venerdì 31 agosto 2012

Rita Simonitto
Tra-collo


Iniziamo con questo racconto   di Rita Simonitto un esperimento: apriamo  di tanto in tanto il blog Moltinpoesia anche a altri tipi di scritture non strettamente poetiche o riguardanti la poesia. [E.A]

“Buon giorno! So che mi aveva cercato.”
“Buon giorno. Sì. Ah, è lei” aveva risposto una voce fredda al di là della cornetta.“Senta, è da un po’ che tento di mettermi in contatto. Ma che cazzo sta succedendo! Non va mica bene, così, sa? Se ne renderà conto. Oppure… no! Non se ne rende conto......Ma dove….?”.
Lui ascoltava, senza proferire verbo, quelle parole che gli scivolavano nelle orecchie come un brusìo, e anche i suoi pensieri si erano ammutoliti. Tutti tranne uno che martellava fisso nella sua mente “E, adesso, che faccio?”.
Non ci sarebbe stato niente di altro da fare, lo sapeva bene, se non quello di mettersi finalmente ad ascoltare ciò che il suo capo gli stava dicendo dall’altra parte, che però percepiva come se venisse dall’altra parte del mondo. Ma non ne aveva né la voglia né la forza.
Così, di colpo, non potendo reggere più la situazione, mollò la voce che continuava a  parlare lungo quel filo penzolante, e, ottuso ormai, abbandonò il tutto e uscì dalla stanza.

mercoledì 29 agosto 2012

Flavio Villani
Il canto di Semmelweis



Le mani… Lavarsi le mani. Una fra le tante azioni fisiche che ogni giorno mettiamo in pratica quasi automaticamente. Il più delle volte ce ne dimentichiamo subito dopo. Irrilevante, si direbbe. Eppure…

Le mani costituiscono l’interfaccia fra noi e il mondo. Nel bene e nel male. Attraverso le mani facciamo esperienza. Di noi stessi, degli altri. Stringiamo amicizie, ci difendiamo e offendiamo. Acquisiamo e trasmettiamo “sostanze” invisibili. Milioni di germi colonizzano le nostre dita. Può sembrare cosa scontata, ma ancora oggi l’igiene delle mani è considerata momento fondamentale nella prevenzione delle infezioni, almeno, secondo l’OMS[1], [2]. Ma non possiamo considerare l’atto di lavarsi le mani dal solo punto di vista igienico: di cosa ci liberiamo con quell’atto? Da cosa prendiamo le distanze quando pronunciamo, magari stizziti, il fatidico “me ne lavo le mani”?
Una normale e per lo più lodevole azione/pulsione si può trasformare in compulsione rituale, sequenza motoria stereotipata, forse necessaria ad attenuare ansie altrimenti incoercibili[3], [4].

Emilia Banfi
Almeno il lume




Al mio paese si va al cimitero a trovare i morti
la madre e il padre quasi sempre insieme
le lapidi bianche e pulite sui muri con lumi accesi
tutte uguali chi non paga è senza luce.

Indarno da Tempo
Forza e coraggio



Il bambino vizioso
Che gioca a videopoker
Sorseggiando sfizioso
Qualche gas zuccherato

Appartiene al passato
Di un mondo illetterato
Refrattario alle tasse
E quasi non bastasse

Poco sportivo. Adesso
Diete ed allenamenti
Gli riempiranno i giorni

Forse un poco più tetri
Per diventar campione
Sui cinquecento metri.

(29 agosto 2012)

Nota. Questo sonetto non contiene alcun riferimento,  se non casuale, a vicende contemporanee. Esso si ispira alla storia di un tale che scopre che sua moglie e il suo socio fanno l’amore sul divano del suo ufficio. Che fare? Divorziare gli spiaceva, perché in fondo, distrazioni a parte, era tutto sommato una buona moglie. Il socio era fuori causa perché era lui che ci metteva i soldi. E allora? Vendette il divano. (I.d.T.)



martedì 28 agosto 2012

Francesca Diano
Dante Maffìa
o del participio presente



Nel leggere l’Opera di Maffìa, volendo avere una visione d’insieme e iniziando dal principio, si prova innanzitutto sgomento.  E però è uno sgomento felice, perché  ci si affonda immediatamente come in uno di quei piumoni soffici e rigonfi che a premerli con la mano le si gonfiano subito tutt’attorno in uno sbuffo e la mano non la vedi più. Poi però t’accorgi che quella morbidezza in realtà ha dell’inquietante, perché ricorda vagamente le sabbie mobili. Il fatto è che te ne risenti risucchiato e trattenuto.

Roberto Bugliani
Da "Versi scortesi" (inediti)


Nel circondario

Il capitalismo della crescita è morto. Il socialismo della crescita, che gli assomiglia come un fratello, ci riflette l’immagine deformata non già del nostro avvenire, bensì del nostro passato. Il marxismo, sebbene continui a essere insostituibile come strumento d’analisi, ha perso il suo valore profetico.
Lo sviluppo delle forze produttive, grazie al quale la classe operaia avrebbe dovuto spezzare le sue catene e instaurare la libertà universale, ha spossessato i lavoratori delle loro ultime parcelle di sovranità, radicalizzato la divisione tra lavoro manuale e intellettuale, distrutto le basi materiali di un potere dei produttori.
La crescita economica, che doveva assicurare l’abbondanza e il benessere a tutti, ha fatto crescere i bisogni più in fretta di quanto potesse soddisfarli, ed è sfociata in un insieme di impasses che non sono soltanto economiche: il capitalismo della crescita è in crisi non solo perché è capitalismo, ma anche perché è della crescita.
Michel Bosquet (André Gorz), Ecologia e libertà (1977).

l’atlante, quando l’impero
ridisegna a proprio profitto le mappe
il conus marmoreus, ma senza la curiosità
dei marines sulle spiagge del pacifico
le gazze, se zampettano intruse
sulla ciottolaia dell’alba incappucciata di rugiada
l’assordante silenzio, che accompagna
il fumigare denso e nero di macerie

mercoledì 22 agosto 2012

Ennio Abate
Appunti sul nodo
Franco Fortini/Milo De Angelis
su Poesia 2.0



Vorrei riprendere su questo nostro blog ( in più spirabil aere spero) la questione che Giorgio Linguglossa ha sollevato sul Poesia 2.0 (qui). Per approfondirla e diradare l’offuscamento ideologico abbondante tra i  commenti letti. Un certo  mio dissenso si rivolge anche a Giorgio, ma so di potermelo permettere. Del resto egli ed altri/e sanno che possono permetterselo con me. Vediamo se ci si intende di più …Mi scuso se negli appunti ci sono refusi e qualche incongruenza, ma ci tengo a pubblicarlo subito. [E.A.]

1.
Ha avuto coraggio Giorgio Linguaglossa a sollevare il nodo  in questione.
E specie in questo momento, in cui Milo De Angelis è presentato come “il più grande poeta vivente italiano” e a Fortini viene negato persino un Meridiano della sua poesia, concesso invece a molti altri.. (Cfr.qui)

2.
È un grande nodo generazionale ( tra un “padre del ‘68” e quei “Fratelli amorevoli” che ebbero prima a che fare col ’68, poi col il “ritorno al privato” e alla “parola innamorata”), politico e di storia della poesia, che andrebbe indagato al di là dell’aneddotica apologetica che vorrebbe Fortini mentore del giovane De Angelis e poi  maestro superato dall’allievo più giovane e geniale (quasi un ricalco del rapporto tra il giovane Nietzsche e il suo maestro filologo evocato da Fortini in uno scritto di Insistenze…). Ma sollevarlo oggi  in un post, presto invaso da fans più o meno agguerriti di De Angelis, è stato controproducente  e insoddisfacente - credo - per lo stesso proponente. Perché la  sua proposta critica  e ben presto stata affondata e deviata in una sterile diatriba tra fans di De Angelis (molti) e qualche obiettore.

domenica 19 agosto 2012

Rita Simonitto
Prosa, poesia ed altro...


Riprendo il commento di Rita Simonitto (da qui) con quattro sue poesie di accompagnamento e di provocazione alla discussione tra i membri della "scialuppa" dei moltinpoesia. Mi pare un modo di favorire il dialogo già intenso tra alcuni dei commentatori di questo blog. [E.A.]

*… di qualcosa si dovrà pur morire, prima o poi, ed è impensabile che si possa fare affidamento sul suicidio dei poeti*. Così dice Mayoor.
Mi ha fatto venire in mente un commento che, al liceo, ci fece il ns. Prof. di Filosofia, quando ci introdusse allo studio della stessa:
“la filosofia è quella disciplina con la quale e senza la quale, il mondo resta tale e quale”.  Lui sapeva bene che non era così (ce l’aveva più con i filosofi parolai che con la filosofia), ma per noi fu un duro colpo (o, almeno per me, lo fu) circa la messa  in moto di spinte idealizzanti sui cambiamento del mondo che, in realtà, ben poco avevano a che fare con lo studio della filosofia. E così è anche per la poesia: se d’un colpo sparissero i poeti, non sparirebbe certo la poesia e la funzione importante che essa ha nel metterci in contatto con il reale.

Lucio Mayoor Tosi
Stasera cucino io




Stasera cucino io. 

Orchestre di ziti africani
su carne umana in povertà tra fontanelle di diamanti
e iniziali d'oro massiccio per sandali posati 
su criniere di leoni acconciate da stilisti italiani
vaporizzate da liquidi anteguerra
ottenuti pazientemente da uve ex contadine.
E frullato di contratti ghiacciati per sempre
di gusto extraterrestre. Dopodiché non si muore più 
e che facciamo? Chi va a prendere lo yacht?
Chi si unisce per un safari in gondola nel deserto?

martedì 14 agosto 2012

Anonimo per prova
Dattilografica torre


questo chicchirichì
di gallo ch'io
distinguo/fioco/fra 
fruscii meccanici di
motori/e questo so-
gno /due fratelli in
cammino sul ciglio
di un burrone/uno che
procede spedito/ed
è subito in basso/al
sicuro,/l'altro inve-
ce barcollante/sul
viscido manto d'erba/
s'aggrappa ad un uli-
vo contorto o altro
albero storto/pian-
tato proprio là/sul-
l'estremo ciglio/
e guarda/l’abisso 
che  così facilmente
(pensa) quasi tutti
normalmente discendo-
no/ e guarda vicinis-
sime/ le sue mani in-
debolite mollare la
presa/ sono momenti
che potrei lasciar per-
dere/ o prendere ap-
pena sul serio/ spun-
ti per una poesia (che
ormai é cosa fatta!)/
e d'una particolare
presentazione gra-
fica/ d'uno scritto-
re impietrito sulla
sua olivetti studio
44/ che, voi lettori
avrete adocchiato già
prima di leggere/-
costruttore di questo
 muro di parole-mat-
toni/ grafica torre/
oh steimberg!/ che
 lo  rinchiuderà


domenica 12 agosto 2012

Alberto Scarponi
da "parlari di parole.
ottanta ottave d’ottone"



Parlare terzo
Historia docet

6.
«Nel tempo dei gran tempi più grandiosi,
quand’eravamo belli forti e buoni,
senza disturbo di facinorosi
(che c’eravamo tolti dai coglioni),
noi esser potevamo anche ambiziosi
di funzionar da primi e da campioni
in tutto, nella storia, la memoria,
l’oratoria, la gloria, la vittoria.

giovedì 9 agosto 2012

Anonimo per prova
Quattro poesie



Quando le case

Quando le case non furono che un nome
composto da due sillabe
e nessun altro significato…

Quando il desiderio di essere e due
e tre, mica centomila, strenuo si arrampicava
sui muri di stanze vuote….

Quando le giustificazioni soddisfacenti
erano quelle del ragno che tesse solo
perché così per lui è giusto…..

Quando atterriti riconoscemmo
che ogni passo del respiro non era che respiro
già più lento, come di fior del vento, colti….

mercoledì 8 agosto 2012

Lorenzo Pezzato
Altre osservazioni su
"Per una poesia esodante"
di Ennio Abate



Ho letto gli spunti di Ennio Abate Per una poesia esodante e i commenti agli stessi.
Devo dire che dal mio punto di vista la discussione si concentra in pochi argomenti.
« [….] oggi certe tematiche non ci dicono più nulla, sono diventate talmente di pubblico dominio che, come una massa monetaria, passano di mano in mano in modo irriflesso e subliminale. In modo simile, riempire una poesia di “oggetti” riconoscibili porta fatalmente quella poesia verso l'insignificanza, la noia, non risveglia più la nostra attenzione; davanti a certe poesie il nostro cervello dorme [….].La post-poesia (o poesia che esonda dai propri argini e si riversa all'esterno della forma-poesia) va alla ricerca di una nuova serie di “oggetti linguistici”. [….] si tratta di munirsi di un pensiero critico che sia critico verso una intera cultura che ha prodotto certi oggetti e altri ne ha invece interdetti. È che occorre essere coscienti che l'esaurimento di una certa cultura implica anche l'esaurimento, la fine della poesia che quella cultura ha prodotto [….] » – scrive Linguaglossa.
                    Dormire dinanzi alle poesie dei simbolisti russi non è scandaloso ma non credo si tratti della querelle des anciennes et des modernes.Non c’è alcuna querelle in materia, la tensione tra i due poli esiste in ogni vicenda ed esperienza umana e alla fine il nuovo vince sempre.Tornare ciclicamente alla questione è soporifero quanto i simbolisti russi.

mercoledì 1 agosto 2012

Rita Simonitto
Osservazioni su
"Per una poesia esodante"
di Ennio Abate



Pubblico queste dense riflessioni sul mio lungo scritto Per una poesia esodante. La poesia passata a contrappelo. Sulla ex-piccola borghesia o ceto medio in poesia, che si legge interamente qui nell'Appendice del post. [E.A.]

Caro Ennio,
sento molta gratitudine per il lavoro importante (e, direi, necessario) che hai portato avanti e che hai messo generosamente a disposizione di Moltinpoesia.
Mi sento però in difficoltà ad intervenire poiché non ho le competenze necessarie quindi esporrò un mio punto di vista a partire dalle sollecitazioni che il tuo testo mi ha sollevato (tenendo conto anche degli interventi di Francesca Diano relativamente all’illusorietà del “credere di poter fare a meno dell'enorme peso del passato, del gigantesco bagaglio culturale che ci portiamo dietro”, e poi - come questione di Metodo - “PRIMA si deve sapere, POI si può distruggere e ripartire nudi”; e pure di Emy quando sostiene l’importanza di credere nelle capacità di un passato che senza di esso nessun futuro avrebbe senso).