Partendo da un punto alto di riflessione di
cui abbiamo perso memoria - quello
raggiunto agli inizi del Novecento dal poeta russo Osip Mandel’stam, convinto
assertore di un’idea mai mimetica della
poesia, per cui essa « non è parte della natura[…] tanto meno un suo
rispecchiamento», ma semmai la sua “recita” «con l'ausilio di quei mezzi detti
comunemente immagini», Giorgio Linguaglossa può mostrare la gracilità della poesia che si
va facendo, specie in Italia. Di certo, salendo sulle
spalle di un gigante come Mandel’stam, i poeti d’oggi appaiono anche più nani di quello
che sono e troppo severi parrebbero i giudizi sugli autori italiani scelti nell’«Almanacco
dello Specchio» 2010-2011. Eppure la questione che il critico romano pone non è trascurabile: se siamo
a dopo la lirica, il vuoto da essa lasciato può essere colmato da «una gigantesca massa prosastica grigia e informe»? L'impressione che nella produzione
odierna «si vada un po’ alla rinfusa, per tentativi al buio, per privatissimi
sperimentalismi» è difficile da smentire. Resta il fatto che, dichiarando un suo precisoparametro di giudizio, Linguaglossa assolve onestamente a un compito critico oggi fin troppo trascurato. [E.A.]
Almanacco
dello Specchio 2010-2011 a cura di Maurizio Cucchi e Antonio
Riccardi, Mondadori, Milano, 2011 pp. 260 € 16.00
In un famoso articolo sulla poesia di Dante Alighieri degli anni
Venti del Novecento il poeta russo Osip Mandel’stam parlava, a proposito della
poesia del suo tempo (ed è la prima volta, a mio avviso, che viene impiegata
questa terminologia), di «discorso poetico». A lui la parola:
«Il
discorso poetico è un processo incrociato e si genera da due risonanze la prima
delle quali, da noi udibile e percepibile, è la metamorfosi dei mezzi propri
del discorso poetico che emergono via via nel suo erompere; la seconda è il
discorso vero proprio, cioè il lavoro tonale e fonetico che risulta grazie a
quei mezzi.