non sembrare uno che parla solo sulla base di un’intervista, trascurando il discorso più completo  da te svolto, ho  riletto  il  tuo saggio «Poesia e scienza: una relazione necessaria?» (CFR 2011). E aggiungo a quanto finora detto le seguenti considerazioni:

mercoledì 4 aprile 2012

Laboratorio Moltinpoesia
alla Libreria Linea d’ombra di Milano
del 2 aprile 2012
su "La morte e la fanciulla".
Resoconto di Giorgio Mannacio.


L'incontro si è aperto con una riflessione un po' estemporanea sul sostantivo Morte che in tedesco è di genere maschile e in italiano femminile. Il tedesco consente un senso quasi romantico  al titolo del lied La morte e la fanciulla, più impervio in italiano. Di seguito si è parlato, in termini generali, del rapporto morte/tempo e dell'atteggiamento dell'uomo rispetto all'evento morte. Giovanna ha dato alla propria riflessione un taglio " filosofico" con echi heideggheriani ( l'uomo che vive nel tempo ed è egli stesso tempo), direzione che comporta connessioni importanti con la memoria e, quindi, la letteratura. A questo punto ho suggerito agli amici il libro di Giorgio Agamben Il linguaggio e la morte ( Einaudi 1982 ), saggio molto suggestivo anche se - forse - un tantino " cerebrale ". Evelina ha insistito "stoicamente" - nell'affermata assenza di paura per la morte - sulla dignità della vita attiva e responsabile, (unico ) aspetto veramente da considerare. Sono seguite letture di poesie (dei presenti e di altri poeti ) rispetto alle quali vorrei rilevare - uscendo da una elencazione puramente notarile - la  presenza di una impostazione religiosa in una poesia di Maria Maddalena  ribadita anche dalla sua riproposizione di un testo di padre Davide Maria Turoldo. Le altre - e ciò mi sembra coerente con il riaffermato rilievo che noi sperimentiamo solo la morte degli altri e come effetto sulla nostra sensibilità - hanno, con accenti diversi " descritto" situazioni di perdita, abbandono, lontananza. Non è mancata una esorcizzazione in chiave satirico-grottesca (Braccini).  Grazia mi è parsa singolarmente drammatica (con tratti " ungarettiani " ); Luisa sempre coerente (l'immagine dei morti/farfalle è inusitata, ma non peregrina ) al suo accostarsi gentilmente alle cose; il recupero del dialetto in Ennio una riaffermazione di un radicamento "storico" difficilmente estirpabile. Ho confessato la mia impotenza - che mi ha portato a non leggere testi miei - nel trovare una soluzione esteticamente valida al tentativo di definire la morte nella sua struttura , indipendentemente da ciò che essa provoca in noi in termini di dolore. Un grazie di cuore per la partecipazione.

martedì 3 aprile 2012

Roberto Bugliani
Apertis verbis



un gran imbroglio, e sapevano i farabutti
guidar bene le danze, colla faccia allegra a dirci
come solerti i servi a far da sponda!
era la perdita da cui cavar profitto
quando il miraggio ci fotteva tutti senza
e ciechi ci rendeva e remissivi
ora che squilibri strutturali salgono a galla
enfi del disastro, ora che bagliori
e i latrati, quanti, dei mastini a guardia!
i vincoli esterni, che vuol dir catene
e vassallaggio e artigli nelle carni
in eleganti panni il canagliume, che lo schermo affolla
giannizzeri e scherani, sempre quelli
del guai non si esce, semmai è colpa nostra
bisogna farci tedeschi, e cinesi se non basta
se non violenza è questa, la è spaccar vetrine?
un trepestio nel vuoto, la voce roca di nebbia, non
il freddo calcolo per pietà né errore ha fine
non rimorso arresta il misfatto, finché c'è roba all'incanto
e sangue da cavare, per asimmetrico gioco e sporco  
in moneta straniera ha conio la menzogna

lunedì 2 aprile 2012

Gezim Hajdari
Poesie
con una Nota di G. Linguaglossa


da POESIE SCELTE (1990 – 2007) Besa, Nardò, 2008
     *
Quanto siamo poveri.
Io in Italia vivo alla giornata,
tu in patria non riesci a bere un caffé nero
.
La nostra colpa: amiamo,
la nostra condanna: vivere soli divisi 
dall'acqua buia.

Annamaria De Pietro
Quindici poesie


Prosopopea di Orfeo (*)


Da fiume a fiume lei fluì – Euridice –.
Da serpe a serpe discese e scendeva
– ed io a ponente scesi, e giù strisciai
e lacerai la veste contro il sasso
dello stipite in fumo, e la bagnai
contro un’acqua che al sasso discendeva,
e io non sapevo donde avesse passo.

domenica 1 aprile 2012

César Vallejo
Un uomo passa con il pane in spalla…


Un uomo passa con il pane in spalla.

Potrò scrivere dopo sul mio sosia?

Un altro si siede, si gratta, cava un pidocchio dall’ascella, lo schiaccia.

Con che ardire parlar di psicoanalisi?

Un altro mi è entrato nel petto con un palo nella mano.

Parlare poi di Socrate col medico?

Passa uno zoppo e dà il braccio ad un bimbo.

DISCUSSIONE
Ennio Abate
E' così facile lo sposalizio
di Poesia e Scienza?



Con interesse, ma sempre più scuotendo la testa, ho letto l'intervista (qui) di Paolo Polvani a Roberto Maggiani, poeta e curatore del sito La Recherche. Riallacciandomi in parte a quanto scritto nel dialoghetto n.2 tra Samizdat e il Poeta Invisibile (qui), pubblico questa lettera di commento critico, sollecitando una discussione a più voci. [E.A.] 

Gentile Roberto Maggiani,
guardo con favore ogni tentativo di scuotere i poeti dal sogno della poesia “pura”, autosufficiente, sacralizzata e per lo più evanescente. Ma - anticipo la mia opinione - ho trovato  il suo modo di impostare il problema del  rapporto tra poesia e scienza poco attento agli sviluppi storici di entrambe e rischioso per la piega “spiritualizzante” che vedo nel suo discorso.
Oggi abbiamo tanti modi di fare poesia (semplificando: tante poesie) e tanti modi di fare scienza (tante scienze). Questa  pluralità da un lato può essere un vantaggio (più voci mostrano spesso più di alcune, magari anche eccelse), ma dall’altro è un problema in più, confonde certi tracciati sicuri; ed è segno comunque di una crisi  che, come tutte le crisi, può avere esiti imprevedibili e persino disastrosi. (Nulla è scontato e gli esempi, passati e attuali, non mancano).
In passato poesia e scienza ebbero ciascuna una propria indiscussa e autorevole unità. Oggi non più. Si pone allora un problema: i molti produttori della enorme e caotica valanga di testi scritti o spesso anche  di  espressioni orali, che classifichiamo ancora col termine 'poesia', e i veri e propri eserciti di esperti in saperi formalizzati e specializzati (o iperspecializzati), che, al servizio di istituzioni (macro e micro) economiche e politiche e spesso soprattutto militari (aspetto, quest’ultimo, niente affatto trascurabile), fanno quella ‘ricerca’,  che ancora indichiamo col nome di 'scienza' (o 'scienze'), possono davvero incontrarsi,  ascoltarsi, dialogare? 
E, di conseguenza, si pone pure una serie di obiezioni angoscianti: ci sono, cioè, le condizioni minime (e indispensabili) per permettere un dialogo, un ‘rapporto’ tra poesia e scienza? E di che tipo? La convinzione (speranzosa) che, pur partendo da presupposti e strumentazioni diversi, poesia e scienza siano due modi di conoscenza che attingono allo stesso “reale”, o l’ipotesi che potrebbero attingervi, che fondamenta hanno?