domenica 1 aprile 2012

DISCUSSIONE
Ennio Abate
E' così facile lo sposalizio
di Poesia e Scienza?



Con interesse, ma sempre più scuotendo la testa, ho letto l'intervista (qui) di Paolo Polvani a Roberto Maggiani, poeta e curatore del sito La Recherche. Riallacciandomi in parte a quanto scritto nel dialoghetto n.2 tra Samizdat e il Poeta Invisibile (qui), pubblico questa lettera di commento critico, sollecitando una discussione a più voci. [E.A.] 

Gentile Roberto Maggiani,
guardo con favore ogni tentativo di scuotere i poeti dal sogno della poesia “pura”, autosufficiente, sacralizzata e per lo più evanescente. Ma - anticipo la mia opinione - ho trovato  il suo modo di impostare il problema del  rapporto tra poesia e scienza poco attento agli sviluppi storici di entrambe e rischioso per la piega “spiritualizzante” che vedo nel suo discorso.
Oggi abbiamo tanti modi di fare poesia (semplificando: tante poesie) e tanti modi di fare scienza (tante scienze). Questa  pluralità da un lato può essere un vantaggio (più voci mostrano spesso più di alcune, magari anche eccelse), ma dall’altro è un problema in più, confonde certi tracciati sicuri; ed è segno comunque di una crisi  che, come tutte le crisi, può avere esiti imprevedibili e persino disastrosi. (Nulla è scontato e gli esempi, passati e attuali, non mancano).
In passato poesia e scienza ebbero ciascuna una propria indiscussa e autorevole unità. Oggi non più. Si pone allora un problema: i molti produttori della enorme e caotica valanga di testi scritti o spesso anche  di  espressioni orali, che classifichiamo ancora col termine 'poesia', e i veri e propri eserciti di esperti in saperi formalizzati e specializzati (o iperspecializzati), che, al servizio di istituzioni (macro e micro) economiche e politiche e spesso soprattutto militari (aspetto, quest’ultimo, niente affatto trascurabile), fanno quella ‘ricerca’,  che ancora indichiamo col nome di 'scienza' (o 'scienze'), possono davvero incontrarsi,  ascoltarsi, dialogare? 
E, di conseguenza, si pone pure una serie di obiezioni angoscianti: ci sono, cioè, le condizioni minime (e indispensabili) per permettere un dialogo, un ‘rapporto’ tra poesia e scienza? E di che tipo? La convinzione (speranzosa) che, pur partendo da presupposti e strumentazioni diversi, poesia e scienza siano due modi di conoscenza che attingono allo stesso “reale”, o l’ipotesi che potrebbero attingervi, che fondamenta hanno?

venerdì 30 marzo 2012

Massimo Parizzi
Da Seamus Heaney
a Katherine Mansfield


Per continuare e approfondire anche sul blog i temi trattati nell'incontro del 27 marzo (2012) alla Palazzina Liberty di Milano sulle traduzioni di Marcella Corsi dai Poems di Katherine Mansfield pubblico l'intervento di Massimo Parizzi che va letto idealmente assieme a quello di Patrizia Villani (qui). [E.A.]  

Ho letto i racconti di Katherine Mansfield, e poi le sue poesie, oltre una ventina d’anni fa. Ora Ennio Abate e Marcella Corsi, invitandomi qui, mi hanno obbligato a rileggerla, e a leggere per la prima volta altre sue poesie e pagine di diario. E di questo, oltre che dell’invito, davvero li ringrazio. Ma, quando della Mansfield ancora non avevo letto nulla, dei versi di un altro poeta mi avevano messo su di lei, come dire, una pulce nell’orecchio. E, facendo i compiti, mi sono accorto che non mi uscivano di mente. Ho quindi deciso di proporvi uno sguardo su Katherine Mansfield attraverso quest’altra poesia. È di Seamus Heaney, mi piacque molto e provai a tradurla. Il suo titolo è Apprendistato. Ve la leggo.

giovedì 29 marzo 2012

SEGNALAZIONE
La morte e la fanciulla


Prossimo incontro del Laboratorio Moltinpoesia
 alla Libreria Linea d’ombra di Milano
 Lunedì 2 aprile 2012 ore 17,30
Letture e dialoghi sul tema
La morte e la fanciulla
ovvero I poeti e la morte

La fanciulla: 
Via, ah, sparisci!
Vattene, barbaro scheletro!
Io sono ancora giovane; va’, caro! 
E non mi toccare.
La morte: 
Dammi la tua mano, 
bella creatura delicata!
Sono un’amica, 
non vengo 
per punirti.
Su, coraggio! 
Non sono cattiva.
Dolcemente dormirai 
fra le mie braccia!
(traduzione di P. Soresina, Garzanti)
 L’incontro, curato da Ennio Abate e Giorgio Mannacio, è aperto a tutti.
I partecipanti potranno leggere testi propri o di altri.
Libreria Linea d’ombra
Via San Calocero 29 Milano
Telefono: 028321175 Fermata MM  Linea verde Sant’Agostino

mercoledì 28 marzo 2012

Patrizia Villani
L’arte della traduzione


Per continuare e approfondire anche sul blog i temi trattati nell'incontro del 27 marzo (2012) alla Palazzina Liberty di Milano sulle traduzioni di Marcella Corsi dai Poems di Katherine Mansfield pubblico l'intervento di Patrizia Villani. Seguirà in un prossimo post quello di Massimo Parizzi. [E.A.]   


1. Premessa


Prima di parlare del lavoro di Marcella Corsi sulle poesie di Katherine Mansfield è necessario fare una premessa sulle caratteristiche di quell’operazione sul testo che è la traduzione. Vorrei chiarire in primo luogo che considero la traduzione un’arte, e non una scienza, ma occuparsi di traduttologia aumenta il livello di consapevolezza del traduttore sulle caratteristiche e la quantità dei problemi da affrontare, e lo studio della teoria rende più chiaro il percorso che ci porta da un testo A nella lingua di partenza a un testo B nella lingua d’arrivo.
E allora incominciamo con una definizione: tradurre significa innanzitutto comprendere e interpretare un sistema di segni concretizzati in una lingua e in una data opera, ma significa anche interpretare le componenti extra-linguistiche, e cioè l’esperienza complessiva, la particolare visione del mondo che costituisce il substrato, l’humus della lingua e del testo.

lunedì 26 marzo 2012

SEGNALAZIONE



 Quintocortile


Viale  Bligny 42 - 20136  Milano - tel.338. 8007617

 in collaborazione con

Milanocosa e CFR Edizioni

Invita
mercoledì 28 marzo - h. 18
alle presentazioni e letture di
Immigratorio di Ennio Abate (CFR 2011)
Winterreise, la traversata occidentale di Manuel Cohen (CFR 2012) 
 Ne parleranno:
Adam Vaccaro, Ennio Abate, Manuel Cohen, Gianmario Lucini 
In esposizione:  
 MONOCOLORI, 'Insolita Mail-Art'
a cura di 
  Donatella Airoldi e Mavi Ferrando 
 Info:
Associazione Culturale Milanocosa - Adam Vaccaro - Tel. 347 7104584 begin_of_the_skype_highlighting            347 7104584      end_of_the_skype_highlighting, info@milanocosa.it 
Associazione Quintocortile -  Mavi Ferrando, Donatella Airoldi - Tel. 338 8007617 begin_of_the_skype_highlighting            338 8007617      end_of_the_skype_highlighting, quintocortile@tiscali.it 

domenica 25 marzo 2012

SEGNALAZIONE

Prossimo incontro
del
 Laboratorio Moltinpoesia
a cura di Ennio Abate



O valley of waving broom,
O lovely, lovely light,
O heart of the world, red-gold!

Oh valle ondulata di ginestre,
incantevole, incantevole luce,
cuore del mondo, oro rosso!

Le traduzioni di Marcella Corsi
dai POEMS
di Katherine Mansfield

Ne parlano Patrizia Villani e Massimo Parizzi

Martedì 27 marzo 2012 ore 18
Palazzina Liberty
Largo Marinai d’Italia, 1 - Milano

sabato 24 marzo 2012

Francesca Diano
Congedi.
Viatico in undici stazioni


Le Sorti, Francesco  Marcolini – Giuseppe Porta inc. Venezia 1540 
I
L’ESCLUSA

Andavo per strade coperte di polvere
L’orlo della mia gonna sfilacciato
Non si curava di fango o sterco
I piedi scalzi – segnati dal rifiuto persino della terra.
Signori o plebei – non facevo alcuna differenza
Nessuna presenza era presenza
Ed ogni assenza – assenza.
Mi dolevano le ossa – ero una casa diroccata
Disabitata persino da me stessa
Preda di predatori e depredata di me.
Ero povera – di quella povertà che non conosce
Nemmeno il nome di miseria
Perché al mondo non c’era creatura
Che mi guardasse se non come sgualdrina.

Giuseppina Broccoli
Destrudo


F. Bacon

Immedicabile,
inerte
come ramo di gelso
alla fugacità delle corolle.
Storpiata dalla mascella ferita
la parola si guasta,
si mutila in suoni labiali molesti,
dilata significati
di sgarbata privazione.
Il chiasso metropolitano
inquieta l’ inerzia,
disperde l’ultima resa di Clara
lungo un tratturo di collina.

mercoledì 21 marzo 2012

DISCUSSIONE
Ennio Abate
Sull’interpretazione
di una poesia di Wallace Stevens



Su Alfalibri supplemento al n.17 di alfabeta 2 ho letto la poesia di Stevens commentata da Guido Mazzoni. La ripropongo su questo blog, ma mi soffermo soprattutto sul commento. Per due motivi. Il primo: vi ho colto un cenno al discorso di Lukács che avevo  messo in bocca a Samizdat (qui): « Oggi il «volgo», dal punto di vista di Lukács, potrebbe essere il singolo imprigionato nella sua «individualità privata personale», con minime e falsate relazioni con gli altri e spesso solo di fronte alle «pure potenze astratte» che ci dominano. Pensa ai disoccupati, ai poveretti che se ne stanno chiusi in casa al computer a spedire curriculum a tutto spiano». Mazzoni, infatti, in modi simili scrive: «Lo stato di cose che rafforza la dipendenza oggettiva degli esseri particolari dai meccanismi alienati, incontrollabili dell’economia, della tecnica, della politica è lo stesso che spezza ogni legame fra gli individui». 
Il secondo: trovo inaccettabile la “rassegnazione all’americanizzazione”  o al «destino dell’uomo occidentale», di cui già parlò Romano Luperini in L’incontro e il caso (Laterza 2007) [Cfr. un mio commento qui]. Mazzoni correda la sua lettura di dotti richiami al nichilismo teorizzato da Nietzsche e alla freudiana «pulsione di morte», che sarebbero « componenti normalizzate della vita psichica collettiva», e di due frasette dai (per me) “novissimi qualunquisti” Carver e Houellebecq.  Nietzsche, Freud e i postmoderni: ecco  il contenuto della valigetta della generazione  accademica umanistica che oggi fa la spola tra Italia e USA e cura la formazione della massa studentesca precaria nelle nostre disfatte università; e tratta allo stesso modo - non è impertinente l'accostamento! - anche questioni politiche "locali" come quella della TAV (Cfr. qui) per non dire della "riforma del lavoro". 
Non vorrei implicare lo stesso Stevens in questa critica che rivolgo al commento di Mazzoni. E perciò  chiedo: sono gli occhiali postmoderni e disincantati di Mazzoni a produrre questa interpretazione del testo di Stevens, che invece potrebbe essere letto anche in altro modo? O è lo stesso testo qui esaminato che si presta e suggerisce solo tale interpretazione? Mi piacerebbe sentire la vostra opinione.  [E.A.].

martedì 20 marzo 2012

Roberto Bertoldo
La polis che non c'è (6)
Poesia civile della rivendicazione



Concludendo il discorso  su La polis che non c’è. Tre modi di interrogarsi in poesia sul venir meno della polis e della società civile pubblico gli appunti di lettura di R. Bertoldo su Il disgusto di Gianmario Lucini [E. A.] 

Gianmario Lucini, Il disgustoEdizioni CFR, Piateda (SO) 2011.

La parola poetica di Lucini ne Il disgusto viene lasciata libera, almeno questa è l’impressione di lettura, di adattarsi alla volubilità emotiva dell’autore. Ne viene fuori un’espressione variegata che contempla tanto il linguaggio lirico elitario, esito dell’ampia apprensione culturale e poetica di Lucini, quanto quello prosaico popolare, esito dell’umano civismo dell’autore. Forte della pregnanza poetica presente in genere nei poeti della sua generazione ma, rispetto a questi, capace di restare libero da influenze ideologiche, Lucini riesce a guardare le nostre colpe sociali dal di dentro. La poesia civile di Lucini è dunque poesia della rivendicazione, non tanto però nei riguardi dei poteri quanto, come il Foscolo disgustato, nei riguardi del popolo. Un popolo “di lacché” (p. 57), un popolo che non è un “popolo” (p. 58); così come i poeti sono senza civiltà (p. 40 e p. 41), sono “mercenari” (p. 44), portati solo a un canto utilitaristico (p. 53); insomma, un popolo che è “nemico”, ma un nemico con «mie sembianze» (p. 39).

Roberto Bertoldo
La polis che non c'è (5)
Poesia civile del resoconto

Concludendo il discorso  su La polis che non c’è. Tre modi di interrogarsi in poesia sul venir meno della polis e della società civile pubblico gli appunti di lettura di R. Bertoldo sulla mia raccolta Immigratorio [E. A.] 

 Su Ennio Abate, Immigratorio, Edizioni CFR, Piateda (SO) 2011

La scelta dell’intersezione di due generi come la prosa e la poesia per realizzare la pulsione narrativa originaria ha prodotto, in Immigratorio, un depotenziamento lirico interessante per le scelte stilistiche che lo veicolano. La sottile trama veristica presente a livello lessicale e epistemologico – pensiamo a Zichilibò, Babbasciò, ma anche al vecchio pittore Ans che consiglia a Vulisse di «lavorare dal vero» (p. 47), anche se poi Vulisse abbandona in parte il disegno «dal vero» (p. 48) – trova espressione sia nelle elencazioni ellittiche e nelle ripetizioni che l’autore usa a fini descrittivi non simbolici, sia nella struttura popolare, quasi da canzone, da cui l’uomo emerge in modo ecumenico.

sabato 17 marzo 2012

Ennio Abate
I moltinpoesia (2)


Dialoghetti a puntate tra Samizdat e il Poeta Invisibile
sul ‘noi’ che non c’è e alcuni modi  provvisori per edificarlo
Seconda puntata: la «sporca religione dei poeti»

Poeta invisibile - Dicevi di sentire puzza di sacrestia anche nella poesia d’oggi? Spiegami...

Samizdat - La religione ci stordisce da secoli coi suoi incensi. E in poesia  tuttora la fa da padrona. Faccio un esempio. Malgrado gli studi di Auerbach sul realismo di Dante, te lo presentano come il poeta mistico per eccellenza, il pellegrino cantore di Dio, tutto "trascendenza". Eppure scommetto che se vivesse oggi, quel suo realismo gli farebbe riscrivere la Commedia all’incontrario, dal paradiso all’inferno; e forse ancora più giù; e persino le sue solennissime terzine gli si sconnetterebbero dallo sdegno. Vabbè, nella cultura europea e occidentale alcune radici saranno pure lì, nella religione e nel cristianesimo. Ma tacere sui frutti tossici che hanno prodotto e producono, continuare a innaffiarle pur se diventate di plastica, mescolare religione e Vitelli d’oro capitalistici  è, per credenti e non, indecente.

Sabino Caronia
Valentino Campo
ovvero l’arte di scavare pozzi



«La migliore poesia degli anni Novanta parte da lì, dal punto in cui pratica come un foro nel terreno alla ricerca di un misterioso combustibile (“l’arte di scavare pozzi”, dirà Valentino Campo): l’interrogazione del fondamento che non c’è».
Queste parole di Giorgio Linguaglossa nel recente volume Dalla lirica al discorso poetico. Storia della poesia italiana 1945-2010 (Edilazio 2011) ben si prestano ad introdurre alcune nostre considerazioni sulla poesia di Valentino Campo.
E appunto al Nostro, come risulta dal componimento che apre la raccolta L’arte di scavare pozzi, La quarta guerra sannitica, non resta altro da fare che ripartire dalla «quarta guerra sannitica», e quel componimento di esordio vuole essere appunto una metafora dell’intellettuale contemporaneo: «Scrivo da una zattera di pietra. / Ho inciso ogni tronco con la testa / del giavellotto, / unto di sterco il mio volto. / Cosa ci faccio / in questa selva di vetro? / i romani dove sono? / non li vedo. / Non so la rotta / la mia e di questo scoglio, / non cerco indizi in alto, tra le foglie. / Affilo punte di selce / preparo il rancio, / passo in rassegna ombre / poi scavo, / ancora.».

SEGNALAZIONE
Roberto Maggiani
Nella frequenza del giallo


*

Stromatoliti

Ricordarsi tutto ciò ch’è andato perso –
a fatica ritrovarlo –
risalire le pendici del monte
dal quale cademmo
sul terreno della preistoria
pelosi e con il cranio piccolo
in un pianeta che ha dovuto evolversi
impervio
attraversato da cataclismi –
a fatica ricomporre la conoscenza.
Siamo gli ultimi trenta secondi
di una evoluzione di ventiquattro ore
e ringrazio per l’ossigeno i cianobatteri
delle stromatoliti11.

mercoledì 14 marzo 2012

Giorgio Linguaglossa
Ancora sulla poesia dell'essenzialità
di Tomas Tranströmer



Presi di sorpresa dell'assegnazione del Nobel a un poeta quasi sconosciuto in Italia avevamo accolto la notizia un po' scherzandoci su (qui). Linguaglossa  ci ripropone ora la sua figura e due  poesie [E.A.]

È fin troppo chiaro che con il Nobel per la poesia a Tomas Tranströmer, i membri dell’Accademia giudicante   esibirono un coraggio insolito, innanzitutto perché Tranströmer era un poeta isolato e non rientrava nel concerto dei poeti di rappresentanza o da vetrina mediatico-culturale oggi di moda in Europa. Di fatto, il massimo poeta svedese vivente è uno sconosciuto in Italia, dove gli editori maggiori non lo hanno mai considerato degno di pubblicazione, in quanto non rientrante nella ristretta cerchia dei poeti sostenuti dal mondo accademico. Del resto, anche il mondo accademico svedese ha faticato non poco per accorgersi della portata del poeta.

Emilia Banfi
Della guerra restano avanzi



Della guerra restano avanzi
di tutte le guerre come pasti
scaduti avvelenati dai comandi
dalle prese di potere che non rispondono
ai figli che stanno a guardare come forme
iniettate di sangue infetto nelle piccole vene
avanza lo stupore il malore il sempre come
chiodo nelle piccole mani -Come Gesù- dice la nonna
-Vieni qui non guardare non è per te questo morire-.
I fiori nascosti a marcire sulle grigie tombe seccano
al sole d’agosto al passante che guarda che non ha visto
il fondo dei fondi lo sguardo sospeso tra il monte e il mare.
Non capire non leggere il nome guarda solo la pietra
perché solo di questo si tratta.

Hans Jonas
L’isola della verità


Ci condussero in un boschetto di tigli in fiore
su un’isola al di là del mare abitata da uomini bianchi.
E ci dissero: «questa è l’isola della verità,
qualunque cosa toccate diventa verità. Ed essa è. Per sempre».

Fu così che toccai il prato verde. Ed esso divenne prato verde.
Poi toccai il cielo con un dito. Ed esso divenne cielo azzurro.

Lucianna Argentino
Poesie
dalla raccolta inedita
“L'ospite indocile”



Sta in quel di più – visione delle madri
lei che parla senza staccare la lingua dal dolore
e continuamente lo rifà presenza
di se stessa e di quel che
del suo motivo le avanza.

lunedì 12 marzo 2012

DISCUSSIONE
Una rivoluzione poetica
partita da Genova?


Nella mailing list dei  moltinpoesia è partita una piccola discussione tra favorevoli e contrari al   MANIFESTO DI GENOVA DELLA RIVOLUZIONE POETICA  firmato da Ferlinghetti - Jodorowsky -Bertoli - Pozzani - Costa - Giannoni - Ganz. Lo ricopio dal Web e e chiedo commenti o interventi. Invito anche quanti hanno già espresso opinioni in merito nella discussione interna ai moltinpoesia a riportarle qui sul blog, come meglio credono. [E.A.]

MANIFESTO DI GENOVA DELLA RIVOLUZIONE POETICA
  1. La poesia è prima di tutto un atto, vivere nel migliore dei modi e dei mondi possibili. Si sostanzia anche nello scrivere, certo, però solo dopo - dopo! - e solo come atto ed espressione del vivere. Altrimenti c'è solo arte, letteratura, poesia. Ridicolo.
  2. Noi vogliamo dare luogo e voce alle vere istanze di crescita ed emancipazione di questo tempo, non alle sue mode e modi.

domenica 11 marzo 2012

Flavio Villani
I sommersi



La memoria umana è uno strumento
meraviglioso ma fallace.”

P. Levi

 “…ricercavamo procedimenti utili
a intrattenere i fantasmi…”

A. Giuliani

 1.
Certi fatti accadono all’improvviso, a volte,

spesso nulla più di un tonfo
insignificante a prima vista
e
tanto distante da non sembrare vero.
Tu allora pensi a cadute d’altro genere,
per lo più innocue (un libro, un attaccapanni,
uno scaffale, che altro, in fin dei conti?)
ma poi delle urla non ti dai ragione,
e lo sai
che non può essere altrimenti.

Marina Pizzi
Cantico di stasi (2011-2012)



1.
in un ospizio di foglie
la pigrizia dell’angelo.
si secca la gioia di dio
pertugio di lacrime.
incline al giocondo arenile
balbetta d’eco la conchiglia.
in mano all’armonia dell’inguine
resta la giara senza l’olio santo
prosciugato dal resto del mondo.
mandami un calesse avrò già pianto
nel dilemma scortese del fango.
è tutta qui la resina del dubbio
quando la casa crolla tutta sicura
di stare in piedi. i duri fratelli
hanno lasciato la casa dopo il saccheggio.
in un tuono di vendetta la scaturigine
del sacco chiuso a bomba. intorno le vipere
spasimano gl’intrecci. l’ironia del vicolo
spadroneggia sugli amanti senza riparo.

SEGNALAZIONE
Marco Cetera
Come non detto

Per leggere il suo poema musivo ipertestuale clicca sotto:
Prove tecniche di es-autor-azione.
«Uno dopo l’altro, da Dostoevskij a Mike Bongiorno, da Heidegger all’Uomo Ragno, ho tradito tutti. Con inaudita violenza ho usato le loro parole contro la loro stessa volontà e le ho disposte secondo un nuovo ordine narrativo, il mio. Ho ricondotto le parole alla loro irriducibile singolarità di evento: esse non sono più la manifestazione di un significato originario più profondo, ma vengono pensate e adoperate semplicemente nella loro esoscheletrica presenza. Espressioni svuotate, rese monche, incrinate, modellate secondo le regole di un gioco che mira innanzitutto a svelare ciò che si cela dietro la loro significante apparenza: l’assenza dell’autore. Il significato, così smascherato ed esautorato, si irradia anarchicamente in tutte le direzioni. Esplode, senza più alcun bisogno di verità. Pronto ad essere usato a mio piacimento. In questo senso, Come non detto è la prova ontologica che decreta, in modo tangibile ed empirico, la morte dell’autore. Una morte violenta. Perché dietro il suo decesso (decostruzione & decomposizione) si cela un altro autore. Io, un assassino. Condannato all’eterno ritorno di un patricidio.»

venerdì 9 marzo 2012

Ennio Abate
Il poeta e la morte.
Omaggio a Elio Pagliarani


Muoiono i poeti. Come tutti gli altri. Gli amici più stretti esibiscono  aneddoti e ricordi di loro incontri con il defunto, si pubblica qualche loro poesia, si dicono le solite cose. Di Pagliarani ho riletto attentamente  questa sua poesia, che non conoscevo. E' intitolata Oggetti e argomenti per una disperazione (da Lezione di fisica del 1964) e si trova  su vari siti (l'ho ripresa da Le parole e le cose).  Me la sono letta attentamente e  ho aggiunto  un commento e, in appendice, un giudizio di Fortini su Pagliarani. E' il mio omaggio a un poeta visto in due occasioni a Milano ( a un funerale e a un reading), ma di cui mi piacque,  subito, alla prima lettura, La ragazza Carla, su cui vanamente, quando insegnavo, tentai di attirare l'attenzione dei miei studenti . [E.A.]



Oggetti e argomenti per una disperazione
ad Alfredo Giuliani

Che sappiamo noi oggi della morte
nostra, privata, poeta?
                                          Poeta è una parola che non uso
di solito, ma occorre questa volta perché
respinti tutti i tipi di preti a consolarci non è ai poeti che tocca dichiararsi
sulla nostra morte, ora, della morte illuminarci?

mercoledì 7 marzo 2012

Marcella Corsi
8 marzo in versi.
Antonia Pozzi (Milano 1912-1938)



Mi è stato chiesto di comporre un ricordo di Antonia Pozzi (quest’anno è il centenario della nascita)  attraverso la selezione di alcune sue poesie. Lo faccio volentieri.
La sua scrittura in versi – e la sua vita – attestano quanto per uno spirito libero in un corpo di donna fosse difficile tollerare le limitazioni culturali, storiche direi, a tale esigenza di piena espressione di sé in relazione con il mondo. Non mi sembra un caso che Antonia si sia uccisa, a 26 anni, dopo che le era stato impedito di vivere il suo primo grande amore, senza che alla sua produzione in versi fosse stato dato riconoscimento di pubblicazione, in una atmosfera socio-culturale resa invivibile dalle leggi razziali appena promulgate. Pur nelle inevitabili differenze storiche, l’attualità di questa “giovinezza che non trova scampo” mi sembra evidente.

MOLTINPOESIA
A più voci sull’incontro
con Amedeo Anelli di ‘Kamen’



Ieri 6 marzo 2012 si è svolto l'incontro del Laboratorio Moltinpoesia con Amedeo Anelli della rivista 'Kamen'. Ecco un rendiconto a più voci.  [E.A.]


Giorgio Linguaglossa
Su "La terra franata dei nomi"
di Gabriele Gabbia


Questo libro di esordio di Gabriele Gabbia si sostanzia in un atto di fede verso il«senso», nella convinzione che la poesia debba (pur in mezzo agli scossoni che la filosofia moderna ha inflitto alla significatività del senso), e possa sopravvivere alla mancanza di un senso complessivo della totalità. Gabbia invece ribadisce che un senso c’è, purtuttavia. Atto di fede che contempla un allontanamento dall’Origine per creare un universo di senso, un deragliamento, uno smottamento, una caccia verso la «traccia» di un senso che è scomparso, inghiottito dalle sabbie mobili dell’Origine sepolta.

lunedì 5 marzo 2012

Massimo Parizzi
Il traduttore, interprete interpretato




Caro Ennio, ho dato uno sguardo ai post sulla traduzione (qui). Mi ha colpito che i nodi principali dei discorsi siano esattamente gli stessi che avevo cercato di toccare quasi vent’anni fa, nel 1994, tenendo una sorta di lezione ed esercitazione sulla traduzione a quattro classi di quarta riunite dell’Itsos, Istituto tecnico statale a ordinamento speciale, di Milano. (Il che mi ha fatto leggere con ironia il titolo che hai dato alla discussione: “A che punto siamo oggi?”!) Quell’esperienza, isolata, mi era piaciuta: alcuni studenti mi erano sembrati molto interessati (mentre altri, seduti in fondo, dormivano) e, quando eravamo passati all’esercitazione, la traduzione di una poesia di Heaney, qualcuno si era quasi accapigliato su come tradurre questo o quest’altro. Pensa, degli studenti che si accapigliano su una poesia! Fantastico. Insomma, ho riletto il testo di quella lezione e te lo mando. [Massimo Parizzi]
  
Partiamo da una citazione, o meglio, dall’adattamento ai nostri scopi di una citazione. L’autore che voglio citare è André Corboz, uno studioso di urbanistica, architettura e arte (di cui ho tradotto un libro sul Canaletto) che, qui (nel saggio Dans l’entre-deux, in AA.VV., Hommage à Raymond Tschumi, Losanna, L’Age d’Homme, 1990), parla dei problemi della ricerca e dell’interpretazione sia nelle scienze cosiddette esatte sia in quelle (il suo campo) cosiddette umane: che cosa sia ricercare il significato del fatto che, se mollo la penna, cade, che cosa sia interpretare questa caduta; come che cosa sia ricercare il significato di un dipinto del Trecento, interpretarlo. Forse penserete che la prendo alla lontana, ma a me invece sembra di prenderla da vicino: un traduttore cerca i significati di parole, frasi, periodi, interpreta testi, e la parola interprete designa una categoria di traduttori. Sostituirò quindi a volte alle parole “ricerca”, “interpretazione”, “ricercatore”, “interprete” di Corboz le parole “traduzione” e “traduttore”.

sabato 3 marzo 2012

SEGNALAZIONE
Pasolini e le nuvole


Associazione "La Conta"


Storie e culture di genti del mondo


VI INVITA AL

 

LABORATORIO DI POESIA

DEL PONTE DELLE GABELLE

Serate di poesia, letture aperte e

presentazione di libri di poesia

 

LUNEDI’ 5 MARZO 2012 - ORE 21,00

 

SERATA DI POESIA

“PASOLINI E LE NUVOLE”

racconti, interviste, brevi filmati, letture ed altro ancora dedicate a PIERPAOLO PASOLINI

 

con la partecipazione di

 

Claudia Ambrosini,

Maria Dilucia,

Enzo Giarmoleo,

Tito Truglia

e altre/i poetesse/poeti

 

AL CAM PONTE DELLE GABELLE

via San Marco, 45 • Milano

venerdì 2 marzo 2012

SEGNALAZIONE
nei - Fotofonemi (eccipienti creativi)


ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI BRERA DIPARTIMENTO DI ARTI VISIVE
www.accademiadibrera.milano.it
Presso la sede del Biennio di Arti Visive e del CRAB
ex chiesa San Carpoforo,
Piazza Formentini 12 Milano
Aperto dal lunedì al venerdì 9,00/19,00
Sabato 9,00/12.00 (domenica chiuso)
MERCOLEDÌ 7 MARZO 2012 ORE 17,00
Presentazione:
nei - Fotofonemi (eccipienti creativi)
Ed.: Onyx Editrice
www.onyxeditrice.com
Stimmung/Roma
immagini di Giorgio Cutini
timografie di Gabriele Perretta
Paesaggi di Passaggio
fotofonemi di Giuliana Laportella
tradotti da Vito Riviello
Intervengono: Maurizio Guerri, Mariella De Santis, Sandro Scarrocchia, Alberto Mari
OPERE ESPOSTE DAL 1 AL 8 MARZO 2012

Donato Salzarulo
C'è una scala



Una decina d’anni fa (suppergiù), scrissi la poesia che segue. Ho l’impressione che il tema sia proprio quello del dialoghetto di Abate. Samizdat e il Poeta invisibile sono convinti o no dell’esistenza di una scala? Mi pare di no. Mi pare che riducano tutto ad un problema di occupazione di potere (delle redazioni dei giornali, dell’industria editoriale, della “visibilità”…). Il problema esiste, ma c’è poco da illudersi. Se Samizdat non fosse ridotto a riordinare macerie e il Poeta invisibile fosse assunto nella candida rosa dei Nobel, si abolirebbe la scala? Penso di no. Perciò la poesia s’interroga sulla natura di questa scala…
            Così vid' i' adunar la bella scola
di quel segnor de l'altissimo canto
che sovra li altri com' aquila vola.
Inferno, IV, 94-96
C’è una scala, si vede. La puoi liberamente disegnare.
            L’ultimo gradino non è mai l’ultimo. E’ avvolto nella nebbia.
            Tu sai e non sai fin dove ti puoi spingere.
            La scala c’è. Edificata nel tempo e nello spazio.
            Puoi osservare un gradino centimetro per centimetro e descriverlo.
            Puoi dargli un nome: il Vento del Presente.
            Parole-chiave, rime delle palpebre e delle labbra,
            giri di frasi, catene di significati, lime sentimentali.
            L’endoscopio puoi farlo risalire fino alla flessura epatica.
            Il paziente – chi? Io, tu, noi tutti – riferirà non il dolore
            ma la dolorabilità. E, quando l’avvisterà la telecamera,
            come Colombo, dirà: E’ lì, è lì il noto polipo plurilobato!
            Ricamato come foglia di quercia. E’ lì, a larga base d’impianto.

SEGNALAZIONE
Prossimo incontro
del Laboratorio Moltinpoesia


Laboratorio Moltinpoesia
a cura di Ennio Abate
 Martedì 6 marzo 2012 ore 18
Palazzina Liberty
Largo Marinai d’Italia, 1 - Milano

«Kamen' rivista di poesia e filosofia e le tradizioni dell'Europa».
Introduce Amedeo Anelli

«Kamen’ con gli anni è diventata così più che una rivista,  un progetto internazionale plurimo e un’ampia comunità di ricerca sulle tradizioni europee e non solo, avendo delle tradizioni un senso progressivo e guardando innanzi tutto a quelle a venire, ma con il sentimento che sia sempre possibile una protenzione inversa dal futuro al presente».