martedì 18 settembre 2012
sabato 15 settembre 2012
Per Roberto Roversi
Due suggestioni
Ascoltate!
Cavalchiamo cavalchiamo nel sangue
la paura del cielo che strappa manciate di stelle
oscura la voce un abbraccio di gelido fuoco poi silenzio
e silenzio
solitudine antica – la terra è nel vento di foglie strappate
una morte è in corso
le onde uguali si sciolgono gridando vendetta.
Forse è la morte annunciata del nostro pianeta?
la paura del cielo che strappa manciate di stelle
oscura la voce un abbraccio di gelido fuoco poi silenzio
e silenzio
solitudine antica – la terra è nel vento di foglie strappate
una morte è in corso
le onde uguali si sciolgono gridando vendetta.
Forse è la morte annunciata del nostro pianeta?
(Parte
terza, vv. 2548-2555).
giovedì 13 settembre 2012
Eugenio Grandinetti
Due poesie
Il Savuto
Si vedeva
dall'alto di Potame il mare
tremulo tra i castagni.Si tornava
con gli occhi pieni di stupori.Il mare
era un sogno lontano,una promessa
vaga,un'attesa inappagata :
la sola acqua possibile era il fiume
a un'ora di cammino,
attraversando il bosco,la pietraia
e la strada asfaltata.E sull'asfalto
c'erano le bisce appena nate,
sottili come diti,già stordite
dalla calura.E c'era
mercoledì 12 settembre 2012
Giorgio Mannacio
Salutari provocazioni d’estate
(Agamben, De Angelis,Fortini)
Salutari
provocazioni d’estate ( Agamben, De Angelis,Fortini )
Rifletto
sulle salutari provocazioni di Ennio Abate e che ho individuato nel titolo.
Nonostante
la diversità ( parziale ) dei loro oggetti finiscono per confluire nel grande
fiume delle considerazioni sull’attualità. Le provocazioni hanno curiosamente
una sorta di tratto comune apparentemente banale dal quale ritengo utile cominciare.
Inizio
da Agamben (qui), autore del quale ho letto diversi saggi e che ritengo dotato di
straordinario acume filosofico ( raccomando la lettura di Il linguaggio e la
morte, Einaudi 1982 ).C’era bisogno, mi chiedo,di avvertire i lettori ( quasi
intimidendoli ) che hanno a che fare con una delle dieci teste pensanti
esistenti nel mondo ?
Quale
mondo,poi?
martedì 11 settembre 2012
Giorgio Linguaglossa
La tematica esotica di Hafid Gafaïti
Hafid Gafaïti La tentazione del deserto La Vita Felice , Milano, 2012 trad. V. Surliuga
Questa
raccolta di Hafid Gafaïti è il terzo volume della trilogia meutres et fraternités / omicidi e
fratellanze, inaugurata nel 2006 con la
gorge tranchée du soleil / la gola
tagliata dal sole, seguita da le
retour des damnés / il ritorno dei dannati (2007).
Scrivevo di recente a proposito della
poesia di Tomaso Kemeny: «Ciò che, in Italia, originariamente, per i
mitomodernisti, era il rapporto ontologico tra «mito» e «storia» che
caratterizzava il tardo Moderno, oggi, nelle condizioni del Dopo il Moderno non è più la Sensucht nostalgica
quella che respira nei versi della poesia più evoluta ma una oggettività, un
voler essere e voler apparire oggettivi o super partes in mezzo alla barbarie dei rapporti produttivi
estranianti ed estraniati, talché il recentissimo è diventato, come apparenza e
fantasmagoria, lo stesso antico, e l’antico (opportunamente modernizzato) è
diventato il recentissimo (antichizzato), la merce segnaletica del cartellone
mediatico».
sabato 8 settembre 2012
Luca Ferrieri
Appunti su Fortini
e l’ecologia della lettura
«E’ sempre più difficile anche solo venire a conoscenza
dell’esistenza dei veri libri che ci interessano, è sempre più difficile
approvvigionarsi, scegliere, e infine separarsi dall’ondata di libri che ci
viene buttata addosso: a qualcuno come compito di lavoro, a tutti come un
caleidoscopio di assaggi e di avanzi, destinati a produrre una perenne lettura di Sisifo». Così scrive Luca
Ferrieri in questo interessante saggio, pubblicato sul sito di POLISCRITTURE
assieme agli altri interventi arrivati per il n.9 su Fortini che si possono
consultare qui. Lo ripropongo anche sul blog MOLTINPOESIA perché
contiene indirettamente spunti notevoli per procedere a una necessaria e auspicabile una “ecologia dei blog”. [E. A.]
Con questo intervento voglio raccogliere, anche se
in forma non ancora sufficientemente elaborata e sistematica, alcune
osservazioni sull’apporto che Franco Fortini ha dato al concetto e alla pratica
dell’ecologia della lettura e ai suoi
possibili sviluppi.
1. Nell’ultima
fase della sua vita, Fortini mostrò molto interesse al tema dell’ecologia della
lettura, sia dal punto di vista teorico che pratico. L’interesse nasceva
sicuramente da un’elaborazione precedente, riconducibile ai molti luoghi della
sua opera in cui si accenna alla necessità di un’ecologia della letteratura, della scrittura e della lettura,
che, anche se non sono temi sovrapponibili, sono sicuramente collegati[1]. Ma
si trattò anche di un’elaborazione profondamente legata al lavoro che Fortini
svolse nella scuola e poi nell’università, e a quello nei giornali e nei mezzi
di comunicazione di massa. Non a caso l’emergere della tematica è coeva
all’accentuazione che Fortini impresse negli anni Ottanta e nei primi Novanta
al lavoro politico nelle “redazioni”:
“Anni fa scrissi, enfaticamente, che il luogo del prossimo
scontro sarebbero state le redazioni. Quel momento è venuto, il luogo è questo.
Chi tiene famiglia, esca. Chi ha figli sappia che un giorno essi guarderanno
con rispetto o con odio alle sue scelte di oggi”.
mercoledì 5 settembre 2012
Roberto Bugliani
Greetings from the New World
E'
affollato più del solito quest’oggi il Nuovo Mondo
di
Erinni smandruppate, Cassandre ammutolite
Atteoni
rabberciati alla menopeggio
Andromede
zitelle, Tesei usa-e-getta
Menadi
zoppe, Eracli anoressici, Sisifi spiaggiati.
.
Ciò che
resta dei miti primigeni
marmaglia
priva di pathos
a cui
basta un profilo new age per rimettersi in gioco
custodi
di un Pantheon-trash
in
attesa dell’okkei che li sdogani
con il
loro corteggio di rituali cool
e
posture trend per l’home page.
Liquidato
il codazzo di centauri e ippogrifi
al
border control di Tijuana, si mettono in fila
per un
job di vigilante al Manhattan Mall
o di
sguattero in un fast food del Bronx
e la
postcard con l’alba mozzafiato sull’Hudson
Greetings from the New World
spediscono
all’Olimpo (Greece), ammesso che
il
postino si avventuri fin lassù
tra
templi diruti e giacigli di homeless.
Ennio Abate
Nove poesie
da "La polis che non c'è.
Straccetti, rodii, artigliate"
(raccolta inedita)
Tabea Nineo, In fuga, Lug. 2011
POESIA LUNGA DELLA CRISI LUNGHISSIMA
A Gianfranco La Grassa
che fare compagni/ di speranze
raggrinzite?/
nella città si preparano non
percepibili eventi/ dagli scantinati arrivano rumori di scalpelli/ e dopo pause
allarmanti/schianti/ pavimenti immagino in disordine/ calcinacci/ assenze di
mobilio/ e quanta industria culturale accolta in quei libri sparsi/ e negli
opuscoli redatti su realtà provvisorie/ che ci convinsero a metà/ a tre quarti/
di sbieco/ conservati poi per scrupolo/ quando ancora c’illudevamo di
sostituirli/ con dieci/ cento incontri/ spurgati dalle più equivoche passività/
lontani dal chiacchiericcio di via Vetere/ bandiera rossa/ sempre più
stinta/ e penzoloni/ sotto le piogge lugubri/di inverni conclusi/ nei quali andarsene
in giro ora/ traversando ancora la Milano guardata con sospetto e ira / in
centinaia di cortei/ e ritrovar1a più immobile per noi/ che ci fingiamo estranei/
di passaggio/ e abbiamo occhi mollicci che più non prendono/ se non il
chiacchiericcio testardo/ senza rigore/ dei pensionati/ e vorremmo ritelefonare/ ma non serve/ all’amico/ all’amica/ perduti di vista / ricontrollare distacchi/ inaridimenti/
sussulti di desideri affondati / inesplorate viltà/ sbrigative semplificazioni/
lunedì 3 settembre 2012
Navio Celese a Giorgio Linguaglossa
Lettera aperta su minimalismo
e conflitto d'interesse
Caro Giorgio Linguaglossa
sto seguendo su Poesia2.0 il dibattito
che si è alimentato con il tuo intervento sulla poesia di Milo De Angelis. Non
sono sorpreso della piega che va assumendo. E’ certo che uno dei punti
controversi e impliciti alla discussione riguarda il costume letterario.
Le posizioni nel blog si stanno appassionatamente orientando pro/contro Milo De
Angelis. La sua poesia c’entra poco. La cosa è più evidente ora che vengono
messi in campo nomi importanti della critica facendo ricorso a una sorta di
contundente principium auctoritatis. Prassi che non è estranea ai vari
aspetti della società contemporanea: da quello della politica e dello sport, a
quello della stampa e della cultura in generale. Pubblicare oggi non ha
connotati molto diversi dalla scalata al potere di qualsiasi tipo. Sullo sfondo
lo scambio solidale all’interno dell’establishment (per esempio, la circolarità
delle recensioni e dei premi letterari che creano fidelizzazioni oltre che
blasoni e credenziali). Perché il blog non
s’incarica di indagarne numericamente i circuiti per poi pubblicarne i
risultati? Tante recensioni io a te, tante a debito verso me; tanti premi a te
e tanti a me; qui in giuria io e là tu. Avrebbero più efficacia di qualsiasi
dibattito critico. Benché il costume sia oggetto proprio della
sociologia e non della critica.
domenica 2 settembre 2012
Giorgio Linguaglossa
Sette poesie
da "La belligeranza del tramonto"
Nostra Signora dei
morti
Perdona
nobis Nostra Signora dei morti
se
abbiamo bevuto il tuo sangue e mangiato la tua carne
seduti al banchetto nell'ultima cena.
seduti al banchetto nell'ultima cena.
Perdona
nobis se abbiamo negoziato col nemico nel Tempio
e convenuto con la meretrice nel talamo nuziale
e convenuto con la meretrice nel talamo nuziale
preparando
la guerra nel tempo della pace.
Ora
pro nobis Nostra Signora dei morti
se abbiamo seppellito i nostri cari
se abbiamo seppellito i nostri cari
e
dissotterrato l'ascia di guerra per i nemici.
Tutto è stato vano.
Tutto è stato vano.
Ti
scongiuriamo Nostra Signora dei morti
di umiliarci sotto il tuo mantello di neve
di umiliarci sotto il tuo mantello di neve
il
fratello col fratello, l'assassino col sicario.
Una falange macedone di morti.
Una falange macedone di morti.
Deponi
ora che siamo morti
il
possente elmo di pietra sopra la spiga di grano.
Misteriosa Atena, donaci la mano
Misteriosa Atena, donaci la mano
accompagnaci
nel luogo dove sono i molti.
venerdì 31 agosto 2012
Rita Simonitto
Tra-collo
Iniziamo con questo racconto di Rita Simonitto un esperimento: apriamo di tanto in tanto il blog Moltinpoesia anche a altri tipi di scritture non strettamente poetiche o riguardanti la poesia. [E.A]
“Buon giorno!
So che mi aveva cercato.”
“Buon giorno.
Sì. Ah, è lei” aveva risposto una voce fredda al di là della cornetta.“Senta, è
da un po’ che tento di mettermi in contatto. Ma che cazzo sta succedendo! Non
va mica bene, così, sa? Se ne renderà conto. Oppure… no! Non se ne rende conto......Ma
dove….?”.
Lui ascoltava,
senza proferire verbo, quelle parole che gli scivolavano nelle orecchie come un
brusìo, e anche i suoi pensieri si erano ammutoliti. Tutti tranne uno che
martellava fisso nella sua mente “E, adesso, che faccio?”.
Non ci sarebbe
stato niente di altro da fare, lo sapeva bene, se non quello di mettersi finalmente
ad ascoltare ciò che il suo capo gli stava dicendo dall’altra parte, che però
percepiva come se venisse dall’altra parte del mondo. Ma non ne aveva né la
voglia né la forza.
Così, di
colpo, non potendo reggere più la situazione, mollò la voce che continuava
a parlare lungo quel filo penzolante, e,
ottuso ormai, abbandonò il tutto e uscì dalla stanza.
mercoledì 29 agosto 2012
Flavio Villani
Il canto di Semmelweis
Le mani… Lavarsi
le mani. Una fra le tante azioni fisiche che ogni giorno mettiamo in pratica quasi
automaticamente. Il più delle volte ce ne dimentichiamo subito dopo. Irrilevante,
si direbbe. Eppure…
Le mani
costituiscono l’interfaccia fra noi e il mondo. Nel bene e nel male. Attraverso
le mani facciamo esperienza. Di noi stessi, degli altri. Stringiamo amicizie,
ci difendiamo e offendiamo. Acquisiamo e trasmettiamo “sostanze” invisibili. Milioni
di germi colonizzano le nostre dita. Può sembrare cosa scontata, ma ancora oggi
l’igiene delle mani è considerata momento fondamentale nella prevenzione delle
infezioni, almeno, secondo l’OMS[1],
[2].
Ma non possiamo considerare l’atto di lavarsi le mani dal solo punto di vista
igienico: di cosa ci liberiamo con quell’atto? Da cosa prendiamo le distanze
quando pronunciamo, magari stizziti, il fatidico “me ne lavo le mani”?
Emilia Banfi
Almeno il lume
Al mio paese si va al cimitero a trovare i morti
la madre e il padre quasi sempre insieme
le lapidi bianche e pulite sui muri con lumi accesi
tutte uguali chi non paga è senza luce.
la madre e il padre quasi sempre insieme
le lapidi bianche e pulite sui muri con lumi accesi
tutte uguali chi non paga è senza luce.
Indarno da Tempo
Forza e coraggio
Il bambino vizioso
Che gioca a videopoker
Sorseggiando sfizioso
Qualche gas zuccherato
Appartiene al passato
Di un mondo illetterato
Refrattario alle tasse
E quasi non bastasse
Poco sportivo. Adesso
Diete ed allenamenti
Gli riempiranno i giorni
Forse un poco più tetri
Per diventar campione
Sui cinquecento metri.
(29 agosto 2012)
Nota. Questo
sonetto non contiene alcun riferimento, se
non casuale, a vicende contemporanee. Esso si ispira alla storia di un tale che
scopre che sua moglie e il suo socio fanno l’amore sul divano del suo ufficio.
Che fare? Divorziare gli spiaceva, perché in fondo, distrazioni a parte, era
tutto sommato una buona moglie. Il socio era fuori causa perché era lui che ci
metteva i soldi. E allora? Vendette il divano. (I.d.T.)
martedì 28 agosto 2012
Francesca Diano
Dante Maffìa
o del participio presente
Nel leggere l’Opera di Maffìa, volendo avere una visione
d’insieme e iniziando dal principio, si prova innanzitutto sgomento. E
però è uno sgomento felice, perché ci si affonda immediatamente come in
uno di quei piumoni soffici e rigonfi che a premerli con la mano le si gonfiano
subito tutt’attorno in uno sbuffo e la mano non la vedi più. Poi però t’accorgi
che quella morbidezza in realtà ha dell’inquietante, perché ricorda vagamente
le sabbie mobili. Il fatto è che te ne risenti risucchiato e trattenuto.
Roberto Bugliani
Da "Versi scortesi" (inediti)
Nel circondario
Il capitalismo della crescita è
morto. Il socialismo della crescita, che gli assomiglia come un fratello, ci
riflette l’immagine deformata non già del nostro avvenire, bensì del nostro
passato. Il marxismo, sebbene continui a essere insostituibile come strumento
d’analisi, ha perso il suo valore profetico.
Lo sviluppo delle forze produttive,
grazie al quale la classe operaia avrebbe dovuto spezzare le sue catene e
instaurare la libertà universale, ha spossessato i lavoratori delle loro ultime
parcelle di sovranità, radicalizzato la divisione tra lavoro manuale e
intellettuale, distrutto le basi materiali di un potere dei produttori.
La crescita economica, che doveva
assicurare l’abbondanza e il benessere a tutti, ha fatto crescere i bisogni più
in fretta di quanto potesse soddisfarli, ed è sfociata in un insieme di
impasses che non sono soltanto economiche: il capitalismo della crescita è in
crisi non solo perché è capitalismo, ma anche perché è della crescita.
Michel Bosquet (André Gorz), Ecologia
e libertà (1977).
l’atlante,
quando l’impero
ridisegna
a proprio profitto le mappe
il
conus marmoreus, ma senza la curiosità
dei
marines sulle spiagge del pacifico
le
gazze, se zampettano intruse
sulla
ciottolaia dell’alba incappucciata di rugiada
l’assordante
silenzio, che accompagna
il
fumigare denso e nero di macerie
mercoledì 22 agosto 2012
Ennio Abate
Appunti sul nodo
Franco Fortini/Milo De Angelis
su Poesia 2.0
Vorrei riprendere su
questo nostro blog ( in più spirabil aere
spero) la questione che Giorgio Linguglossa ha sollevato sul Poesia 2.0 (qui). Per
approfondirla e diradare l’offuscamento ideologico abbondante tra i commenti
letti. Un certo mio dissenso si rivolge
anche a Giorgio, ma so di potermelo permettere. Del resto egli ed altri/e sanno
che possono permetterselo con me. Vediamo se ci si intende di più …Mi scuso se negli appunti ci sono refusi e qualche incongruenza, ma ci tengo a pubblicarlo subito. [E.A.]
1.
Ha
avuto coraggio Giorgio Linguaglossa a sollevare il nodo in questione.
E
specie in questo momento, in cui Milo De Angelis è presentato come “il più
grande poeta vivente italiano” e a Fortini viene negato persino un Meridiano
della sua poesia, concesso invece a molti altri.. (Cfr.qui)
2.
È
un grande nodo generazionale ( tra un “padre del ‘68” e quei “Fratelli
amorevoli” che ebbero prima a che fare col ’68, poi col il “ritorno al privato”
e alla “parola innamorata”), politico e di storia della poesia, che andrebbe
indagato al di là dell’aneddotica apologetica che vorrebbe Fortini mentore del
giovane De Angelis e poi maestro
superato dall’allievo più giovane e geniale (quasi un ricalco del rapporto tra
il giovane Nietzsche e il suo maestro filologo evocato da Fortini in uno
scritto di Insistenze…). Ma
sollevarlo oggi in un post, presto
invaso da fans più o meno agguerriti di De Angelis, è stato
controproducente e insoddisfacente -
credo - per lo stesso proponente. Perché la sua proposta critica e ben presto stata affondata e deviata in una
sterile diatriba tra fans di De Angelis (molti) e qualche obiettore.
domenica 19 agosto 2012
Rita Simonitto
Prosa, poesia ed altro...
Riprendo il commento di Rita Simonitto (da qui) con quattro sue poesie di accompagnamento e di provocazione alla discussione tra i membri della "scialuppa" dei moltinpoesia. Mi pare un modo di favorire il dialogo già intenso tra alcuni dei commentatori di questo blog. [E.A.]
*… di
qualcosa si dovrà pur morire, prima o poi, ed è impensabile che si possa fare
affidamento sul suicidio dei poeti*. Così dice Mayoor.
Mi ha fatto venire in mente un commento che, al liceo, ci fece il ns. Prof. di Filosofia, quando ci introdusse allo studio della stessa:
Mi ha fatto venire in mente un commento che, al liceo, ci fece il ns. Prof. di Filosofia, quando ci introdusse allo studio della stessa:
“la
filosofia è quella disciplina con la quale e senza la quale, il mondo resta
tale e quale”. Lui sapeva bene che non
era così (ce l’aveva più con i filosofi parolai che con la filosofia), ma per
noi fu un duro colpo (o, almeno per me, lo fu) circa la messa in moto di spinte idealizzanti sui
cambiamento del mondo che, in realtà, ben poco avevano a che fare con lo studio
della filosofia. E così è anche per la poesia: se d’un colpo sparissero i
poeti, non sparirebbe certo la poesia e la funzione importante che essa ha nel
metterci in contatto con il reale.
Lucio Mayoor Tosi
Stasera cucino io
Stasera cucino io.
Orchestre di ziti africani
su carne umana in povertà tra fontanelle di diamanti
e iniziali d'oro massiccio per sandali posati
su criniere di leoni acconciate da stilisti italiani
vaporizzate da liquidi anteguerra
ottenuti pazientemente da uve ex contadine.
E frullato di contratti ghiacciati per sempre
di gusto extraterrestre. Dopodiché non si muore più
e che facciamo? Chi va a prendere lo yacht?
Chi si unisce per un safari in gondola nel deserto?
martedì 14 agosto 2012
Anonimo per prova
Dattilografica torre
questo chicchirichì
di gallo ch'io
distinguo/fioco/fra
fruscii meccanici di
motori/e questo so-
gno /due fratelli in
cammino sul ciglio
di un burrone/uno che
procede spedito/ed
è subito in basso/al
sicuro,/l'altro inve-
ce barcollante/sul
viscido manto d'erba/
s'aggrappa ad un uli-
vo contorto o altro
albero storto/pian-
tato proprio là/sul-
l'estremo ciglio/
e guarda/l’abisso
che così facilmente
(pensa) quasi tutti
normalmente discendo-
no/ e guarda vicinis-
sime/ le sue mani in-
debolite mollare la
presa/ sono momenti
che potrei lasciar per-
dere/ o prendere ap-
pena sul serio/ spun-
ti per una poesia (che
ormai é cosa fatta!)/
e d'una particolare
presentazione gra-
fica/ d'uno scritto-
re impietrito sulla
sua olivetti studio
44/ che, voi lettori
avrete adocchiato già
prima di leggere/-
costruttore di questo
muro di parole-mat-
toni/ grafica torre/
oh steimberg!/ che
lo
rinchiuderàdomenica 12 agosto 2012
Alberto Scarponi
da "parlari di parole.
ottanta ottave d’ottone"
Parlare terzo
Historia docet
6.
«Nel tempo dei gran tempi più grandiosi,
quand’eravamo belli forti e buoni,
senza disturbo di facinorosi
(che c’eravamo tolti dai coglioni),
noi esser potevamo anche ambiziosi
di funzionar da primi e da campioni
in tutto, nella storia, la memoria,
l’oratoria, la gloria, la vittoria.
giovedì 9 agosto 2012
Anonimo per prova
Quattro poesie
Quando le case
Quando le case non furono che un nome
composto da due sillabe
e nessun altro significato…
Quando il desiderio di essere e due
e tre, mica centomila, strenuo si arrampicava
sui muri di stanze vuote….
Quando le giustificazioni soddisfacenti
erano quelle del ragno che tesse solo
perché così per lui è giusto…..
Quando atterriti riconoscemmo
che ogni passo del respiro non era che respiro
già più lento, come di fior del vento, colti….
mercoledì 8 agosto 2012
Lorenzo Pezzato
Altre osservazioni su
"Per una poesia esodante"
di Ennio Abate
Ho letto gli spunti di Ennio Abate Per una poesia esodante e i commenti
agli stessi.
Devo dire che dal mio punto di vista
la discussione si concentra in pochi argomenti.
«
[….] oggi certe
tematiche non ci dicono più nulla, sono diventate talmente di pubblico dominio
che, come una massa monetaria, passano di mano in mano in modo irriflesso e
subliminale. In modo simile, riempire una poesia di “oggetti” riconoscibili
porta fatalmente quella poesia verso l'insignificanza, la noia, non risveglia
più la nostra attenzione; davanti a certe poesie il nostro cervello dorme [….].
La post-poesia (o poesia che esonda
dai propri argini e si riversa all'esterno della forma-poesia) va alla ricerca
di una nuova serie di “oggetti linguistici”. [….] si tratta di munirsi di un
pensiero critico che sia critico verso una intera cultura che ha prodotto certi
oggetti e altri ne ha invece interdetti. È che occorre essere coscienti che
l'esaurimento di una certa cultura implica anche l'esaurimento, la fine della
poesia che quella cultura ha prodotto [….] » – scrive Linguaglossa.
Dormire
dinanzi alle poesie dei simbolisti russi non è scandaloso ma non credo si
tratti della querelle des anciennes et des modernes.
Non c’è alcuna querelle in materia,
la tensione tra i due poli esiste in ogni vicenda ed esperienza umana e alla
fine il nuovo vince sempre.
Tornare
ciclicamente alla questione è soporifero quanto i simbolisti russi.
mercoledì 1 agosto 2012
Rita Simonitto
Osservazioni su
"Per una poesia esodante"
di Ennio Abate
Pubblico queste dense riflessioni sul mio lungo scritto Per una poesia esodante. La poesia passata a contrappelo. Sulla ex-piccola borghesia o ceto medio in poesia, che si legge interamente qui nell'Appendice del post. [E.A.]
Caro Ennio,
sento molta gratitudine per il lavoro importante (e, direi,
necessario) che hai portato avanti e che hai messo generosamente a disposizione
di Moltinpoesia.
Mi sento però in difficoltà ad intervenire poiché non ho le
competenze necessarie quindi esporrò un mio punto di vista a partire dalle
sollecitazioni che il tuo testo mi ha sollevato (tenendo conto anche degli
interventi di Francesca Diano relativamente all’illusorietà del “credere di poter fare a meno dell'enorme peso
del passato, del gigantesco bagaglio culturale che ci portiamo dietro”, e
poi - come questione di Metodo - “PRIMA
si deve sapere, POI si può distruggere e ripartire nudi”; e pure di Emy
quando sostiene l’importanza di credere
nelle capacità di un passato che senza di esso nessun futuro avrebbe senso).
martedì 31 luglio 2012
Giorgio Linguaglossa
Sul problema della "libertà" del poeta
Eugène Delacroix, La zattera della Medusa
Per la ricchezza di domande cruciali contenute, evidenzio in un post autonomo questa riflessione-commento di Giorgio Linguaglossa, estraendola dal post in cui la discussione sul problema è iniziata (qui). [E.A.]Cari amici della scialuppa
...ancora al tempo del periodo blu e rosa Picasso era un pittore del tutto tradizionale che non aveva detto nulla di nuovo. La sua pittura non si era presa alcuna «libertà» nelle condizioni date del suo tempo. Con "Les demoiselle d'Avignon" inizia il periodo cubista, Picasso decide di prendere la rotta della «libertà» del pittore sulla tela. È il periodo delle avanguardie storiche, un proliferare di avanguardie in tutta l'Europa. «Libertà» contro «necessità», dereglement contro il ritorno all'ordine. Quando Rilke vide per la prima volta i quadri di Picasso ne rimase profondamente sgomento e atterrito. Dove poteva andare una simile arte? questo si chiedeva Rilke che qualche anno dopo avrebbe prodotto i suoi capolavori poetici (Le elegie Duinesi e i Sonetti a Orfeo)ma in direzione inversa rispetto a quella intrapresa da Picasso.
Emilia Banfi
Trasport
El fiulin el sunava la fisarmonica
cunt un andà lent, semper quel
el pader l’acumpagnava cunt ul viulin.
Stavan in pè, in mès al can chel durmiva
e ul sac di cuèrt e strasc
el riflès negher di cavèi al smagiava
el pader l’acumpagnava cunt ul viulin.
Stavan in pè, in mès al can chel durmiva
e ul sac di cuèrt e strasc
el riflès negher di cavèi al smagiava
ul tailleur rus dèla vedrina.
lunedì 30 luglio 2012
Valentino Campo
Lamentazione
Considerate e
osservate
se c’è un dolore
simile al mio dolore,
al dolore che ora mi
tormenta...
giudicate,
pesate,
con la selce raschiate
ogni suo grumo.
Mi tolgo la giacca
l’appendo al muro,
lavo le mani per poterti parlare.
sabato 28 luglio 2012
Maria Teresa Rossi (1916 -2002)
Sette poesie
Maria Teresa Rossi era
professoressa al Liceo Parini di Milano nel 1967, quando scoppiò il caso
de “La Zanzara”: i redattori del giornalino scolastico furono processati
per aver aperto un dibattito interno al liceo su argomenti sessuali. Fu
l’unica insegnante che si schierò con gli studenti. E fu ancora l'unica a
stare con loro nel ’68, quando essi occuparono la scuola e il preside si
rifiutò di chiamare la polizia, che intervenne "d’ufficio" scacciando
gli occupanti e portando fuori di peso anche la professoressa. Fu poi una
delle figure di spicco in Avanguardia Operaia. Le poesie che qui
pubblico, traendole da un libretto delle Edizioni Punto rosso del 2004 curato
da una sua ex allieva e amica, Erica Rodari, sono, sì, innanzitutto un omaggio
postumo a una «bella persona, una persona non comune» (p.6): era stata
antifascista; aveva poi rotto con la famiglia d’origine borghese e cattolica
(«nella sua famiglia c’erano uno zio vescovo, una zia suora e un fratello
presidente nazionale dell’Azione Cattolica», p.19) e con il primo marito fino a
separarsi anche dai figli, lasciati al marito; fu con tenacia e
severità una militante fino a quando una malattia non la colpì nei suoi
ultimi anni di vita. Ma esse vanno anche lette come riprova che la poesia, anche
in chi ha scelto una dimensione pubblica e politica di espressione,
è termometro di verità e di mai sopita interrogazione sul “resto”.
Il ‘noi’ di Maria Teresa forse trascurava l’’io’ di Maria Teresa, ma non lo
dimenticava. E queste poesie, al di là del valore letterario da
discutere, lo provano. Ad esse è affidata la possibilità di
alludere al drammatico (e apparentemente contraddittorio) senso di
solitudine di una donna che pure aveva trovato la sua "dimensione pubblica": «…
non cercare il sogno che t’illude / nel volto del vicino / Lascia
intatto il segreto di ciascuno / e serba il tuo / Ogni incontro è
rovina» ( p.121). [E.A.]
Distaccami da te
verso che premi
nell'orecchio proteso
verso che premi
nell'orecchio proteso
ad ascoltar la tua parola amica
Portami via dal cuore questa pena
fanne la nota lieve che consoli
Portami via dal cuore questa pena
fanne la nota lieve che consoli
la mente affaticata
Vorrei cantare come l'usignolo
o stormir come il pioppo sotto il vento
Trovare il ritmo uguale e modulato
Trovare il ritmo uguale e modulato
Senza soffrire
venerdì 27 luglio 2012
Giorgio Linguaglossa
Su "Nessuno sa
quando il lupo sbrana"
di Maddalena Capalbi
Maddalena
Capalbi Nessuno sa quando il lupo sbrana La Vita Felice, Milano, 2012
Questo
libro di Maddalena Capalbi mi fa venire in mente alcune considerazioni in
ordine ai mutamenti del «parlato» e del «personale» del tardo Novecento.
Questo della Capalbi è un «parlato» e un «personale» sciolto, liquido,
snodabile, immediato per un «contenuto», o meglio, per un «contenitore» misto
tra diario, occasione, storie periferiche e accadimenti vari ma sempre
nell’ambito dei legami parentali e affettivi. È una poesia legata al mondo
delle esperienze primarie; è il suo modo di restare attaccata al «reale».
mercoledì 25 luglio 2012
Eugenio Grandinetti
Pandora
Cousin, Pandora
Dimmi:le cose che sai ti sono note
Per sapienza infusa o sono il frutto
Di ricerche e di ripensamenti?
A me niente di ciò che so è stato
dato
In modo gratuito e permanente.
Sapere è non avere
Nessuna certezza mai
E’ confrontarsi sempre
Con ogni presunta verità, e comunque
Considerarla sempre provvisoria
E costruire sempre con la mente
Un qualche edificio che ci sembri
Possa reggersi in piedi,consapevoli
Però che se una parte minima
Vacilli o cada
Tutto trascinerà nel proprio crollo
E allora occorrerà a fatica
ricostruire
Fin dalle basi un edificio nuovo,
Sperando che regga alle intemperie
Dei dubbi e degli eventi.
Certo uno che creda di sapere
Per sapienza infusa potrà vivere
Soddisfatto di sé,senza cercare
Quale invece sia la verità. Ma ogni
ricerca
Ha origine dal dubbio e il dubbio è
ribellione:
E’ la mela che ci offre il tentatore
O è il fuoco nascosto nella canna
Ed è la consapevolezza che la sorte,
Qualunque essa sia,sarà comunque
L’espulsione dal falso paradiso
Dell’ignoranza e l’utilizzo ancipite
dei doni
Racchiusi
nel vaso di Pandora.
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