Giorgio Mannacio s’interroga
e c’interroga sul percorso compiuto dalla poesia: da epoche in cui un
canone - quello del potere dei pochi che sapevano scrivere - era convenzione normale e
indiscussa all’epoca odierna (postmoderna) caratterizzata dalla «babele dei canoni»,
perché «tutti sanno scrivere/scrivere è
facile». La sua tesi: la critica
potrebbe oggi puntare al ristabilimento di un canone (« un metro di valutazione
oligarchico») pur sapendo che esso sarà «smentito dalla realtà delle
esperienze plurime», a patto però di dimostrare che l’esperienza poetica stessa ha
un senso «nella vita delle persone e della società». Bella sfida... (E.A.)
I.
Sono sempre più sorpreso dalla “ rimozione “ , nel discorso
sulla poesia e sulla critica , della dimensione “ politica “ . Si intende: nel
senso della relazione con l’assetto concreto e storicamente ricostruibile con
una determinata organizzazione politico-sociale.
II.
L’esperienza poetica
è universale nel senso che essa è
concretamente riscontrabile in ogni
“ polis “ storicamente esistita ed esistente. All’interno di
essa tale tipo di esperienza ne costituisce uno degli aspetti costanti.Non valgono però per tutte queste comunità socio-politiche
gli stessi criteri di valutazione della qualità delle esperienze poetiche
proprie a ciascuna di esse.Nel corso delle vicende storiche proprie a ciascuna di esse
variano anche i criteri di valutazione
delle qualità di tale esperienza.Dei criteri di valutazione non può essere predicata la “
universalità “ né rispetto allo spazio né rispetto al tempo.