venerdì 1 febbraio 2013

Denis Towey,
Tardo pomeriggio.
Con traduzione e nota
di Paolo Pezzaglia.




Avete notato?  i giorni
stanno diventando più corti.
A sera la luce sembra stanca di trascinare
nell’erba lunghe ombre sempre più lentamente.

Avete notato? il cane dorme ancora di più
sulla soglia della dispensa. L’estate scorsa
gli uccelli canterini hanno lasciato il ramo
di fronte alla finestra della mia camera
e  non sono più tornati.


Ho disdetto l’edizione della sera del Cronicle
E tenuto solo quella del mattino.

Dall’armadio della soffitta ho tirato giù
la coperta vecchia, e di notte
infilato un paraspifferi sotto la porta.

Ieri sono partito per andare dal droghiere ma 
sono tornato indietro quando sono arrivato
all’azienda dei Pearson. Avevo
dimenticato perché ero uscito.

(Trad. Paolo Pezzaglia)

Late in the Afternoon

Have you noticed
the days are growing shorter?
their last lights seem tired as they drag
long shadows slowly across the grass.

Have you noticed the dog sleeps
longer at the pantry door? Last summer
the singing bird left the branch
outside the bedroom window and never returned.

I’ve cancelled the evening edition of the Chronicle
and kept the morning one.

From the cupboard in the attic
I’ve taken down the old quilt,
at night a draft creeps under the door.

Yesterday I started for the grocery store but
turned back Just as I reached the
Pearson farm. I had forgotten why I had set out.

(Denis Towey Bro. Augustine)
The poem comes from  “Poems from San Francisco” published in 2006 Typographeum


Nota di P.P.

UN AMICO AMERICANO: IL POETA E DRAMMATURGO DENIS TOWEY
Le occasione di viaggiare, di conoscere nuovi paesi  - soprattutto le persone che li abitano - possono contrastare e sostituire la antipatie che sorgono istintivamente nel nostro animo.
 Le umane esperienze che il viaggiatore attento e appassionato accumula nel suo cuore durante i viaggi possono  essere  la migliore medicina.  
Questo purtroppo non succede con  i viaggi turistici di gruppo. Non danno, pur sempre utili, gli stessi frutti positivi.
Io sono stato fortunato. Ne ebbi da studente la propensione e, anche se modesti, i mezzi.  Poi ho  viaggiato molto per lavoro. Non mi ha reso niente in termini economici e ho speso somme esorbitanti: ormai il ciclo positivo dell’economia italiana volgeva alla depressione.  Tutti lo stanno sperimentando. 
Ma dal punto di vista umano ho avuto la fortuna di conoscere persone memorabili un po’ in tutti i continenti. Anche negative ovviamente! 
Ma le esperienze confortanti sono rimaste per me preziose e fortunatamente indelebili. 
E’ una teoria come tante altre, ma posso affermare che rimanere sempre negli stessi posti faccia accumulare caratteristiche negative.   E’ per esempio accertato che  i nativi di certe vallate, o enclaves particolari,  accumulano varie tare.  Sia fisiche, sia spirituali. A mio parere, sempre malattie sono. Senza dover parlare per forza di  patrimonio genetico, termine che a me da l’orticaria.
Il mio modesto consiglio a chi può è “aria nuova!”,  e a quello che dice il profeta Steve Jobs Stay hungry aggiungo Be International!
Fossi rimasto alla terribile impressione, che ebbi a sei anni, dei mitragliamenti subiti da parte dei Mustang angloamericani… avrei odiato gli americani tutta la vita, come fa tuttora qualche mio amico. Invece poi quando, nell’ambito di vacanze di studio chiamate Experiment in International Living, stetti un’intera estate degli Stati Uniti, immerso nelle loro abitudini, feci tali buone esperienze che mutai il mio pensiero.  Fortunato? Forse sì.
 in particolare, come poeta, tra le rarissime occasioni in cui questo titolo (?) mi ha procurato un vantaggio, annovero il fatto che il capo del gruppo americano che ci ospitava nel Queens alla periferia di New York, e cioè Denis Towey , scelse me come suo ospite proprio perché anche lui era poeta.  
Anzi era anche drammaturgo, esordiente, a 24 anni, off Broadway.  Qualche giorno dopo essere arrivato presso la famiglia Towey (82, Lucille street 82, Hempstead N.Y.) ascoltai appunto a casa sua l’intervista alla radio che gli aveva fatto la NBC. Ero capitato bene!
 L’accoglienza sua e della famiglia, di origine irlandese,  e dei suoi amici (tutti teatranti!) fu unica e mi conquistò completamente. Poi tornato a casa fui preso dalla mia vita, scrivendoci sempre più di rado, per colpa mia, credo, e ci perdemmo di vista, rimanendo a lungo senza sentirci. 
Lui intanto era divenuto prete (anzi Brother della Congregazione di San Vincenzo), ma insieme professore di “Teatro” a New York e a Niagara, dove aveva fondato  il locale teatro che diresse fino alla sua morte avvenuta due mesi fa. Era del 37.  Aveva quindi solo un anno più di me. 
C’eravamo recentemente rincontrati, grazie ad internet,  e abbiamo avuto negli ultimi anni un intenso scambio di mail, scambiandoci anche dei nostri  libri. 
Denis ed io desideravamo incontrarci e, ancora qualche mese  prima di morire, mi aveva invitato ancora a visitarlo a New York. Ma io non potevo.
Da distante testimone posso solo dire solo quanto mi ha fatto sapere il comune amico Hugh Babinski che, da suo amico di sempre ed attore fin dalle prime recite a Broadway, lo ha poi seguito tutta la vita. 
Memorabili  - dicono i ritagli di giornale che Hugs mi ha spedito - la sua produzione del Re Lear, fatta in collaborazione con la Royal Shakespeare Company. Molto teatro seguì e anche la rappresentazione dei suoi drammi, tra i quali “Catch a fallen star”,  cui fui pure presente alla prima rappresentazione,  anche se la scarsa comprensione dell’inglese “teatrale” non mi aveva concesso di gustarne le qualità.  Seguirono “Vincent in Heaven”,  “Letters from Niagara”, “A Beggar’s Christmas”. 
Invece potei meglio e direttamente apprezzare le sue poesie, oggetto in America  di molte Lectures e anche pubblicate in CD,  per esempio “Waiting for Snow in Lewiston”  e  “The Poem You Asked For” .
 Ho appreso con un certo stupore, anche se già allora mi aveva confidato di essere un grande fan di Judy Garland, che aveva partecipato, ovviamente in primo piano,  alle messe in scena di importantissimi Music-Hal americani come “West Side Story”,  “Bye Bye Birdie”,  “Chicago”. “Kiss of The Spider Woman”.
Gli avevo tradotto recentemente una poesia in italiano avendola trovata congeniale alla gravescente aetate che ci accomunava, anche se lui ormai rimarrà settantacinquenne, mentre io dal prossimo luglio passo oltre, se Dio vuole.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie, mi ricorda il minimalismo per immagini di William Carlos Williams, anche se gli esiti mi sembrano meno felici. Versi non particolarmente incisivi, ogni strofa corrisponde ad un’immagine che mi sembra un po’ troppo isolata rispetto alla precedente e alla successiva strofa. Globalmente ho avuto l’impressione di un eccesso di frammentazione, ovvero di una successione di fotografie che non arrivano a creare un film. I due //Have you noticed/ iniziali penso avrebbero richiesto una chiusa che riconducesse a quella visione, anche se l’ultima strofa, con quel tragitto inutile, mi è piaciuta.

Mi permetto di aggiungere una mia versione della stessa poesia.


Vedete? i giorni s’accorciano
e alla sera
la luce stanca
le ombre
trascina lentamente fra l’erba alta.

Vedete? il cane troppo a lungo dorme
sulla soglia,
e l’estate scorsa l’usignolo lasciò
il ramo davanti alla finestra
della camera da letto,
e mai più è tornato.

Io ho mollato del Chronicle
l’edizione della sera
riservandomi quella del mattino
solamente.

In soffitta, dall’armadio ho tratto
la coperta vecchia,
che di notte
uno spiffero s’infiltra
sotto la porta.

Ieri m’incamminai
per il mercato
ma
raggiunta la fattoria dei Pearson
ho fatto marcia indietro:
avevo scordato il motivo
per andarci.

Ciao
Flavio

Anonimo ha detto...

Grazie Paolo per avermi fatto conoscere questo poeta! Grazie anche per averci trasmesso le tue esperienze da viaggiatore curioso e intelligente. Mandacene altre, fanno bene. Emy

Anonimo ha detto...

Non male questa poesia semplice, minimalista, “easy”, senza pretese con un finale fantastico. Quasi un miracolo! Dopo la dipartita Denis Towey, che non avremmo mai conosciuto, approda al Blog di Moltinpoesia, grazie a Paolo Pazzaglia che senza indugi e in modo un po' naif ci esorta con il suo "Stay International". Enzo

Anonimo ha detto...

se la poesia s'incammina verso la semplicità, nella sua intellegibilità (chiamala minimalista!) è buon segno. La chiarezza, l'immediatezza, la trasparenza non ha mai fatto
male. E Paolo ha fatto benissimo a proporre questo poeta.
Se ci fosse stato ancora il Laboratorio !!!!!!!!!!!!!!!
Chi si contenta.....Raffaele

Anonimo ha detto...

il minimalismo non ha sempre una valenza negativa !!! enzo

Flavio Villani ha detto...

Minimaliste sono le situazioni, non ciò che tali situazioni sono in grado di svelare.
Flavio

Anonimo ha detto...

Volevo attirate l'attenzione sulla chiarezza e sull'immediatezza della poesia, che latita in genere nelle composizioni,che aiuta anche chi traduce come in questo caso(p.s. la parentesi ha causato un depistaggio).
Raffaele