mercoledì 7 dicembre 2011
martedì 6 dicembre 2011
Qui c'era un post
di Erminia Passannanti,
Analisi della poesia
di Franco Fortini,
‘Neve e faine’
con un'appendice di Ennio Abate.
E' stato cancellato
per volontà dell'autrice.
Credo (ancora) nella critica dialogante. La pratico sia con avversari che con amici (Cfr. il "duello" con Salzarulo sul "piacere della lettura") nel Laboratorio MOLTINPOESIA, nella rivista POLISCRITTURE e su siti e blog che non la impediscono. Sulla questione dell'eredità di Fortini, riaffiorata nel post di Linguaglossa (qui), pensavo di potermi confrontare anche con una studiosa dell'opera di Fortini come la Passannanti; e avevo persino sollecitato altri amici a intervenire. Prendo atto che no, non è possibile. Proseguirò in modo autonomo la mia riflessione in un prossimo post. [E.A.]
Fiorella D'Errico
Poesie
da Lettere dal
ventre
*
Se non dormi, scrivi.
O prega: il corpo si piega nello stesso modo.
Ti alzi, lasci il letto – riprendi i nodi che trascini
normalmente al ventre.
Hai paura. Anche stanotte.
domenica 4 dicembre 2011
SEGNALAZIONE
Marina Massenz,
La ballata delle parole vane
Lunedì 5 dicembre, alle ore 21,
alla Libreria popolare di via Tadino 18,
a Milano,
Marina Massenz presenterà
la sua nuova raccolta poetica
(casa editrice L’Arcolaio)
Intervengono
Ennio Abate e Paolo Giovannetti.
Con garbo
Noi che siamo quelli che si amano
che sempre la sera si lavano i denti,
noi che rimbocchiamo il letto prima di
iniziare a litigare, serviamo
il garbo solo come antipasto. Poi io
parto con lo scoppio, esplodo nell’urlo,
“l’aguzzo nasino” ti fracasserei,
ti vorrei fare nero, pesto di pugni
per ridurti in poltiglia, azzerato,
assoluto finalmente il silenzio.
Prego, non c’è di che.
Donato Salzarulo
Il piacere è un fatto.
La lettura: un atto di libertà
REPLICA AD ENNIO ABATE
1. - «Si dovrebbe guardare allo scarto tra lettori forti, saltuari e non lettori…Esso è secondo me la spia di differenze sociali (o di classe) che poi ritroviamo in tutti i campi del sapere, della politica e dell’economia.» E’ più che probabile. Io, però, non saprei dire se quel 6,9 % di lettori forti appartenga automaticamente ai “capitalisti, ai leader di partiti e agli accademici”. La piatta empiria mi dice il contrario. Non so se gli appartenenti a Moltinpoesia che, stando alla definizione di lettore forte (colui o colei che legge più di 12 libri l’anno), sicuramente lo sono, debbano finire tutti nel mucchio dei “capitalisti, ecc.”. I lettori e le lettrici forti che conosco non li so a capo di aziende, di piccole o medie imprese, dediti al gioco in borsa o alla scalata di qualche banca, alla gestione di una gioielleria, di una macelleria, di un chiosco per la rivendita della frutta. Anzi, ne conosco diversi disoccupati, cassintegrati o disperatamente in cerca di lavoro.
giovedì 1 dicembre 2011
lunedì 28 novembre 2011
SEGNALAZIONE
Paolo Pezzaglia
Il mio circolo è di lettura
«Come sai anche per me la lettura è importante. Con il mio
gruppo a Monza abbiamo letto (o riletto) in ordine Il Castello di Kafka, Ulisse
di Joyce, Proust Chez-Swan, Gogol Le anime morte, il Riccardo III e Antonio e
Cleopatra di Shakespeare. Ora stiamo leggendo Tolstoi e andiamo avanti con
le nostre regolette con grande soddisfazione». Paolo Pezzaglia, amoroso cultore
dei miti, lo sguardo volto ad Oriente, contro il Lucifero (televisivo) propone
l’antidoto del circolo di lettura. E gli trova antecedenti antichissimi: i circoli che si formavano
spontaneamente, di notte vicino al fuoco nel mondo contadino. «I
circoli di lettura hanno un’incredibile forza magnetica, tutta da esplorare ed
utilizzare», dice. Non ci avevo pensato, ma
da sempre, quando ci riuniamo in
Palazzina Liberty, ci mettiamo in circolo per discutere. Magnetismo o spirito democratico? Nel circolo di
Pezzaglia si legge «bene, lentamente, a voce alta, senza esagerare;
un tono medio leggermente impostato, senza voler fare gli attori». Ma è meglio
lasciargli la parola…(E.A.)
Ho recentemente organizzato
un mio piccolo circolo di lettura.
Se dicessi che è stata
un’idea mia, originale, sarei un po’ troppo
egocentrico e, in realtà, è invece solo una vecchia storia: niente
invenzioni, né privative quindi.
Io sono sempre alla ricerca
di qualcosa che smuova la coscienza, la mia per prima.
L’amata preda è sempre lei, Sofia, la conoscenza, sorella della
coscienza…ma avendo la fatale tendenza ad assopirmi, ho ritrovato con gioia
questo vecchio arnese dimenticato, come nuovo! La lettura ad alta voce!
Potrebbe essere considerata
una strana vecchia mania, un po’ da stranotti, come dicevano una volta i
milanesi bene.
Giorgio Linguaglossa
Commento a un commento
di Erminia Passannanti
a "Neve e faine"
di Franco Fortini
"C’è in Fortini l’idea marxista propria del suo tempo secondo cui la poesia deve essere capace di esercitare un ruolo di guida e di educazione dialettica dei lettori di poesia verso i prodotti di poesia nella prospettiva escatologica della lotta di classe". E' possibile ancora oggi pensare alla poesia come la voleva Franco Fortini? E cioè non "aroma spirituale" (per le élites) né "vino dei servi" (per un ceto medio ubriacato dalla società dello spettacolo), ma strumento per "espandere le facoltà critiche dei lettori"? Questo il problema che pone il commento di Linguaglossa a "Neve e faine", un testo che respira ancora in un'epoca di grandi speranze storiche. [E.A.]
Scrive Franco Fortini ne L’ospite ingrato (1966): «La menzogna
corrente dei discorsi sulla poesia è nella omissione integrale o nella
assunzione integrale della sua figura di merce. Intorno ad una minuscola realtà
economica (la produzione e la vendita delle poesie) ruota un’industria molto
più vasta (il lavoro culturale). Dimenticarsene completamente o integrarla
completamente è una medesima operazione. Se il male è nella mercificazione
dell’uomo, la lotta contro quel male non si conduce a colpi di poesia ma con
“martelli reali” (Breton). Ma la poesia alludendo con la propria
presenza-struttura ad un ordine valore possibile-doveroso formula una delle sue
più preziose ipocrisie ossia la
consumazione immaginaria di una figura del possibile-doveroso. Una volta
accettata questa ipocrisia (ambiguità, duplicità) della poesia diventa tanto
più importante smascherare l’altra ipocrisia,
quella che in nome della duplicità organica di qualunque poesia considera
pressoché irrilevante l’ordine organizzativo delle istituzioni letterarie e, in
definitiva, l’ordine economico che le sostiene».
domenica 27 novembre 2011
Salzarulo - Abate
Sul "piacere della lettura":
libertà o ideologia?
Questo scambio di opinioni presuppone la lettura dei commenti al post di Donato Salzarulo Pomeriggio a Milano. La lettura spiegata a chi non legge (qui). Mi pare giusto continuare la discussione in un post autonomo per mettere meglio a fuoco un tema denso di implicazioni di vario tipo. (E.A.)
Donato Salzarulo
Grazie
a tutti per gli interventi e gli apprezzamenti. Il dibattito sviluppatosi è
molto interessante. Non riesco a rispondere a tutti, a meno che non mi metta a
scrivere un altro post di dieci pagine. Mi limiterò a toccare in questa replica
cinque punti:
1. - Quando si diventa “librodipendenti” o “bibliodipendenti” penso che si possa correttamente parlare di “vizio” o di “malattia”. Se c’è dipendenza vuol dire, infatti, che si è di fronte ad un’abitudine, ad un comportamento coatto. Di vizio non parla solo Ferrieri. Lo fa, ad esempio, anche Vittorio Sermonti che intitola una sua antologia personale di letture proprio «Il vizio di leggere» (Rizzoli, 2009).
Il bibliodipendente è un “lettore forte”. Non si accontenta di un libro l’anno, come i lettori censiti dall’Istat. Ne legge più di uno al mese.
Comunque, stando ai dati Istat del 2009, il 45,1 % degli italiani di età superiore ai 6 anni ha letto almeno un libro non scolastico l’anno (25 milioni e mezzo). La maggioranza della popolazione si tiene ben lontana da questa pratica.
La fascia dei lettori saltuari (da 1 a 11 libri l'anno) è consistente: quasi 22 milioni di persone sopra i sei anni d'età.
Chi legge più di 12 libri l'anno, infine, rappresenta solo il 6,9 % (3 milioni e 900 mila).
Siccome il 20% dei laureati non legge MAI un libro, devo dedurre che la “passione di leggere”, se non vogliamo definirla vizio, non si contrae necessariamente frequentando le aule scolastiche o universitarie. Come si contrae?...Le ragioni che possono scatenare l’infezione sono sicuramente molteplici. Ognuno/a ha la sua storia più o meno singolare. Io ho detto la mia, Ferrieri la sua. Voi come siete diventati lettori forti?...
1. - Quando si diventa “librodipendenti” o “bibliodipendenti” penso che si possa correttamente parlare di “vizio” o di “malattia”. Se c’è dipendenza vuol dire, infatti, che si è di fronte ad un’abitudine, ad un comportamento coatto. Di vizio non parla solo Ferrieri. Lo fa, ad esempio, anche Vittorio Sermonti che intitola una sua antologia personale di letture proprio «Il vizio di leggere» (Rizzoli, 2009).
Il bibliodipendente è un “lettore forte”. Non si accontenta di un libro l’anno, come i lettori censiti dall’Istat. Ne legge più di uno al mese.
Comunque, stando ai dati Istat del 2009, il 45,1 % degli italiani di età superiore ai 6 anni ha letto almeno un libro non scolastico l’anno (25 milioni e mezzo). La maggioranza della popolazione si tiene ben lontana da questa pratica.
La fascia dei lettori saltuari (da 1 a 11 libri l'anno) è consistente: quasi 22 milioni di persone sopra i sei anni d'età.
Chi legge più di 12 libri l'anno, infine, rappresenta solo il 6,9 % (3 milioni e 900 mila).
Siccome il 20% dei laureati non legge MAI un libro, devo dedurre che la “passione di leggere”, se non vogliamo definirla vizio, non si contrae necessariamente frequentando le aule scolastiche o universitarie. Come si contrae?...Le ragioni che possono scatenare l’infezione sono sicuramente molteplici. Ognuno/a ha la sua storia più o meno singolare. Io ho detto la mia, Ferrieri la sua. Voi come siete diventati lettori forti?...
sabato 26 novembre 2011
Giorgio Mannacio
Poesia e canone
Giorgio Mannacio s’interroga
e c’interroga sul percorso compiuto dalla poesia: da epoche in cui un
canone - quello del potere dei pochi che sapevano scrivere - era convenzione normale e
indiscussa all’epoca odierna (postmoderna) caratterizzata dalla «babele dei canoni»,
perché «tutti sanno scrivere/scrivere è
facile». La sua tesi: la critica
potrebbe oggi puntare al ristabilimento di un canone (« un metro di valutazione
oligarchico») pur sapendo che esso sarà «smentito dalla realtà delle
esperienze plurime», a patto però di dimostrare che l’esperienza poetica stessa ha
un senso «nella vita delle persone e della società». Bella sfida... (E.A.)
I.
Sono sempre più sorpreso dalla “ rimozione “ , nel discorso
sulla poesia e sulla critica , della dimensione “ politica “ . Si intende: nel
senso della relazione con l’assetto concreto e storicamente ricostruibile con
una determinata organizzazione politico-sociale.
II.
L’esperienza poetica
è universale nel senso che essa è
concretamente riscontrabile in ogni
“ polis “ storicamente esistita ed esistente. All’interno di
essa tale tipo di esperienza ne costituisce uno degli aspetti costanti.Non valgono però per tutte queste comunità socio-politiche
gli stessi criteri di valutazione della qualità delle esperienze poetiche
proprie a ciascuna di esse.Nel corso delle vicende storiche proprie a ciascuna di esse
variano anche i criteri di valutazione
delle qualità di tale esperienza.Dei criteri di valutazione non può essere predicata la “
universalità “ né rispetto allo spazio né rispetto al tempo.
Luigi Fabio Mastropietro
La poesia è morta viva la poesia
Il libro di Giorgio
Linguaglossa Dalla Lirica al discorso
poetico continua a ricevere commenti
e riflessioni. Questo intervento di Luigi Fabio Mastropietro presenta una prima parte di
denuncia risentita (e moraleggiante) del « MinCulPop di una letteratura e di
una poesia anodine e neutrali» gestito «dai poetarchi e dai loro porno
protettori governativi» e una seconda in cui ipotizza una visione salvifica e sacrificale del
compito dei poeti. (E.A.)
1
Questa ultima opera di Giorgio Linguaglossa – critico dalla sensibilità finissima quanto eversiva, impegnato da anni in una solitaria lotta contro la satrapia mediatica di poetarchi e poetastri che da decenni costringe in catene la poesia e la fa marcire – non è solo uno studio storico–critico sulla poesia italiana contemporanea che riannoda i fili di un epos letterario tanto ampio e articolato, per ricondurlo ad una omogenea cornice critico–ermeneutica e per colmare una lacuna storica ormai annosa. Questa storia della poesia è anche e soprattutto un’arma a disposizione del libero pensiero. Una delle poche armi oggi disponibili per pensare. Una cartina di tornasole che rivela il vuoto autoreferenziale che si cela dietro l’entertainment pseudominimalista dominante in poesia e in letteratura.
venerdì 25 novembre 2011
Donato Salzarulo
Pomeriggio a Milano.
La lettura spiegata a chi non legge.
Dalla videopoesia del post precedente a questa cronaca simpatetica da lettore classico, incallito, anzi "nevrotico consumista"confesso. Si parla della presentazione a Milano di un libro che di lettura e lettori tratta. Ferrieri - scrive Salzarulo - parla della lettura, accentuandone la dimensione del piacere. Lettura come «promessa di felicità». E aggiunge:...e definisce clinicamente il lettore un ammalato, una persona che ha contratto il vizio di leggere. Tra lettura e poesia il passo è breve o lungo? La videopoesia è un mezzo per sfuggire alla malattia del lettore o no? [E.A.]
1. - Non ricordo l'ultima volta che ho preso la metro. Mesi fa, sicuramente. Sono un habitué della periferia, un amante degli angoli colognesi. I miei percorsi quotidiani sono quasi sempre gli stessi: casa, edicola, ufficio, villa Casati, libreria Celes, piazza della Resistenza, piazza Castello, piazza XI Febbraio...Un consumo veloce, indaffarato e, a tratti, inavvertito dell'esistenza e dei giorni. Decido di riprendermi questo pomeriggio, il venerdì pomeriggio di questo 14 Ottobre, col sole e i primi freddi, un po' malinconico e luttuoso. L’estate è durata un altro mese (ancora ne indosso i panni), ma s’appresta celermente a morire.
Decido di riprendermelo perché l'occasione è buona. A Palazzo Sormani, nella Biblioteca civica milanese, verrà presentato l'ultimo libro di Ferrieri. Luca me lo regalò a fine maggio. Lo lessi con curiosità e attenzione partecipe. Ho ancora l'impressione di una scrittura mossa e intelligente, affinata e sapiente. L'argomento, paradossale sin dal titolo («La lettura spiegata a chi non legge»), è nelle mie corde. Mi gira in testa pure qualche pensiero. Meglio, però, ascoltare presentatori autorevoli, sentire i loro argomenti. Più facile e anche più rilassante. L’accidia non è un vizio capitale che detesto e ho proprio bisogno di distendere nervi e muscoli.
SEGNALAZIONE a cura di E.A.
Per farsi un'idea
della videopoesia
Un esempio tra i tanti:
Nazim Hikmet - L'uomo
Un assaggio:
La videopoesia, nota con vari nomi, come: poema video, poema filmico, videopoem opera, poetronica, cin(e)poetry, poesia video-visiva, a seconda delle tecniche usate, dell'intervento più o meno ampio di elaborazione, e anche in relazione alla lunghezza del lavoro filmico, è una categoria molto ampia in cui sono confluite tipologie molto diverse di opera d'arte.
Talvolta la videopoesia si avvale di notevole elaborazione digitale, assumendo i caratteri della computer poetry, interamente elaborata o del tutto generata da software, altrove è povera di effetti elettronici, avvicinandosi alla performance di poesia sonora o al reading registrati in video. In molti lavori di videopoesia sono evidenti i legami con la videoarte, tanto che la videopoesia può essere anche definita una videoarte contenente testo poetico variamente elaborato a livello visivo e acustico.
Lucio Mayoor Tosi
Cinetico e carnivoro
Cinetico e carnivoro.
Gommoso.
Gomma su acciaio. Principalmente giallo.
Nero. Non molto, ma dovunque.
Nero a togliere, separare. Nero non altro ancora.
Cambierà poi. Bisogna andarci piano.
Carnivoro il cappello e carnivore le scarpe.
Carnivoro e cinetico homo sapiens.
giovedì 24 novembre 2011
Nicoletta Saccon
Poesie
Ripeterò da ora in poi l'invito per tutti i post contenenti poesie.[E.A]
FINIS TERRAE
Dunque è questo, l’arrivo.
Questo odore di
chiuso, di polvere nei tappeti,
il silenzio sigillato dal giro di chiave
che si sfalda in echi sulle scale,
il tocco incerto sulle pareti
che frantuma la distanza:
e qualcosa di un giorno
impigliato per le stanze,
quasi dimenticato lungo
il viaggio
- i mille occhi smarriti dentro l’aria -.
Ennio Abate
I MOLTINPOESIA UNO PER UNO
Sul mio tavolo (e negli allegati di posta
elettronica) si accumulano le scritture - poesie, saggi, romanzi, testimonianze
- di amici e amiche o conoscenti, che - chi più, chi meno e senza
alcun spirito di corpo o tesseramento - ruotano attorno al
Laboratorio/Blog MOLTINPOESIA.
Di solito riesco a darci soltanto un’occhiata. A
volte riesco a leggere di più e persino a trovare il tempo per rifletterci e
scriverci qualcosa di meditato. Altre
volte metto sul blog qualche testo (spedisco un messaggio in bottiglia in
effetti), sperando che altri leggano,
commentino, si appassionino fino a decidersi di scrivere essi da
critici-lettori. Andando oltre i complimenti, che fanno piacere sì, ma restano segni di cortesia e poco più. Nessuno credo può essere critico-lettore sempre, sistematicamente; e non burocraticamente o
per compiacere. Ma di questa figura oggi più che mai abbiamo bisogno.
QUI C'ERA UNA VIDEO-POESIA
...e ora non c'è più per volontà dell'autrice. Le ragioni della cancellazione si possono arguire dai commenti che ho lasciato inalterati. Chi volesse vedere le video-poesia di Erminia Passannanti può cliccare il link da lei indicato: http://www.youtube.com/user/Erodiade2008?feature=mhee [E.A.]
- Erminia Passannanti ha detto...
- questa è una mia recente poesia: video-poesia...fatemi gentilmente
sapere come vi sentite, dopo di essa. se avrete freddo o caldo.
grazie per guardare questa video-poesia e mi scuso di averla postata.
martedì 22 novembre 2011
Segnalazione
Il blog di Larry Massino
su un poeta "invisibile"
Larry Massino, che è già stato nostro ospite su questo blog con un suo omaggio in occasione della morte di Giovanni Giudice (qui) cura un originale, estroso e dissacrante blog, "accademici-inaffidabili" (qui). E, pur fingendo di voler mantenere le distanze dalla poesia (o forse più dai poeti o da quanti si danno arie da poeti), un poeta sconosciuto ai più, e quindi pienamente arruolabile nel club degli "invisibili", di cui parla Linguaglossa, o - perché no - tra i "moltinpoesia" da scoprire e studiare, propone all'attenzione. Si chiama Altamante Logli e , scherzando scherzando, ne fa un ritratto vivacissimo, intessendolo nella storia politica di un'Italia popolare e vigorosa un po' scomparsa e un po' tradita già prima di scomparire. Un vero saggio, di quelli non pallosi come i miei, divertentissimo. Provate a leggere e a commentare, su questo nostro blog e/o sul suo. Insomma, temtiamo un gemellaggio culturale, paritario anche se occasionale, tra due blog. Tra l'altro un'attenzione a certe vene poetiche popolari, sempre più trascurate, avevo cercato di incoraggiarla pubblicando alcuni testi del mio amico Armando Tagliavento, il "bidello-scrittore" (qui), autore di poesie e di romanzi quasi tutti inediti, per i quali invano ho cercato qualche accademico che ne curasse l'editing e una qualche pubblicazione. Ah, quanto inaffidabili questi accademici! [E.A.]
lunedì 21 novembre 2011
Segnalazione
Presentazione a Roma
del libro di G. Linguaglossa
Edilazio
Letteraria
La casa editrice EdiLet è lieta di invitare la S.V.
alla presentazione del volume
DALLA LIRICA AL DISCORSO POETICO
Storia della poesia italiana (1945-2010)
di Giorgio Linguaglossa
Intervengono: Alberto Bevilacqua, Luciano Luisi, Roberto Bertoldo, Luigi Manzi, Luigi Fabio Mastropiero, Valentino Campo, Enrico Castelli Gattinara
Modera la serata: Luciano Luisi
Sarà presente l’autore
mercoledì 23 novembre 2011
ore 17
Salone Monumentale Biblioteca Casanatense
via di S. Ignazio, 52 - ROMA
domenica 20 novembre 2011
Alfredo Panetta
Dieci poesie
Una memoria contadina ispida, sconfitta,
agitata da immagini secche, appena
sgrossate ( fa pensare a quelle di Giotto), o dolenti o orgogliose («Riesco a
distinguere lontano dieci metri/ una pulce sul manto di una capra») o
vicinissime in modi animistici al mondo animale («Tra parentesi, amico
maiale, io lo so/ è assurdo pensarci disuguali»). Solo a volte si abbandona
alla melanconia dell’io elementare che ha perso il suo mondo. Questa la prima
impressione della poesia di Alfredo Panetta, che scopro adesso. Il dialetto
calabrese è il suo coerente reliquario.
(E.A.)
A FOLIA
A folìa chi ndavìa singatu
cu sputazza ‘i cinnari nto
margiu
‘a trovai accuppata cu xacchi
d’armacera e umbri d’alivari.
Mpisu nta nu gghjiommaru i cimentu
i jidita a curteju senza punta
cercu nu filu i cielu pe cusiri
i jorna chi mi mancanu du cuntu.
‘U ventu si ndi mpercica ‘nte timpi
na vuci russìja nto cannitu
jestimu tutti i craculi du tempu
prima u diventu axxeri ‘i
calijari.
sabato 19 novembre 2011
Emilia Banfi
La vita il poeta.
Con un commento
di Gabriel Pizarro.
Su segnalazione di Leonardo Terzo. L'immagine L'esserci, 2005 è sempre di Terzo.
Scriviamo
la nostra storia
come i sassi del fiume
al passaggio dell'acqua
fingono
la loro inutilità
Stiamo
qui immobili a farci
blandire muovere
da quella forza che
di noi vuole solo la resa
la fredda accoglienza
di quando la stella
si specchia nell'acqua
la sera.
giovedì 17 novembre 2011
Giorgio Mannacio
Ricerca interminabile
e da terminare
I.
Se l’attività poetica si manifesta e si conclude nella elaborazione di un testo di particolari qualità attraverso un lavoro continuo e pressochè sistematico, è impossibile che lo spirito costruttore non incontri sul proprio cammino spezzoni di altri versi ( concepiti in altro tempo e messi da parte dalla memoria ) o, ancor prima, brandelli di reminiscenze del più svariato contenuto. Ciò comporta, inevitabilmente , che nel progetto originario ( che è costituito da un obbiettivo finale da raggiungere attraverso l’uso di un determinato numero di parole disposte secondo un certo ordine ) si inseriscano stimoli diretti ad ottenere l’aggregazione alla prima fase di materiali non ancora strutturati o parzialmente strutturati.
Enzo Giarmoleo
Giotto, il denaro, l’usura.
Risale a qualche settimana fa la notizia della
scoperta del diavolo nascosto in una nuvola di Giotto, precisamente nella
ventesima scena della vita di San Francesco. Un esempio, forse il primo, di
manipolazione del cielo. Sicuramente un’anticipazione rispetto al cavaliere sulla
nuvola immortalato da Mantegna. Sfuggito per otto secoli all’occhio attento di
esperti, critici, fedeli, pellegrini, sacerdoti, questo diavolo inquietante mimetizzato
nel cielo, appare accanto al santo patrono d’Italia. Certo il diavolo può
essere onnipresente ma ora che la studiosa medievalista Chiara Frugoni l’ha
recentemente scovato in questa nuvola con le corna e il naso adunco, siamo
un po’ perplessi.
martedì 15 novembre 2011
SEGNALAZIONI
Abate, Bertoldo, Franzin,
Massenz, Mastrangelo,
Portaccio, Simonitto.
Segnalo l'uscita quasi in coincidenza di alcune raccolte poetiche di persone con cui sono in contatto. Spero che c'incontreremo in qualche posto per parlarne. [E.A.]
lunedì 14 novembre 2011
Erminia Passannanti
Sul senso e sul futuro:
la poesia contemporanea
Ed ecco il secondo [E.A.]
1.
Il fatto che la poesia sia diventata 'nota a troppi', diceva Leonard Woolf,
svilisce l'intellettuale 'alti-frons', e 'alti-frons-issimo' (A Caccia di
intellettuali, Ripostes, 1993). Infatti, quando un soggetto culturale si
declassa, per le alte sfere critiche, è sempre sintomo di un populismo che
raggiunge ed infetta il mondo delle arti. Il fatto che la poesia, in dati
periodi, venga praticata da 'più persone', invece che essere confinata ad una o
più elites culturali egemoniche, invece, può essere un sintomo (positivo) di
gravità dei tempi, gravità che induce, non per vanità o ambizione, il poeta in
erba, il potenziale poeta, i '+ poeti', i 'futuri grandi poeti', a tentare la
via espressiva della poesia per ricavarne consolazione, e/o l'illusione di uno
spazio per 'dire la propria' (idea, protesta, afflizione, etc).
Lucio Mayoor Tosi
La storia dell'arte che finì
Dopo l'incontro con Giorgio Linguaglossa si moltiplicano gli interventi sul destino della poesia. Pubblico questo primo di Mayoor, apparso sotto il post "Glossa a Linguaglossa" e poi cancellato. [E.A.]
Per
contribuire al dibattito scelgo di dire la mia nella forma di un
racconto, diciamo avveniristico. Un tema scolastico verosimilmente
scritto nel secolo che verrà.
Alla
fine del secolo XX due importanti forme dell'arte che avevano
accompagnato l'evoluzione dell'uomo e della società fin dall'antichità,
entrarono in crisi: pittura e poesia.
Le
ragioni della loro scomparsa sono da ricercarsi nella progressiva
perdita di interesse dovuta al proliferarsi di nuove forme espressive
più funzionali agli scopi della comunicazione delle istituzioni e dei
centri di potere che fino ad allora le avevano promosse e sostenute.
Fino
al secolo precedente ( l'800) queste arti avevano avuto il compito di
diffondere, con immagini e parole, le idee necessarie per trasmettere
significati utili alle nazioni per ogni loro istanza, per magnificare,
sedurre, far conoscere, appassionare o cercare consenso.
Con
l'avvento nel nuovo secolo le scoperte scientifiche e le conseguenti
nuove tecnologie generarono l'intensificarsi dei mercati e
l'affermazione su scala internazionale di ciò che veniva allora chiamato
moderno capitalismo.
venerdì 11 novembre 2011
Ennio Abate
Glossa a Linguaglossa
Note a «Dalla lirica
al discorso poetico. Storia della poesia italiana (1945-2010)»
Eravamo davvero in tanti ieri sera all’incontro con Giorgio
Linguaglossa arrivato da Roma. Per conoscerlo di persona. Alcuni avendo già
letto il suo ultimo libro. Altri per ascoltarlo e farsene un’idea. Linguaglossa
ha confermato di essere uno studioso militante (partigiano e controcorrente)
della poesia del Novecento. E di esserlo
in modi radicali, forse per alcuni persino irritanti. Suggerirei, però, di discutere la sua ricerca come
quella di uno di “noi” o vicino a “noi” , senza bloccarsi di fronte
alle asperità del suo linguaggio, alla
sua eterodossia e neppure a certi suoi
giudizi drastici o, secondo alcuni, “troppo distruttivi”.
Si tratta di ragionare e discutere - senza adesioni gregarie,
ma senza spocchia però! - la sua tesi (politico-estetica)
sulla poesia italiana del Novecento.
Linguaglossa sostiene che essa è stata dominata da un «paradigma moderato»
impostosi già con l’ermetismo e che si
perpetua tuttora nel «minimalismo
romano-milanese», vivacchiante stancamente di rendita (quella anceschiana della
Linea Lombarda).
Di un’«altra storia» possibile, da far emergere anche con
studi più mirati e approfonditi, egli vede tracce nel Montale prima di «Satura»,
nelle resistenze di isolati come Fortini, Ripellino, Flaiano; o di “periferici”
come De Palchi, Guidacci, Calogero, Merini; oppure nella rivolta, anch’essa poi
rientrata, della neoavanguardia.
Questa ricostruzione storico-teorica della poesia italiana
dal 1945 al 2010 delinea un processo di “spappolamento” della forma poesia. E in quella che parrebbe una
“democratizazione” della poesia (la «nebulosa poetante», di cui anche noi moltinpoesia siamo parte) egli vede un sintomo di epigonismo malaticcio e senza
sbocchi di “guarigione”.
Gli orfani della
«poesia lirica», avendo smarrito ogni nozione della forma-poesia,
restano impelagati in «discorsi poetici», giocherellando
con gli scampoli delle tradizioni poetiche forti o sprecandosi in un fai-da-te senza bussola.
Linguaglossa parla di noi tutti, dunque? Forse.
E poiché da tempo la critica o si è azzittita (almeno dagli
anni Settanta) o perlopiù, se torna a parlare, preferisce farlo dai pulpiti
accademici di sempre, lavorando sui “valori certi”, cioè soprattutto sui
poeti canonizzati - i “visibili” (grazie alla grande editoria ) - e spesso
solo per confermare gerarchie consolidate, aggiungendo magari alcune ultime (a
volte dubbie) perle, la ricerca di Linguaglossa, che si spinge anche con molti
azzardi in direzione di “un’altra storia” e tra le nebbie dove operano gli «invisibili», ci dovrebbe
stare a cuore. Linguaglossa può essere
uno dei pochi interlocutori validi con cui misurarci per sciogliere i nostri
dilemmi. Apriamo, dunque, una discussione su questo suo libro. Di seguito le note che ho utilizzato durante
l’incontro alla Palazzina Liberty del 10 novembre 2011 [E.A.]
venerdì 4 novembre 2011
SEGNALAZIONE
2° Incontro del Laboratorio Moltinpoesia
alla Palazzina Liberty
Giovedì 10 novembre 2011 ore 18,30
alla Palazzina Liberty, Piazza Marinai d’Italia, 1
Milano
il Laboratorio MOLTINPOESIA, FAREPOESIA, Milanocosa e Il Segnale
invitano a discutere
il
libro di Giorgio Linguaglossa
Dalla lirica al discorso poetico.
Storia della poesia italiana (1945-2010)
Roma, EdiLet, 2011
Sarà presente
l’autore
«Che cosa è successo nella poesia italiana degli ultimi 65 anni? La poesia che si è trasformata in discorso poetico, ha un futuro? È in grado la forma-poesia di accettare la sfida posta dai linguaggi della modernità?» (G. Linguaglossa)
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